Quel gol di testa e fu Batigol Così iniziò la leggenda
Non era ancora Batistuta, ma dentro aveva già quella forza interiore che gli avrebbe permesso di diventare il più grande attaccante viola di tutti i tempi. Il mercoledì prima della sua prima sfida alla Juve il cronista andò a prenderlo all’allenamento e lo caricò in macchina per portarlo al filo diretto con il quotidiano della città. Era un freddo giorno di gennaio del 1992 e in macchina parlarono di tutto, dagli inizi pieni di speranza a Reconquista fino ad arrivare al clima nello spogliatoi, non proprio a lui favorevole. Gabriel aveva legato soprattutto con Mareggini e Iachini, con gli altri il feeling era scarso e d’altra parte il potente ragazzone argentino non faceva niente per accattivarsi la simpatia del gruppo. Orgoglioso e convinto dei propri mezzi, non cercava mai l’approvazione di chi aveva accanto. Arrivò all’appuntamento col cronista con un bel po’ di ritardo perché come sempre si era fermato a calciare in porta da solo, sospendendo l’allenamento personale perché sui campini non illuminati stavano calando le prime ombre della sera. Il cronista spiegò a Batistuta cosa fosse per la città Fiorentina-Juve, lui comunque qualcosa aveva già capito avendo esordito alla prima giornata a Torino nel giorno in cui proprio Mareggini fece una passeggiata sulla faccia di Casiraghi. Arrivò la domenica e sbocciò l’amore: una palla vagante in mezzo all’area juventina, lui che si infila nel mezzo alle maglie bianconere e la mette dentro di testa. Segnare alla Juve è un patto di sangue con Firenze, chi la mette dentro non viene più dimenticato. Cominciò così quel giorno la più bella favola fiorentina dai tempi di Antognoni, anche perché il racconto di Baggio venne brutalmente interrotto dopo pochi capitoli. E Robertino in quel fatidico pomeriggio era in campo, con la maglia sbagliata, a veder nascere una stella.