L’eros proibito dei Surrealisti
Dal kamasutra dei manichini alle statue falliche fino agli amplessi «impossibili» Tutto nella saletta «consigliata agli adulti» della mostra pisana. «Qui l’arte del sesso senza censure»
È una saletta rosso fuoco. Piccola e raccolta, ma piena di sorprese. Un cartellino, all’ingresso, mette in guardia: visita consigliata a un pubblico adulto. Perché quello che c’è dentro è arte erotica surrealista. Manichini di legno intenti a fare l’amore nelle più complicate pose di kamasutra, amplessi impossibili immersi in un’atmosfera onirica, statue falliche e vagine occhiute che sbirciano verso gli spettatori. È la saletta «proibita» della mostra pisana di Palazzo Blu Da Magritte a Duchamp 1929: il Grande Surrealismo del Centre Pompidou a cura di Didier Ottinger e ancora in corso fino al 17 febbraio. Provocazione pura o autentica ricerca artistica, il tema erotico è al centro dell’immaginario dei Surrealisti. Nel 1928 conducono una «inchiesta sulla sessualità» che pubblicheranno nella rivista La révolution surréaliste: un dossier piccantissimo che include ogni pratica erotica pensabile. Un anno dopo danno alla stampa 1929, un opuscolo sull’«arte di copulare seguendo le stagioni». Dalle copie clandestine di quel libello sperano di raccogliere un po’ di soldi per finanziare la rivista surrealista belga Varietés. Quel che è sfuggito alla censura è oggi dunque visibile qui, occasione unica per conoscere da vicino la produzione più provocatoria e meno nota. «Ma anche una delle più interessanti e attuali», spiega Thomas Clement Salomon, direttore scientifico di Mondo Mostre, che ha allestito l’esposizione con Fondazione Palazzo Blu e Centre Pompidou.
Come nasce l’idea di questa saletta?
«La grande mostra di Palazzo Blu presenta il Surrealismo all’apice della sua produzione creativa. Il progetto scientifico comprende i capolavori realizzati intorno all’anno 1929, periodo fondamentale per il movimento. In quest’anno i Surrealisti riflettono in modo particolare sul tema dell’eros e della sessualità e tale riflessione porta ad una massiccia produzione di opere riguardanti questi temi. È per questo che era doveroso, oltre che particolarmente interessante, mostrare una ricca selezione di opere a contenuto direttamente o velatamente erotico. Tali immagini è preferibile presentarle in un contesto diverso dalle altre opere proprio per una loro più specifica comprensione ed anche per dare ai visitatori la possibilità di scegliere se approfondire l’argomento oppure proseguire ammirando il resto dei capolavori in mostra. Quest’opzione di dedicare una sezione apposita alle opere di contenuto erotico risulta particolarmente efficace tanto da essere adottata, oltre che a Palazzo Blu, dalle più importanti istituzioni museali mondiali, tra queste il Musée d’Orsay di Parigi in occasione della loro mostra Splendore e Miseria. Immagini della prostituzione 1850-1910 o anche dal Mann di Napoli dove nel cosiddetto Gabinetto segreto sono custoditi i capolavori antichi romani dal contenuto erotico. Appare dunque una soluzione particolarmente efficace sia da un punto di vista allestitivo che per la corretta comprensione da parte dl pubblico».
Che ruolo ha l’eros per i Surrealisti?
«Un ruolo molto importante. Volendo uscire da tutti i vincoli morali imposti dalla società del tempo, il tema dell’eros è uno dei primi che i Surrealisti vogliono approfondire. Se ne occuperanno diversi artisti quali Salvador Dalì, Man Ray, Alberto Giacometti, Victor Brauner e altri ancora».
Ci sono alcuni episodi curiosi da raccontare?
«Penso all’Exposition internationale du surréalisme (E.R.O.S.) del 1959: l’artista Jean Benoit si occupa dell’organizzazione di un happening volto a realizzare in modo simbolico le volontà testamentarie del Marchese De Sade. La cerimonia è officiata dal principale teorico del Surrealismo, Breton, il quale lesse il contenuto del testamento “in un silenzio mistico” che suscitò “una forte impressione nei presenti”».
Come cambia la rappresentazione del desiderio e del sesso con i Surrealisti? Segnano un prima e un dopo?
«Contribuiscono certamente alla “liberalizzazione” di determinate immagini erotiche e a sdrammatizzare una tematica che è tutt’oggi da trattare con i guanti in molti contesti».
Per quale pubblico erano pensate e con quali intenzioni erano prodotte delle opere così esplicite?
«Riviste, film, libri. Le opere venivano realizzate, anche con intento provocatorio, per un pubblico colto e di “addetti ai lavori”, ma anche per una diffusione più generale».
Possono ancora scandalizzare? O hanno perso il loro potere provocatorio?
«Il potere provocatorio è ancora insito nelle opere stesse, nonostante siano passati decenni dalla loro realizzazione. Le istanze di un movimento artistico rimangono vive anche con il suo esaurirsi da un punto di vista cronologico. Muta sicuramente la modalità di recezione delle opere d’arte in base agli anni in cui si vive e in cui devono essere contestualizzate».
Avete ricevuto commenti specifici su questa sezione della mostra da parte del pubblico?
«Ha destato profonda curiosità e divertimento, anche i più giovani sono rimasti piacevolmente stupiti ed hanno lasciato commenti, ma senza mai trascendere nel volgare. Ha strappato sorrisi ai visitatori ed ha incrementato la curiosità, l’interesse del pubblico, in modo conforme a quella che dovrebbe essere la missione di una grande mostra e dunque quella di incuriosire, insegnare, stimolare. È fondamentale trasmettere al visitatore la voglia di porsi domande, di approfondire delle tematiche che lo portino a dotarsi di un maggiore senso critico, riflessivo, in modo da uscire dalla mostra con qualcosa in più, e dunque in qualche modo, migliore».
❞ Thomas Clement Salomon Man Ray, Brauner, Dalì, Giacometti e gli altri affrontarono questi temi per uscire dai vincoli morali imposti dalla società