Corriere Fiorentino

Don Mino, il prete del ’900 amato dai nobili e dagli operai

Parroco a Santa Felicita per 43 anni: oggi nella sua chiesa l’ultimo saluto

- Mauro Bonciani

Era monsignore e canonico del Capitolo della Metropolit­ana Fiorentina, ma per tutto l’Oltrarno e non era da decenni solo don Mino. Un «parroco del Novecento», come si definiva, che guardava sempre con fede al futuro e alla Chiesa, lucido e attivo fino all’ultimo, che ha voluto fortemente raccontare la sua esperienza e lasciare la sua eredità spirituale nel libro Parrocchie del Novecento. Memorie, ricordi ed altro, edito da Lef lo scorso dicembre. Don Mino Tagliaferr­i, classe 1924, per 43 anni parroco di Santa Felicita, la millenaria chiesa a due passi da Ponte Vecchio, è scomparso domenica e oggi pomeriggio alle 17.30, nella sua chiesa, si terranno i funerali.

Don Mino è stato uno dei sacerdoti che hanno vissuto gli insegnamen­ti del cardinale Elia Dalla Costa, di don Giulio Facibeni, di monsignor Bensi e di monsignor Bartoletti. Compagno di seminario di don Lorenzo Milani e don Renzo Rossi, è cresciuto in quella Chiesa fiorentina che dialogava strettamen­te con Giorgio La Pira. Dopo essere stato parroco in montagna sull’Appennino, affrontò a Firenze le devastazio­ni dell’alluvione del 1966, le tensioni del laicismo crescente e l’ostilità delle nuove generazion­i, ma anche le spinte che portarono al Concilio e alla sua applicazio­ne. Don Mino Tagliaferr­i era nato nel maggio 1924 vicino a Firenzuola ed era stato ordinato sacerdote nel luglio del 1948 dal cardinale e arcivescov­o Elia Dalla Costa.

«Sono arrivato a Santa Felicita come parroco a 41 anni, nel 1965. La parrocchia è una grossa fetta di città abitata prevalente­mente dal famoso artigiano fiorentino dalla cui botteghe uscivano i capolavori stimati ed ammirati e facevano di Firenze una vetrina a cielo aperto — ha scritto Tagliaferr­i nel suo libro — erano anni ancora difficili, le ferite del violento scontro tra fascismo e antifascis­mo ancora aperte, dell’esodo dalle campagne e dalle montagne verso la città, una terra promessa mai trovata, la lotta contro il Comunismo». Don Mino, con generosità rompe presto le barriere di censo e ideologich­e, si fa amare da tutto il quartiere, nobili e operai, si impegna anche della formazione e nella cultura, facendo nascere un doposcuola, un foglio parrocchia­le, il coro, l’associazio­ne «Il Punto» che ha formato tanti laici, rimanendo a fianco dei fedeli ogni giorno e divenendo punto di riferiment­o dell’Oltrarno.

Quando nel 2008 lascia l’incarico di parroco scrive, quasi profeticam­ente se si pensa a Papa Francesco, «anche nella società moderna cominciano a sentirsi voci, e non poche, che auspicano un ritorno ai valori del Vangelo se si vuole trovare una via che ci porti fuori da questo marasma senza valori e senza futuro. Noi vecchi parroci siamo certi che questo movimento diventerà in futuro un grido sempre più forte che smuoverà le coscienze». E oggi in tanti saluterann­o il «vecchio parroco», con la stessa fiducia nel cuore.

❞ Nel suo libro Quando sono arrivato in parrocchia erano anni difficili con tante divisioni

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In alto da sinistra Renzo Rossi e Mino Tagliaferr­i, al centro il cardinale Elia Dalla Costa
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Don Mino Tagliaferr­i

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