Leonardo, ecco i misteri di un genio E l’assedio delle fake news
Viaggio tra i misteri e le fake news che accompagnano gli studi sul genio di Vinci Dalla «Tavola Lucana» alla «Gioconda» fino alla «Battaglia di Anghiari». Appunti dal convegno della Fua
Il primo mistero lo vede in culla. Figlio spurio di ser Piero, notaio di Vinci, e di certa Caterina, Leonardo, o meglio il mito che lui stesso ha generato complice la grancassa di chi ha trasformato un indiscutibile genio in un affare, dà vita al suo primo giallo già per l’identificazione della sua mamma. C’è chi sostiene di averla riconosciuta in una schiava venuta da Oriente e chi la associa a una donna andata in sposa al ceramista Antonio di Pietro del Vacca di Vinci, soprannominato Attaccabriga, dal quale ebbe cinque figli. C’è chi, come Antonio Vezzosi, direttore del museo ideale di Leonardo a Vinci, fa coincidere le due figure sostenendo che la moglie dell’Attaccabriga era una giovane arrivata dall’est. Soluzione salomonica per la genesi di un personaggio di cui il prossimo anno sentiremo parlare più che mai visto che si commemorano i 500 anni dalla sua morte.
Ma di cui già ieri qui a Firenze — che agli Uffizi ospita la mostra dedicata al Codice Leicester — si è parlato nel corso della decima edizione della Conferenza Internazionale organizzata dalla Fua (Florence University of the Arts) in collaborazione con la Stony Brook University di New York, dal titolo Rare and Universal: Leonardo’s Humanism Across Time and Space. Due giorni di ragionamento intorno al genio che si protrae oggi e che già ieri, con l’intervento di Alessandro Vezzosi, letto in sua vece dalla moglie Agnese Sabato, di Maurizio Seracini, appassionato ricercatore dei presunti resti de La Battaglia di Anghiari, e di Paolo Ermini, direttore del Corriere Fiorentino, conferma l’assunto di prima: comunque la si legga, da storico dell’arte, da ingegnere, da giornalista, la vicenda umana di Leonardo ci piega a fare i conti con misteri, veri o presunti. Con news e fake news. Tralasciando il botto da milioni di euro che gira intorno al Codice da Vinci nella versione romanzesca (Dan Brown) o cinematografica (Ron Howard) aiutati dai tre relatori e non solo ecco quali sono i più discussi. Con una postilla: «Molti presunti gialli — dice l’ex direttore degli Uffizi Antonio Natali — sono considerati tali solo da chi non ha studiato la sua opera. Chi interpreta i suoi capolavori, guardando senza vedere, cerca in quei quadri quello che ha già formulato a parola. Ma li tradisce». Su alcuni suggerimenti iconografici suggeritici da Natali in merito alle opere custodite agli Uffizi torneremo in altra sede. Ma ora ecco un elenco, certo non esaustivo, delle contese nate in nome del nostro.
Della madre si è detto. Ma che dire delle querelle intorno alla Monna Lisa, celeberrimo simbolo del Louvre nel mondo. Il volto enigmatico della donna è attribuito a Lisa Gherardini — sulla scorta di quanto scritto da Vasari — di cui si cercano ancora i resti, ma anche allo stesso Leonardo, quasi fosse un Autoritratto, o a Costanza d’Avalos, a Caterina Sforza, a Bona Sforza. Ma non basta, non va dimenticata l’ipotesi freudiana che ravvisa nello sguardo enigmatico della donna quello della «ignota» madre Caterina a cui lui fu strappato a cinque anni. Ci si divide anche sulla lettura da dare al paesaggio che ne inanella il volto. Si tratta di un paesaggio toscano — nel periodo in cui iniziò a lavorare al ritratto (1503) si trovava a Firenze — o come ha sostenuto Luca Tomio (Cicero Pro domo sua visto che è umbro d’adozione?) della riproduzione delle Cascate delle Marmore? Le leggende si rincorrono e così c’è chi traendo spunto da un suo presunto Codice (Codice Romanoff, trovato in Russia nell’800) attribuisce a Leonardo l’attività di locandiere in società con Botticelli (i due avrebbero aperto la locanda delle Tre Rane). Poi ce n’è un’altra di storia che ha appassionato i biografi sensazionalisti del genio. Quella relativa alla cosiddetta Tavola Lucana, rinvenuta nel 2008 e da allora insistentemente accostata al nome dell’artista che secondo taluni avrebbe qui rappresentato se stesso. Attribuzione quest’ultima giustificata dalla somiglianza con un dipinto simile che si trova alla Galleria degli Uffizi (numero d’inventario 1717) e che, anticamente, si pensava fosse un autoritratto mentre è un’opera che risale al ‘600 che celerebbe il volto di una Maddalena Penitente. Una bufala, dunque? Probabile, anche se la tavola è stata comunque ospite d’onore al G7 di Taormina del maggio scorso.
Ultima, ma non in ordine di importanza, la querelle sulla Battaglia di Anghiari, l’affresco commissionato dal Soderini a Leonardo per Palazzo Vecchio, nella parte orientale del Salone oggi dei Cinquecento allora del Gran Consiglio, per rappresentare gli scontri tra esercito fiorentino e milanese del 29 giugno 1440. Coperta in seguito dagli affreschi del Vasari che rappresentano la Battaglia di Marciano, quell’affresco, è stato oggetto di ricerche appassionate da parte di Maurizio Seracini, grazie anche alla sponsorizzazione del National Geographic nel 2013. Sosteneva e sostiene ancora oggi l’ingegnere che qualche frammento di quell’opera dietro alla superficie che oggi vediamo ci sia ancora. La ricerca, con una sonda endoscopica inserita attraverso l’intercapedine dietro il dipinto del Vasari, si è fermata quando dallo strato sottostante era stato tirato fuori solo qualche frammento. Il mistero e il gusto che si prova nel parlarne, è però rimasto intatto. E Seracini sogna ancora di ritrovarla.
Ipotesi su Monnalisa
Potrebbe rappresentare Lisa Gherardini, ma anche Caterina d’Avalos o la madre dell’artista