Firenze saluta Cesare, un’altra volta
Prandelli torna su una panchina italiana. La città: «In bocca al lupo»
Era un caldissimo pomeriggio d’estate. Il sole picchiava cattivo e, al Franchi, erano tutti per lui. In attesa di veder sbucare il pullman che, all’aeroporto, aveva recuperato la squadra, di ritorno dalla tournee negli Usa. Ultimo capitolo di una splendida avventura. Cinque anni vissuti intensamente. Gioie, vittorie, dolori, emozioni.
«Con Firenze eravamo diventati una cosa sola», ha raccontato più volte Cesare. Per questo, quell’addio, si consumò tra le lacrime. Sue, e della città. Da quel giorno, è successo di tutto. La Nazionale, il Galatasaray, il Valencia, addirittura l’Al Nasr, negli Emirati Arabi. Un biennio straordinario in azzurro (culminato con la finale ad Euro 2012) poi, al contrario, un mare di difficoltà. Scelte sbagliate, che lo avevano portato a fare una promessa a se stesso.
«Basta estero». È stato di parola. Le offerte arrivavano, e lui rifiutava. Si godeva la sua Firenze, la villa in zona Belvedere dove aveva appena finito di produrre l’olio, e studiava. L’abbonamento al Franchi («perché la Fiorentina è una delle squadre più interessanti e perché così posso vedere dal vivo tutte le squadre della serie A»), le partite degli altri campionati e delle coppe in tv. In attesa della chiamata giusta che, giovedì sera, è finalmente arrivata.
Prandelli riparte dal Genoa e, dopo otto anni, torna sulla panchina di un club italiano. Con un feroce scherzo del destino: tra venti giorni infatti, a Marassi, dovrà vedersela proprio con i viola. Lui lo sa, e ci ha pensato subito. Così come gli amici che hanno accompagnato la sua vita fiorentina. Lo hanno cercato in tanti. Chiamate, messaggi (compreso quello di in bocca al lupo di Giancarlo Antognoni), ricordi. «Gli auguro tutto il bene — dice l’assessore allo sport Andrea Vannucci — sono molto legato alla Fiorentina di Prandelli. Ricordo le notti di Champions e mi vengono i brividi se ripenso al minuto di silenzio per la scomparsa di sua moglie. La città è ancora molto legata a lui».
Vero. Anche perché lui sapeva, e sa, viverla. In tutti i suoi aspetti. Cibo compreso. Adora, per esempio, la bistecca di Tullio a Montebeni, di Paolo Bacciotti. «Sono felicissimo, l’ho chiamato subito e presto andrò a trovarlo. È un grande amico, merita questa opportunità dopo le ultime esperienze sfortunate e gli auguro il meglio». E poi ancora. «Ho appreso la notizia con grande gioia — racconta Gianfranco Monti — perché come tutti i tifosi viola sono molto legato a lui, come lui è legato a noi. Sono curioso di vedere come si troverà in Serie A dopo 8 anni ma viste le sue capacità credo che non avrà problemi».
Felicità. È questa la parola più ricorrente. Perché con gli amici funziona così. Anche quando devono allontanarsi. E comunque lo vedremo spesso in città. Anche adesso, che riparte da Genova. Perché casa sua è qua.