Favino: «Il mio Koltès in dialogo col pubblico»
La solitudine, la periferia, l’angoscia, la condizione dello straniero, il buio di una notte metropolitana che rappresenta un buio, più profondo, dentro pensieri ed emozioni. C’è tanto della condizione umana contemporanea ne La notte poco prima delle foreste, testo di quasi mezzo secolo fa che vive di una eccezionale attualità, che Pierfrancesco Favino porta in scena alla Pergola da stasera a domenica con la Compagnia Gli Ipocriti in omaggio alla sua fondatrice, Melina Balsamo, da poco scomparsa. Come prematuramente scomparso è il tormentato drammaturgo francese Bernard-Marie Koltès, l’autore di questa piece che il grande pubblico ha scoperto in parte un anno fa sul palco di Sanremo e che ora rivede la luce nell’adattamento realizzato dallo stesso Favino con la regia di Lorenzo Gioielli: un poema per una voce sola sui temi dell’identità, della moralità, dell’isolamento, in forma di monologo che però Favino trasforma in dialogo col pubblico.«Non considero il testo – spiega appunto Favino – come un monologo: è un dialogo aperto con il pubblico mentre gli occhi delle persone che mi fissano dalla platea determinano come sono io, il mio essere, in quella determinata sera, ogni volta diversa». Portando così il pubblico a «dimenticarsi di tutto: di Sanremo, della popolarità, ed entrare così nelle parole, nei pensieri e nell’animo di Koltès». Quante volte ci sentiamo soli e ci piacerebbe scoprire e indagare chi siamo? Queste le domande che l’attore si pone e che ritrova nella «grandezza del testo di Koltès che rappresenta una condizione umana che non ha nazionalità» e che «è la stessa di Amleto o di Edipo: un individuo che vuole essere riconosciuto con le sue debolezze, i suoi bisogni e le sue necessità».