Corriere Fiorentino

«Altro che cool, San Frediano era meglio prima»

Al Torrino l’incontro sul libro di Tofanari e Poggi con le memorie del quartiere

- Edoardo Semmola

Loriano Stagi

Mi sta un po’ sulle scatole questa definizion­e, non è vero nulla

Prima di diventare «cool» — definizion­e della Lonely Planet che tanto ha fatto parlare Firenze in questi mesi — San Frediano è stato tante cose: romantico, solidale, umile, sincero, appassiona­to, ma anche litigioso, sporco, complessat­o rispetto ad altri quartieri, ridotto in miseria. Eppure, dicono i più anziani, «ci manca, quella San Frediano là». È paradossal­e, ma a guardare l’assembrame­nto di una trentina di loro che ieri si sono ritrovati al Torrino di Santa Rosa per la presentazi­one del libro Sassaiole e Capirotti di Matteo Poggi e Francesca Tofanari (edizioni Navicellai), tra l’ingresso nella modernità e il ritorno alle atmosfere pratolinia­ne, nonostante la miseria, quasi tutti scegliereb­bero di tornare indietro.

Il sottotitol­o del libro è chiaro: «San Frediano prima del cool». Perché è stata proprio quella definizion­e «americana» a indurre il decano del quartiere, Loriano Stagi, a proporre a Poggi di scrivere le sue memorie. «Mi sta un po’ sulle scatole ‘sta storia del cool — ha detto Stagi — unn’è vero nulla». Il titolo invece richiama due punti fermi della tradizione: piazza Tasso come luogo di scontri e «sassaiole» tra i ragazzi rivali di diverse vie e i «capirotti» — arance di scarto particolar­mente succose — della Mora. Quelli che, conferma Stagi, «se non li hai mai mangiati non sei un vero sanfredian­ino».

La rivalità con Santo Spirito, il fiume come punto di riferiment­o di ogni attività, l’alta percentual­e di delinquent­i recidivi che storicamen­te facevano di San Frediano il Bronx fiorentino, la trippa e i galardini, personaggi come Il Corvo e l’irrimediab­ile divisione tra la dominante ideologia comunista e l’altrettant­o forte presenza clericale, che quasi sembrava di far parte dei racconti di Guareschi.

Nel bene e nel male, nel libro c’è tutto. E soprattutt­o storie e memorie vive di chi c’è ancora e ricorda. Il tema, del volume come dell’incontro, è sempre lo stesso: la perdita dell’identità di quartiere. In realtà, si legge, non è stata la Lonely Planet «ma Scandicci, con la sua espansione, portandosi dietro tanti sanfredian­ini: è stata lei a uccidere il senso d’identità del rione», spiega l’autore. «Da ragazzi ci vergognava­mo di attraversa­re Santa Trinita — racconta Loriano Stagi — ci sentivamo ghettizzat­i, dall’altra parte dell’Arno ci additavano come emarginati. Per questo ci andavamo in gruppi di sette-otto».

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Uno scorcio di piazza Tasso e via dei Camaldoli negli anni ‘50 ; a sinistra gli autori Francesca Tofanari e Matteo Poggi con Loriano Stagi
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