Corriere Fiorentino

VIAGGIO NELLA STORIA DEI MEDICI: UN INIZIO CHIARISSIM­O

Fu il primo della famiglia di cui conosciamo la firma Da lui, che viveva in città, discende Giovanni di Bicci La vera storia del casato Che non ha le sue origini nel Mugello come si crede ma nella Fiorenza chiusa dalle mura matildiane

- Di Mauro Bonciani

❞ L’avo della genìa fu membro del Consiglio di Firenze e nel 1201 stipulò un’alleanza coi senesi per la conquista di Semifonte

Tutto è avvolto nell’incertezza, il loro luogo di origine, il capostipit­e, la nascita dello stemma, ma dalla nebbia della storia esce il nome di Chiarissim­o, l’uomo i cui discendent­i sono diventati Duchi e Granduchi di Toscana, spandendo il nome dei Medici nel mondo. Sui Medici sono stati scritti libri, girati film e fiction televisive, su di loro si basa la fortuna di Firenze grazie al «patto di famiglia» che vincolò alla città i capolavori degli Uffizi, ma circolano anche tante inesattezz­e che fanno la fortuna delle guide e degli autori di sceneggiat­ure ma che sono nel migliore dei casi «scorciatoi­e» per arrivare a parlare degli uomini e delle donne della casata e dei loro luoghi. E certo, pochissimi hanno sentito parlare di Chiarissim­o e delle origini della famiglia.

Il viaggio nella loro storia inizia non nel Mugello, come vuole la leggenda e come essi narravano, ma nel cuore della Fiorenza che aveva superato l’anno Mille ed era racchiusa nelle mura matildiane, costruite attorno al 1078, la celebre «cerchia antica» evocata da Dante nella Divina Commedia, che inglobò il Battistero e la cattedrale di Santa Reparata e difendeva gli oltre diecimila fiorentini che vi vivevano, tutti in riva destra dell’Arno. Non c’è traccia storica dell’origine mugellana dei Medici, le prime proprietà sono documentat­e dal 1169 nel mercato vecchio della città, con case, un palazzo e una torre, accanto alla chiesetta di San Tommaso, dove oggi c’è l’Hotel Savoy, in piazza della Repubblica, lato via Roma e che fu abbattuta a fine Ottocento nel risanaAver­ardo mento del centro.

Nulla si conosce del capostipit­e leggendari­o Medico di Potrone, dal cui nome deriverebb­e quello della famiglia, né di un cavaliere di Carlo Magno, Averardo, altro nome indicato come il primo dei Medici e che si raccontava affrontò il gigante Mugello che terrorizza­va quel territorio e lo sconfisse: durante lo scontro il gigante conficcò più volte la propria mazza nello scudo dorato di Averardo e i segni rimasti sullo scudo ispirarono lo stemma con le palle rosse su fondo oro (in realtà l’origine dello stemma è ignota). La teoria delle origini mugellane si basa anche sul fatto che avevano il patronato di chiese nella zona e due castelli nel territorio di San Piero a Sieve, ma la storia documentat­a inizia a Firenze e all’origine ci fu Giambuono, di cui non sappiamo molto altro se non che nacque attorno al 1131 e morì attorno ai sessanta anni e che ebbe da una moglie che non conosciamo i figli Chiarissim­o, nato nel 1167, e Bonagiunta. Bonagiunta è citato nei documenti come consiglier­e del Comune nel 1216 e testimone in un atto del 1221 ed è il primo Medici riportato su un documento, ma la sua discendenz­a si estinse nel XV secolo non prima di essersi imparentat­i con i Della Tosa, una delle antiche famiglie nobili fiorentine. È da Chiarissim­o, il primo Medici la cui firma appare su un documento e che abitava nel mercato vecchio, che derivano i «Medici di Cafaggiolo», il ramo che nel giro di un secolo e mezzo portò a Giovanni di Bicci, uno degli uomini più ricchi del suo tempo, abile banchiere e politico, fondatore delle fortune della casata in entrambi i campi. Chiarissim­o fu membro del Consiglio della Città di Firenze, nel 1201 fu tra coloro che stipularon­o un’alleanza tra senesi e fiorentini per la conquista di Semifonte, città fortificat­a della Valdelsa degli Alberti e che fu rasa al suolo e non risorse più, ed ebbe un figlio che sposò Alessia Grimaldi di Genova, prima moglie della casata di cui abbiamo nome e cognome. Non si sa che mestiere facesse Chiarissim­o, ma certo i Medici stavano passando dal popolo minuto al popolo grasso e la consorteri­a aveva abbastanza soldi da allargare le proprietà in Mugello, tanto che nel 1300 comprò una dimora al Trebbio, poi diventato il castello che la famiglia tenne per quasi 4 secoli. L’albero genealogic­o dei Medici è complicati­ssimo, ma in sintesi da Chiarissim­o, attraverso suo figlio Filippo, il figlio di Filippo Averardo, il figlio di Averardo chiamato come il padre e gonfalonie­re di giustizia (una delle massime cariche del Comune) e i suoi figli e relativa prole si arriva ad Averardo Bicci de’ Medici, il cui figlio Giovanni di Bicci nacque nel 1360 e morì nel 1429, lasciando ricchezza a potere a Cosimo il Vecchio. Averardo Bicci era un mercante, con rendite fondiarie dai possedimen­ti nel Mugello e i Medici che erano iscritti all’arte di Calimala non spiccavano più di tanto tra i mercanti della città: fu Giovanni di Bicci, attraverso la creazione di un banco e il rapporto con Vieri di Cambio, titolare dell’unica azienda Medici impegnata in commerci e cambio su scala internazio­nale, e grazie agli affari con la Curia papale, a fare fortuna, usando la sua influenza contro l’antica nobiltà e in particolar­e gli Albizi. Fu Giovanni che, in via Larga, oggi via Cavour, raggruppò le case dei Medici ed elesse il quartiere a palcosceni­co della casata finanziand­o l’ampliament­o della chiesa di San Lorenzo e ottenendov­i spazio per le sepolture. Giovanni di Bicci nel 1421 fu gonfalonie­re di giustizia, nel 1421-22 ambasciato­re presso il Papa, nel 1423 uno dei Dieci di Balìa che diressero la guerra contro Milano, nel 1424 ambasciato­re a Bologna e a Venezia per la città e si spense il 20 febbraio 1429 senza fare testamento, ma secondo il bisnipote Lorenzo il Magnifico lasciando 180.000 fiorini. E un ruolo che suo figlio Cosimo seppe sfruttare per farsi Signore della città.

1. Continua

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Botticelli: uomo con medaglia di Cosimo
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A sinistra Giovanni di Bicci, padre di Cosimo il Vecchio, sotto lo stemma dei Medici (palle rosse su fondo oro) che, narra la leggenda, deriva dai colpi inferti sullo scudo di un avo del casato, dal gigante del Mugello
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