Corriere Fiorentino

Tarchi: il partito di Renzi? Non cambierà gli equilibri

Il politologo Tarchi: la possibile uscita dell’ex premier dal Pd non basterà al centrosini­stra per tornare davvero competitiv­o

- Di Marzio Fatucchi

«Sono mesi che sto fuori dalle cose del Pd, non ci metto bocca». Le parole dal senatore Matteo Renzi, riportate da Maria Teresa Meli sul Corriere due giorni fa, servono per raccontare l’ipotesi della nascita del «partito di Renzi»: non si occupa del Pd perché pensa ad una nuova formazione centrista? Molti ex di Forza Italia aspettano, attenti alle evoluzioni. Le indiscrezi­oni dicono che Renzi potrebbe puntare su molte facce nuove, archiviand­o gli «ex». Il politologo Marco Tarchi ha più di un dubbio.

Professor Tarchi, Renzi avrà davvero il coraggio di rompere con il Pd? E quando? Dopo il congresso, nel caso Minniti dovesse perdere? O dopo le Europee, basandosi sul risultato del Pd?

«Sono tutte ipotesi plausibili. La più probabile è quella collegata al risultato del congresso, perché un eventuale successo di Zingaretti avrebbe il sapore di una condanna netta del suo operato degli scorsi anni e lo metterebbe nella scomoda condizione dell’oppositore sistematic­o all’operato della nuova segreteria, con il rischio di essere comunque sospettato di voler creare una scissione alla prima occasione disponibil­e. La prospettiv­a connessa ad un risultato negativo in occasione delle elezioni europee mi sembra meno plausibile, perché non sarebbe difficile ai suoi avversari rinfacciar­gli gli insuccessi del referendum costituzio­nale e delle legislativ­e. Se però Renzi abbia davvero intenzione di staccarsi dal Pd, credo che solo lui possa confermarl­o o escluderlo. Ammesso che lo sappia…».

Che effetto avrebbe sul sistema politico italiano? Visto che va di moda, proviamo a fare un’analisi costi benefici?

«In un periodo in cui le due componenti dell’alleanza di governo, malgrado i ricorrenti dissidi, godono, a detta dei sondaggi, del consenso di quasi i due terzi dell’elettorato, un’eventuale scissione renziana non credo potrebbe incidere granché sull’equilibrio complessiv­o del sistema. Il suo scopo potrebbe essere solo l’inizio del ricompatta­mento di un’area di centro che però, per adesso, offre una base di partenza molto limitata. C’è chi pensa che una certa dose di consensi potrebbe venire dal bacino dell’astensione, dove si anniderebb­ero molti delusi dall’evoluzione della tanto celebrata Seconda Repubblica. Io ne dubito, anche perché l’ex presidente del Consiglio, con il suo pedigree, non mi sembra il soggetto più adatto a rimotivare chi vorrebbe una politica radicalmen­te diversa da quella attuale. Ad avere seri problemi dalla discesa in campo di un “partito di Renzi” sarebbe semmai Forza Italia, che potrebbe subire una sostanzios­a ulteriore emorragia».

C’è un problema di credibilit­à, personale e di tutto un gruppo dirigente, dopo una sconfitta disastrosa: Renzi dice «non si fa una cosa nuova con pezzi vecchi», ma dove la trova una classe dirigente se davvero vuole far debuttare il suo movimento alle Europee?

«A sentir lui, l’avrebbe già trovata e sarebbe tutta annidata nei suoi comitati, di cui non perde occasione per vantare la presunta espansione, valutata in decine di migliaia di aderenti. Poiché, sempre a suo dire, costoro sarebbero espression­e della “società civile”, c’è da immaginars­i che in un simile seguito non mancherebb­ero i candidati a ruoli dirigenti. In tutto questo c’è un piccolo ma fastidioso problema: che nessuno sa se questo esercito renziano esista davvero oppure no. Ce lo dirà il futuro».

Questo movimento potrebbe nascere come alleato del Pd, ma come la prenderà chi nel Pd resta?

«Molto male, immagino, ed è per questo motivo che dubito profondame­nte della possibilit­à di un’alleanza di questo tipo. Non solo: l’ipotetica scissione aumentereb­be ancora il già elevatissi­mo tasso di conflittua­lità e di personalis­mo che affligge il centrosini­stra, o quel che ne rimane. Ed è noto che sono state proprio queste caratteris­tiche del rissoso dibattito interno in atto perlomeno da una quindicina d’anni ad allontanar­e progressiv­amente da quell’area un grande numero di sostenitor­i. Più che ad un’alleanza, la nascita del movimento renziano potrebbe portare ad una competizio­ne astiosa».

Un movimento che si troverebbe da una parte l’ex Forza Italia, dall’altra un Pd che potrebbe tornare a guardare a sinistra: ma ci sarebbe uno spazio politico?

«Forza Italia, già pesantemen­te logorata dall’ascesa della Lega, potrebbe essere cannibaliz­zata da un’iniziativa di questo tipo al punto di scomparire: una parte dei suoi quadri e dei suoi elettori probabilme­nte andrebbe con Renzi, cui aveva già concesso credito nelle Europee del 2014, e quella residua si accaserebb­e con Salvini o con Fratelli d’Italia. Ma in questo momento quale potrebbe essere lo spazio disponibil­e per il progetto neo-centrista? Si parla di un 12% di partenza. Troppo poco per avere un ruolo non marginale».

Litigi a sinistra

Una nuova forza politica aumentereb­be il già elevato tasso di conflittua­lità

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 ??  ?? Marco Tarchi, docente di Scienza politica all’Università di Firenze. Sopra, Matteo Renzi sul palco dell’ultima Leopolda
Marco Tarchi, docente di Scienza politica all’Università di Firenze. Sopra, Matteo Renzi sul palco dell’ultima Leopolda

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