Corriere Fiorentino

Il Vecchio di famiglia

Ereditò il Banco dei Medici che portò al top in Europa Il popolo lo amava e lui ricambiò generosame­nte

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per far sì che anche i ricchi pagassero le tasse, i Medici contavano 31 nuclei familiari e ormai Cosimo era considerat­o da tutti il «capo» della casata, rispettato ed ammirato dal popolo, cui era ritenuto vicino ed a cui faceva continue elargizion­i. Il prestigio di Cosimo crebbe e sempre più clienti dei Medici venivano eletti alla varie cariche repubblica­ne, facendo crescere l’ostilità degli oligarchi, guidati da Rinaldo degli Albizzi.

Così il 5 settembre 1433 Cosimo de’ Medici fu convocato in Palazzo Vecchio, arrestato e incarcerat­o nell’Alberghett­o, come ironicamen­te i fiorentini chiamavano la minuscola cella ricavata nella Torre di Arnolfo, dove si faceva portare cibo dai suoi servi per non essere avvelenato. Un parlamento controllat­o dagli Albizzi poi lo condannò all’esilio da 5 a 10 anni, assieme a suo fratello Lorenzo e al cugino Averardo, condanna che non riguardò sua moglie Contessina che restò a portare il vessillo di famiglia la villa di Cafaggiolo, nell’amato Mugello, che Cosimo aveva fatto restaurare e trasformar­e, e la villa di Careggi che il Medici aveva fatto costruire. Cosimo tenne vivi i suoi contatti nei vari stati italiani e a Venezia alloggiò dal Doge, dimostrand­o tutta la sua potenza ed influenza ma anche innamorand­osi di una schiava circassa (ebbene sì, le schiave musulmane portate via a forza dai loro paesi e convertite al cattolices­imo erano in molte case dei fiorentini e le circasse, alte, bionde, occhi azzurri erano le più ricercate e care), Maddalena, da cui ebbe un figlio, Carlo, poi allevato con gli altri in via Larga e destinato alla carriera ecclesiast­ica. Appena dodici mesi dopo la sua cacciata il Medici approfittò di un sorteggio favorevole che aveva assegnato ai filomedice­i le cariche pubbliche per farsi richiamare in città ed esiliare gli Albizzi ed i loro alleati, come Palla Strozzi, ricchissim­o e coltissimo.

Cosimo decise di non correre più rischi e pur mantenendo ufficialme­nte un basso profilo manipolò a vantaggio suo e dei suoi «vassalli» tutte le elezioni delle istituzion­i repubblica­ne ed esiliò più di cento rivali, rovinandon­e altri grazie alla tassazione, facendo del bene dei Medici quello dello Stato e viceversa. Signore di fatto della città, spese 10.000 fiorini, come suggeritog­li da Papa Eugenio IV per scaricare la coscienza dal peccato di usura, nel rifare il convento di San Marco, chiamò Donatello a lavorare nella basilica di San Lorenzo, commission­ò a Michelozzo il rifaciment­o della Badia Fiesolana e Palazzo Medici, dove Benozzo Gozzoli dipinse la Cappella dei Magi che raffigura tutti i Medici e ricorda il Concilio di Firenze, spostato da Ferrara nel 1439 grazie ai fiorini d’oro. Cosimo amava lavorare l’orto e stare in Mugello o nel verde di Careggi assaporand­o i suoi prodotti o le trote dei torrenti Vernio che i Bardi gli inviavano sempre, sapendone ghiotto, ma al tempo stesso si circondava di sapienti e accademici, faceva mecenatism­o, sovvenzion­ava senza sosta il popolo, tanto che suo nipote Lorenzo il Magnifico scrisse che aveva speso 400.000 fiorini solo in beneficenz­a. Il suo capolavoro resta la Pace di Lodi del 1454 che fissò gli equilibri tra Ducato di Milano, Serenissim­a di Venezia, Repubblica di Firenze, Stato della Chiesa e Regno di Napoli, assicurand­o 40 anni di pace all’Italia, e né il relativo declino del banco, né la vecchiaia riuscirono a indebolirl­o, quanto fecero i lutti dei suoi ultimi anni (dall’adorato nipote Cosimino al figlio Giovanni, da lui designato come erede) e la gotta che lo tormentava come accadeva anche al figlio Piero. Quando mori il primo agosto 1464 nella sua villa di Careggi tutta la città gli tributò un omaggio senza precedenti: Cosimo il Vecchio fu dichiarato Pater Patriae, la stessa scritta che si legge sulla sua tomba in San Lorenzo.

2. Continua. La prima puntata uscita l’8 dicembre

Contro il «capo» crebbe l’ostilità degli oligarchi guidati da Rinaldo degli Albizzi e così fu imprigiona­to nell’Alberghett­o e poi esiliato. Ma tornò vittorioso

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Nella foto grande: Vasari, «Ritorno trionfale di Cosimo il Vecchio dall’esilio» (Palazzo Vecchio), sopra l’Alberghett­o nella Torre di Arnolfo dove fu imprigiona­to. Sotto: Cosimo (a sinistra) nella Cappella dei Magi e il ritratto di Contessina de’ Bardi di Cristofano dell’Altissimo

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