«Altro che cool, San Frediano era meglio prima»
Al Torrino l’incontro sul libro di Tofanari e Poggi con le memorie del quartiere
Loriano Stagi
Mi sta un po’ sulle scatole questa definizione, non è vero nulla
Prima di diventare «cool» — definizione della Lonely Planet che tanto ha fatto parlare Firenze in questi mesi — San Frediano è stato tante cose: romantico, solidale, umile, sincero, appassionato, ma anche litigioso, sporco, complessato rispetto ad altri quartieri, ridotto in miseria. Eppure, dicono i più anziani, «ci manca, quella San Frediano là». È paradossale, ma a guardare l’assembramento di una trentina di loro che ieri si sono ritrovati al Torrino di Santa Rosa per la presentazione del libro Sassaiole e Capirotti di Matteo Poggi e Francesca Tofanari (edizioni Navicellai), tra l’ingresso nella modernità e il ritorno alle atmosfere pratoliniane, nonostante la miseria, quasi tutti sceglierebbero di tornare indietro.
Il sottotitolo del libro è chiaro: «San Frediano prima del cool». Perché è stata proprio quella definizione «americana» a indurre il decano del quartiere, Loriano Stagi, a proporre a Poggi di scrivere le sue memorie. «Mi sta un po’ sulle scatole ‘sta storia del cool — ha detto Stagi — unn’è vero nulla». Il titolo invece richiama due punti fermi della tradizione: piazza Tasso come luogo di scontri e «sassaiole» tra i ragazzi rivali di diverse vie e i «capirotti» — arance di scarto particolarmente succose — della Mora. Quelli che, conferma Stagi, «se non li hai mai mangiati non sei un vero sanfredianino».
La rivalità con Santo Spirito, il fiume come punto di riferimento di ogni attività, l’alta percentuale di delinquenti recidivi che storicamente facevano di San Frediano il Bronx fiorentino, la trippa e i galardini, personaggi come Il Corvo e l’irrimediabile divisione tra la dominante ideologia comunista e l’altrettanto forte presenza clericale, che quasi sembrava di far parte dei racconti di Guareschi.
Nel bene e nel male, nel libro c’è tutto. E soprattutto storie e memorie vive di chi c’è ancora e ricorda. Il tema, del volume come dell’incontro, è sempre lo stesso: la perdita dell’identità di quartiere. In realtà, si legge, non è stata la Lonely Planet «ma Scandicci, con la sua espansione, portandosi dietro tanti sanfredianini: è stata lei a uccidere il senso d’identità del rione», spiega l’autore. «Da ragazzi ci vergognavamo di attraversare Santa Trinita — racconta Loriano Stagi — ci sentivamo ghettizzati, dall’altra parte dell’Arno ci additavano come emarginati. Per questo ci andavamo in gruppi di sette-otto».