Il Presidente: «Apatia pericolosa» Poi la festa con i bambini al Meyer
Il Presidente all’inaugurazione dell’anno accademico: l’apatia non è meno grave della tirannia
Giornata fiorentina ieri per il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. In mattina ha partecipato all’inaugurazione dell’anno accademico. Il suo è stato un discorso a braccio: «L’apatia è più pericolosa della tirannia», ha detto. Poi nel pomeriggio ha fatto visita ai piccoli ricoverati all’Ospedale pediatrico Meyer. Una bambina gli ha chiesto di firmare la Costituzione.
Non doveva parlare e invece lo ha fatto, a braccio, sorprendendo chi era presente nel Salone de’ Cinquecento per l’inaugurazione dell’anno accademico 2089/19 dell’Università di Firenze. Lo ha fatto con la forza delle sue parole e di un messaggio chiaro: un richiamo ai cittadini alla partecipazione, ad interessarsi alla politica, per evitare derive come quelle che portarono alla vergogna delle leggi razziali.
«Uno dei rischi di questa stagione — ha detto il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella — è restare prigionieri del presente, di essere confinati a un oggi senza passato e senza orizzonti. La cultura è un antidoto a questo, al pericolo della frattura tra istituzioni e cittadini. C’è oggi l’esigenza di una società consapevole, attiva, vigile, che alimenti così le istituzioni in maniera genuina perché, quando le istituzioni vedono indebolite questo rapporto deperiscono e si inaridisce la loro vitalità. La cultura è strumento, antidoto contro questo pericolo: la cultura è lo strumento per rendere più forte la convivenza, per migliorare la vita delle istituzioni mantenendo rapporto di connessione tra queste e la società». E contro il pericolo di una scollatura tra società ed istituzioni, il presidente Mattarella ha aggiunto: «La nostra Costituzione affianca alle istituzioni rappresentative pubbliche i corpi intermedi, le formazioni sociali autonome e spontanee perché la società sia realmente e attivamente partecipe, e le istituzioni siano espressione effettiva del corpo sociale, un’esigenza importante della nostra democrazia». Il Capo dello Stato ha sottolineato il ruolo «fondamentale e decisivo per la democrazia e la Repubblica» delle università e riallacciandosi ad un passaggio dei discorsi della cerimonia di inaugurazione ha scandito: «Le leggi razziali, firmate 80 anni fa, sono una pagina grave, triste e spregevole della nostra storia. E prendo in prestito le parole scritte ai genitori da un ventenne, condannato alla fucilazione durante il fascismo: “Tutto questo è avvenuto perché la vostra generazione un giorno non ha voluto più saperne della politica”». Insomma, «l’apatia dei cittadini è per il bene pubblico non meno grave della tirannia di un principe».
La cerimonia di ieri a Firenze è stata aperta dal saluto del sindaco Nardella, che prima ha accolto Mattarella, per l’ottava volta a Firenze, in sala di Clemente VII e gli ha mostrato le firme sul libro di onore di alcuni dei costituenti, come Piero Calamandrei. Nardella ha sottolineato la collaborazione tra Comune e Ateneo ed il ruolo dell’università — «lo sviluppo di una Università pubblica forte è fondamentale per aiutare i nostri giovani in un contesto globale così difficile e competitivo» — mentre il rettore Luigi Dei nella sua relazione ha difeso a spada tratta il ruolo pubblico, nell’università come nella cultura, nella sanità come nella formazione, sottolineando il nuovo ruolo delle università nel rapporto giovani-lavoro. Dei ha chiesto anche meno limiti di spesa: «C’è un doppio paradosso. Abbiamo conseguito una elevata virtuosità nella tenuta dei bilanci grazie a politiche di rigore finanziario, ma le politiche governative sulla rigidità del fabbisogno ci impediscono progettualità di lungo raggio rendendo critico il conseguimento di alcuni obiettivi strategici: dal nuovo insediamento di Agraria al polo scientifico di Sesto Fiorentino al progetto della grande biblioteca umanistica».
Il rettore Dei Le politiche del governo sul massimo di spesa ci impediscono progetti di lungo raggio