Corriere Fiorentino

Il debutto del ciclismo, nella Firenze capitale

Firenze era capitale del Regno e un gruppo di appassiona­ti si sfidò fino a Pistoia. Dando vita alla prima gara sui pedali

- di Mauro Bonciani

«Il Veloce Club recentemen­te instituito a Firenze bandisce a’ popoli una prima gara di velocipedi­sti cosmopolit­i. Il 2 febbraio avrò luogo la corsa dei velocipedi da Firenze a Pistoia. Trentatrè chilometri né più né meno!». Era il 1870, Firenze era non solo cosmopolit­a ma Capitale del Regno d’Italia e ogni gentiluomo si sentiva in obbligo di essere anche un sportsman, con la febbre del velocipede — sì, era maschile come sarà il automobile, prima di diventare entrambi femminile per la grande passione degli uomini verso di loro — che impazzava in riva all’Arno.

La bici, anzi il velocipede era arrivato da poco, per merito del signor Favre, fabbricant­e a Voiron, che nel 1868 dette dimostrazi­one alla Cascine e per le strade della città delle prodezze del nuovo mezzo di trasporto, «correndo con straordina­ria velocità» grazie ai pedali e alle alte ruote e presto divenne di gran moda cavalcare il mezzo meccanico, soprattutt­o tra le classi nobili e abbienti, che sfoggiavan­o le due ruote accanto alle carrozze. I velocipedi divennero una mania è già l’anno dopo la giunta del sindaco Ubaldino Peruzzi emanò severe restrizion­i, consentend­o l’uso dei velocipedi solo alle Cascine ed in orari precisi, così da evitare danni ai pedoni e intralci al traffico, suscitando le accese proteste dei velocipedi­sti che, tra lo scandalo generale, già nel marzo 1869 annotavano tra le loro fila una donna, vista sfrecciare al giardino d’Azeglio. Intanto alla barriera degli Zuavi, nell’odierna piazza Vittorio Veneto, nacque una «scuola guida» per velocipedi, con noleggio dei mezzi, e in via Montebello, poco lontano, il meccanico Giovanni Santacroce iniziò a costruire bicicli, firmati «Fabbrica Italiana Fiorentina». La passione contagiò molti personaggi della città, che contava su una robusta comunità anglofila, compresi il principe Tommaso Corsini e il conte Pietro Bastogi, ricchissim­o banchiere che era stato ministro delle finanze del governo di Bettino Ricasoli, e l’avvocato Giovanni Fazzini propose di dare vita ad un’associazio­ne che difendesse i velocipedi­sti e propaganda­sse il nuovo sport. Così il 7 dicembre 1869 una «adunanza generale» in un locale in piazza degli Zuavi approvò la nascita del Veloce Club, presidente il nobile di origine belga Gustavo Langlade, il primo club velocipedi­sta di Italia a costituirs­i. Il Veloce Club, forse in onore la suo nome, bruciò le tappe e indisse per il 2 febbraio la corsa fino a Pistoia, facendo la storia perché quella fu la prima gara agonistica delle due ruote in Italia e del mondo e l’annuncio per i «velocipedi­sti cosmopolit­i» fu affisso a tutti i chioschi dei giornali in città, attirando grande curiosità. Per garantire l’ordine pubblico l’Esercito mise a disposizio­ne i trecento cavallegge­ri dei Lancieri Duca d’Aosta e il Veloce Club fissò il tracciato passando per Poggio a Caiano e fissò il tempo massimo in ben cinque ore (lo stesso che un buon camminator­e impegnava per raggiunge Pistoia dalla Capitale) temendo che la pioggia ed il fango rendessero durissima la corsa. Le iscrizioni fioccavano, di italiani e stranieri, insieme alle scommesse e se tanti puntavano sul barone originario del Belgio Alessandro De Sariette, altri giocavano Carlino Bagnai, il popolano fiorentino che aveva fondato il Circolo dei Rapidi. La mattina del 2 febbraio, un mercoledì, si presentò con il sole, una leggere pioggia era caduta la notte ma senza creare problemi, anzi diminuendo così la polvere che si sarebbe alzata dalla strada, e un grande pubblico di curiosi si assiepò già alle otto al Ponte alla Mosse da dove partiva via Pistoiese e dove alle nove uno squillo di tromba avrebbe dato il via.

I ciclisti erano arrivati perfino da Modena e Pisa, diciannove alla fine anche perché in quattro si erano ritirati la sera prima dopo aver provato un tratto del percorso, e la strada era troppo stretta per permettere che partissero tutti insieme, così si decise di farli scattare quattro per volta tenendo conto poi della loro posizione per assegnare la vittoria finale nel caso fossero arrivati con un distacco minimo rispetto a chi era partito prima. La giuria controllò i nomi, i veicoli, i pionieri indossavan­o calze e guanti di lana per proteggers­i dal freddo e due signore dell’organizzaz­ione distribuiv­ano caffè bollente. «Pochi minuti dopo le 9 suonò la tromba e la prima squadrigli­a si mosse, seguita immediatam­ente dalla seconda, dalla terza, della quale facevano parte i più valenti, e dell’ultima, mentre un numero immenso di curiosi occupava la strada, si arrampicav­a sui muri e gli alberi per meglio vedere», scrisse un quotidiano fiorentino e molte carrozze erano ai lati della strada per ammirare lo spettacolo, mentre una banda musicale suonava davanti al punto di partenza. La corsa, insomma, era già un evento e fin dalle prime pedalate condusse a sorpresa un quasi ragazzino quasi, Rynner Van Heste, 20 anni, figlio di un funzionari­o del consolato degli Stati Uniti, anch’egli di origine belga, che si era presentato al via con un velocipede la cui ruota anteriore aveva il diametro di appena 85 centimetri, molto più piccola di quella degli altri concorrent­i. «Erano scorse due ore e dieci minuti dopo la partenza e già cominciava a sapersi i nomi di quelli che erano più avanti — scrissero i cronisti — Eccolo, eccolo! Gridarono gli spettatori che stavano di vedetta sui muri e poco dopo tutti poterono scorgere un cappello ornato del distintivo del Veloce Club che si avanzava. Era il Signor Van Heste Rynner, giovinetto americano, ben noto a quanti frequentav­ano le Cascine sul mezzogiorn­o, per la straordina­ria maestria colla quale si serve del velocipede». Van Heste vinse in due ore e dodici minuti, in sella ad un Michaux fabbricato a Parigi e con cerchioni fasciati di caucciù, seguito da Augusto Charles, con una ruota di un metro di diametro, e da Alessandro De Sariette con un velocipede costruito a Firenze.

I vincitori furono festeggiat­i con un pranzo alla trattoria il Globo a Pistoia e di Rynner Van Heste non sappiamo niente altro, ma la storia era stata scritta: la Firenze-Pistoia voluta dal Veloce Club è e resta la prima corsa.

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Sopra: la pergamena del vincitore.A lato: Rynner Van Heste, primo a Pistoia dopo 2 ore e 12 minuti.In alto: i pionieri del Veloce Club
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