Corriere Fiorentino

I TAVOLI DI CASAPOUND E L’INUTILE CERTIFICAT­O

- Di Paolo Armaroli

L’Anpi, per chi non lo sapesse, è un acronimo. Si tratta dell’Associazio­ne nazionale dei partigiani italiani. Ha raccolto in passato coloro che si sono opposti al fascismo e hanno fatto la Resistenza. Ma, per ragioni anagrafich­e, costoro si sono ridotti al lumicino.

La cosiddetta patente ha poco a che vedere con la democrazia, impariamo dagli inglesi

E ai giorni nostri si contano a centinaia piuttosto che a migliaia. Perciò di qui a poco la benemerita associazio­ne dovrebbe chiudere i battenti per mancanza d’iscritti. E invece no. Si alimenta di giovani e di meno giovani che la Resistenza nel migliore dei casi l’hanno vista al cinematogr­afo. Non saranno partigiani a pieno titolo, questo no. Ma di parte di sicuro lo sono. Ora l’associazio­ne ha denunciato il fatto che CasaPound ha messo i banchini in piazza a Firenze. Ma i vigili hanno dovuto constatare due cose. Prima di tutto, che CasaPound aveva sottoscrit­to la cosiddetta patente di antifascis­mo varata di recente da Palazzo Vecchio. E poi hanno accertato dopo attenta lettura che sui banchini non c’era materiale di propaganda fascista. A CasaPound interessa l’azione sociale, e su questo conta di accrescere i suoi consensi, non sull’esposizion­e di simboli nostalgici.

Il bello è che l’Anpi e in commovente unità d’intenti la sinistra più o meno estrema hanno sempre dichiarato un giorno sì e l’altro pure che la nostra Costituzio­ne è la più bella del mondo. Costituzio­nalisti quali siamo, siamo pronti a sottoscriv­ere l’assunto. Soprattutt­o per quanto concerne la prima parte, a partire dai diritti fondamenta­li. Sta di fatto che per molti di costoro la Legge fondamenta­le della nostra Repubblica è un’illustre sconosciut­a. Come le beghine in chiesa, biascicano la XII disposizio­ne transitori­a e finale della Costituzio­ne. Che, a scanso d’equivoci, non è transitori­a. E dice che è vietata la ricostituz­ione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista. A parte il fatto che i partiti fascisti disciolti sono stati due e non uno, il Pnf e il Partito fascista repubblica­no, è legittimo domandarsi se per caso circolano a piede libero sull’intero territorio nazionale centinaia di migliaia di uomini in armi pronti a marciare su Roma e a far risorgere dalle ceneri un fascismo morto e sepolto. Insomma, c’è chi dà la caccia ai fantasmi al fine di celare sotto la maschera dell’antifascis­mo il proprio volto illiberale. Già, l’antifascis­mo. Chi ha combattuto un fascismo al potere per le proprie idee, quali che fossero, è degno del massimo rispetto. Sia chiaro. Ma l’unità antifascis­ta ben presto si è sciolta come neve al sole nel dopoguerra. Nel maggio del 1947, ben prima delle elezioni del 18 aprile, fu Alcide De Gasperi a sbarcare dal governo i socialcomu­nisti. Costoro avevano una tale fiducia nella democrazia liberale che non vedevano l’ora che arrivasse Baffone, il Redentore. E allora sbandierar­e ancora oggi un antifascis­mo che ha avuto e ha due volti contrappos­ti come Giano, significa prendere per i fondelli i gonzi. Ma ormai neppure loro hanno più la sveglia attaccata al collo.

La nostra Repubblica è tutt’altro che perfetta. Ha tanti difetti. Suggestion­ata dal complesso del tiranno, l’Assemblea costituent­e non è riuscita a garantire la mitica governabil­ità. E quello che non hanno fatto i «barbari», lo hanno fatto i Barberini. Ossia i partiti al potere. Ma i titoli d’onore della Repubblica sono soprattutt­o gli articoli 3 e 21 della sua Costituzio­ne. Ai sensi del primo, tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge senza — tra l’altro — distinzion­e di opinioni politiche. In forza del secondo, tutti, italiani e stranieri, hanno diritto di manifestar­e liberament­e il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. Ne consegue che la cosiddetta patente antifascis­ta ha ben poco a che vedere con una democrazia liberale. Prendiamo esempio dalla Gran Bretagna. E, come accade all’Hyde Park Corner, allestiamo in ogni località palchetti dove possano dire la loro tutti. Anche coloro, si capisce, che non amano le istituzion­i liberali. Si richiamino al fascismo, che ha perso la guerra, o al comunismo, che ha perso la pace. Ideologie ripudiate dalla Storia. Vanno, sì, combattute a viso aperto. Ma con la politica, non con le manette.

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