Morì contro il cordolo, indagini sul Comune
Viale Redi, il runner battè la testa. I titolari avevano fornito un vecchio casco: assolti
Era il primo giorno di lavoro per Andrea Mencagli. La sera del 12 febbraio 2016 partì in sella allo scooter per consegnare pizze a domicilio verso il centro di Firenze ma in viale Redi urtò l’isola spartitraffico, cadde e batté la testa sul codolo in cemento. Fu soccorso ma morì otto giorni più tardi all’ospedale di Careggi.
Mencagli aveva 46 anni, un matrimonio alle spalle e una nuova compagna, e lasciò tre figli, il più piccolo di 9 anni. Tutto colpa del «casco non omologato e obsoleto» fornito da Runner Pizza secondo il pm Fedele Laterza. Ma, a distanza di due anni da quella morte senza senso, il tribunale non solo ha assolto con formula piena (il fatto non sussiste) i tre amministratori della società che fornisce pizze e insalate a domicilio (assistiti dagli avvocati Jacopo Scaffai, Andrea Biagioni, Neri Pinucci, Paolo Piemontese) accusati di concorso in omicidio colposo, ma ha anche trasmesso gli atti alla procura per «accertare responsabilità in capo ai gestori e ai proprietari della strada pubblica e della segnaletica stradale in viale Redi».
Nuove indagini, dunque, dovranno verificare se il Comune
Fascicolo in Procura Le indagini dovranno verificare se l’incidente sia stato causato da scarsa segnaletica
di Firenze, proprietario della strada, avrebbe potuto impedire quell’incidente magari con una segnaletica apposta sullo spartitraffico. «Nonostante le indagini della polizia municipale e un processo, nulla è cambiato in viale Redi: è tuttora un incrocio pericoloso — spiega l’avvoca- to Luca Maggiora che insieme al collega Fabio Cartelli assiste la ex moglie, la nuova compagna e i tre figli — Quel cordolo stradale non è segnalato nemmeno con una banda catarifrangente. Al centro della strada, affisso a un palo c’è adesso l’«altare» con foto e fiori dedicato ad Andrea».
Quella sera, Mencagli aveva iniziato a lavorare da Runner Pizza. Salì sul ciclomotore e indossò il casco fornito dalla società. Partì insieme a un collega verso viale Belfiore. Poi con la pedana urtò l’isola e rovinò sull’asfalto battendo la testa. «Il giudice — dichiara l’avvocato Scaffai — ha stabilito che il casco era omologato benché fosse obsoleto».