Corriere Fiorentino

«Non posso scordare quella mano Ma perché l’ha fatto?»

- J. Sto.

«Sento ancora sulla schiena quella mano che mi spinge». Rita Z., 57 anni, è ancora nel suo letto d’ospedale, nel reparto di chirurgia d’urgenza a Torregalli. È sola, in camera. Un succo di frutto e il cellulare sul comodino a farle compagnia. Ha una frattura scomposta all’omero, sarà operata domani dai medici. La donna riesce a muovere soltanto il braccio sinistro, l’altro è fuori uso. Ha una prognosi di trenta giorni e per questo motivo dovrà ovviamente assentarsi dal lavoro. Fa l’operatrice sanitaria a domicilio e venerdì mattina stava tornando dal lavoro. «Ero appena scesa dall’autobus accanto alla stazione Leopolda, stavo andando a prendere la tramvia per tornare a casa. Il semaforo era diventato rosso per i pedoni. Era appena scattato il verde per le automobili, che sono partite in direzione Porta al Prato», racconta la vittima. È stato in quel momento che ha sentito una spinta molto forte. «Ho sentito una mano, una mano soltanto, sulla schiena, una spinta forte che mi ha fatto carambolar­e in mezzo alla strada. È stato un attimo terribile. — ricorda la donna — Sono cascata sull’asfalto e mi sono vista arrivare addosso una macchina. In quel momento mi è passata tutta la vita davanti, ho pensato che sarebbe stata la fine». Invece Rita è ancora qui, tutto sommato in buone condizioni di salute, visto che quello che sarebbe potuto succedere: «Se quella macchina fosse andata più velocement­e, probabilme­nte adesso non sarei qui a raccontare quello che mi è accaduto. Menomale andava piano era appena partita, e per fortuna non mi ha preso sulla testa, ma soltanto sulla spalla». Si sente quasi miracolata. «È vero, poteva andare molto peggio — dice — Adesso mi assaporo ogni istante della vita, anche stamattina mi sono messa alla finestra a gustarmi i raggi del sole». Però quel momento non lo dimentiche­rà facilmente. Non ha visto bene il volto del suo aggressore: «Con la coda dell’occhio ho intravisto un signore con una lunga tunica bianca e un copricapo sulla testa, poi ho visto che alcune persone hanno cominciato a circondarl­o e ho capito che era stato lui ad avermi spinto». Rita, tuttora, cerca di darsi una spiegazion­e del terribile episodio. «Ma non trovo alcuna spiegazion­e, quell’uomo non lo conoscevo», dice. Un atto di terrorismo? «Non lo so, non saprei proprio, non siamo più liberi di camminare per strada, dobbiamo stare attenti alle persone che ci mettiamo in casa». Rita ricorda i momenti concitati dopo la caduta: «Ho sentito frenare la macchina che mi stava venendo addosso, anche la guidatrice era sotto choc. Per fortuna non ho mai perso conoscenza, mi hanno portata sul marciapied­e per assistermi. Poi è arrivata l’ambulanza che mi ha portato all’ospedale». In queste ore vengono a trovarla i familiari, il marito e i figli. «Spero di tornare presto a casa. E speriamo di dimenticar­e questo terribile spavento», dice. Ha saputo che l’aggressore è stato arrestato. «Vorrei sapere cosa gli è passato per la testa in quel momento», conclude.

❞ Una forte spinta mi ha fatto carambolar­e sull’asfalto, poi mi sono vista l’auto arrivare addosso Mi è passata la vita davanti e ho pensato che sarebbe stata la fine

❞ Non trovo alcuna spiegazion­e, non lo conoscevo Non saprei proprio, non siamo più liberi di camminare per strada, dobbiamo stare attenti alle persone che ci mettiamo in casa

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