Corriere Fiorentino

«Ma se alle proposte non si dà uno sbocco, c’è il rischio Macron»

L’inventore del «barcamp»: il sindaco sfrutti queste idee

- Paolo Ceccarelli

I tavoli di Nardella come la Leopolda? Beh, la kermesse resta la parte più vitale del renzismo: da lì sono venuti i migliori impulsi di questi anni

«Nardella sta cercando di costruire un nuovo percorso di ascolto dei fiorentini, e questo è molto apprezzabi­le. Il coinvolgim­ento continuo dei cittadini è il modo per evitare la sindrome Macron, che prima ha aperto e poi, una volta eletto, si è chiuso». Giuliano Da Empoli, da assessore alla Cultura della giunta Renzi, portò in Palazzo Vecchio il «barcamp», una nuova forma di discussion­e pubblica, orizzontal­e e più informale, di fatto autogestit­a. Un’iniziativa che fu accolta con un mix di ironia e fastidio da un bel pezzo della sinistra fiorentina, che la considerav­a una cosa da fighetti. Sono passati quasi 10 anni: la partecipaz­ione è diventata prima la bandiera e poi uno dei problemi dei Cinque Stelle, e la sinistra è ancora alla ricerca di nuove forme di mobilitazi­one.

Da Empoli, il format scelto da Nardella per Firenze203­0 ricorda molto quello delle Leopolde renziane. Secondo lei è un modello giusto per l’ascolto istituzion­ale? «A me convince molto come modello. Naturalmen­te l’efficacia finale dipende dal cosiddetto follow-up, cioè se i suggerimen­ti dei giovani resteranno lì, non sfruttati nel loro potenziale, oppure saranno messi a frutto».

Ecco: il rischio in queste cose è che l’ascolto sia fine a se stesso, o peggio sia semplice propaganda.

«Non mi pare questo il caso. In linea generale la cosa importante è che il percorso mostri fin dall’inizio quali saranno i passaggi successivi e quali le scelte pubbliche che possono nascerne».

Altrimenti che succede? «L’esempio da evitare è Macron, che prima ha costruito movimento basato su un percorso di ascolto molto articolato, “la gran marche”, e una volta arrivato al potere è diventato una sorta di Giove che fa calare le scelte dall’Olimpo. Facendo così, l’allargamen­to della partecipaz­ione non è solo inutile: diventa controprod­ucente».

Anche la Leopolda renziana è finita un po’ in questo gorgo, no? Tanti tavoli, tante idee, ma alla fine cosa rimane?

«Non sono d’accordo. Certi spunti potevano forse essere raccolti meglio, ma gli impulsi della Leopolda restano comunque la parte più vitale del renzismo. Il problema è un altro e molto più grande: le nostre democrazie devono rispondere a questa domanda: come si

La questione di fondo è: si prendono le decisioni in un mondo in cui ognuno di noi è abituato ad avere risposte istantanee e a sentirsi sempre protagonis­ta

costruisco­no la decisione e la partecipaz­ione in un mondo in cui ognuno di noi è abituato ad avere risposte istantanee su tutto e a sentirsi sempre protagonis­ta?».

Beh, è il tema fondante dei Cinque Stelle. Dunque avevano ragione loro?

«Però loro lo hanno tradito: sono partiti con l’idea della democrazia dal basso e si ritrovano in una srl. Detto questo, ciò non significa che il tema non esista più. Anzi, la domanda più forte delle nuove generazion­i è esattament­e quella di forme di partecipaz­ione nuove. Per questo il tentativo di Nardella va sostenuto».

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Da Empoli (al centro) insieme a Renzi e Carrai al barcamp del 2009

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