Corriere Fiorentino

«Mare Nostrum» e le altre foto: ora Sestini sta cercando quei migranti uno a uno

Al Mandela la mostra permanente del fotografo, che lavora a un documentar­io col National Geographic

- Dino

La prospettiv­a con cui una carica di cinquecent­o migranti ci accoglie all’ingresso del Mandela Forum è ribaltata rispetto a quella a cui ci ha abituati la foto che è valsa a Massimo Sestini il World Press

Photo 2015. Gli uomini, le donne e i bambini che approdaron­o nel giugno del 2014 a Taranto partendo dalle coste libiche, nell’immagine del fotografo fiorentino, erano colti da un punto di vista zenitale, cioè dall’alto con una visione perfettame­nte perpendico­lare. Massimo era su un elicottero durante le operazioni di soccorso della Marina Militare. Loro, ammassati in una barca di legno malconcia, lo guardavano dal basso, probabilme­nte attirati dal velivolo che doveva evocargli possibilit­à di salvezza.

Qui il Mare Nostrum — è questo il titolo dello scatto — è l’incipit della mostra permanente che il Mandela Forum ospita da ieri ed è anche una tappa importante di un progetto che troverà compiutezz­a grazie alla collaboraz­ione di National Geographic Channel che, con Sestini, sta lavorando a un documentar­io la cui proiezione è in programma al MAXXI di Roma il 20 giugno prossimo per la Giornata mondiale del rifugiato. Prima di addentrarc­i nel senso di questo docufilm, riavvolger­e il nastro e tornare alla mostra è d’obbligo perché è l’allestimen­to a marcare l’identità di un progetto che ha visto convergere le volontà di Massimo Gramigni, per il Mandela Forum, Sello Hatang per la Nelson Mandela Foundation e del rettore di Firenze Luigi Dei che ha agganciato l’occasione della mostra al conferimen­to di un premio di laurea a una tesi sui diritti umani, vinta da Eleonora Costa. Massimo Sestini d’ora in poi sarà al palazzetto dello sport di Firenze con 14 foto scattate tutte quante in quell’estate del 2014 per documentar­e i viaggi della gente d’Africa e per sollecitar­e i nostri occhi a guardare oltre immagini da copertina per indagare nelle storie che raccontano quanti approdano — anche se sarebbe più corretto dire approdavan­o visto la chiusura dei nostri porti — questi viaggiator­i della speranza.

Le immagini, almeno la maggior parte di loro, e certamente la prima e la più famosa, sono affisse a tetto, sono grandissim­e, 5 metri per 3, e ti costringon­o a vedere dal basso verso l’alto quei volti in viaggio per mare. Col naso in su esattament­e come quando erano loro a stare in posa, seppur involontar­ia. La carrellata di immagini, delle altre 13 immagini, è a suo modo una storia, anche se in realtà documenta sbarchi diversi. Uno via l’altro quegli scatti fissano i volti di bimbi appena sbarcati e coperti con impermeabi­li di plastica che luccicano alla luce del sole, di famiglie — una commuove per l’abbraccio che unisce un padre e un figlio — approdate a terra e finalmente in salvo, di gommoni in procinto di essere portati in salvo, di donne velate. Un’unica grande storia che da 20 anni si ripropone nei nostri mari e che però Sestini grazie alla collaboraz­ione con il National Geographic, vuole far uscire dalla logica dei grandi numeri e dell’anonimato. E qui si arriva al prosieguo del progetto: il docufilm che si sta girando in questi giorni è nato dalla voglia di riannodare i fili delle vite dei cinquecent­o sul barcone col naso all’insù. «Un caso — spiega il fotoreport­er — tutto è nato quando tramite gli organizzat­ori del World Press Photo fui contattato da un ragazzo che si era riconosciu­to in uno dei cinquecent­o del barcone di Mare Nostrum. Mi chiedeva se era possibile avere una copia di quella foto». Il cortocircu­ito di questo incontro imprevisto ha generato il resto, a catena. Sestini, con la troupe del canale tv del

National Geographic guidata dal regista Jesus Lambert, andrà fisicament­e a trovare, conoscere, fotografar­e intervista­re quegli uomini, quelle donne, quei bambini nel frattempo un poco cresciuti «perché le loro diventino storie vere, vibranti di voci, cambi di paese, avventure laceranti a volte, fortunate negli esiti si spera, nel maggior numero di casi. Il cambio di sguardo è importante ed è forse la cifra di questo progetto — come ha anche sottolinea­to il direttore generale della Nelson Mandela Foundation Sello Hatang che ieri all’inaugurazi­one della mostra — Mediterran­eum, il diritto alla speranza, scatti dal mare è il titolo — che da ieri ha cambiato il volto dell’ingresso e del corridoio del Mandela Forum fiorentino.

Per ora dei 500 migranti concentrat­i in quel barchino traballant­e ne sono stati rintraccia­ti — grazie alla piattaform­a online DocuLab — 37. Domani o dopodomani chi sa. Non tutti magari faranno parte delle voci presenti nel documentar­io. Certamente col servizio fotografic­o che si porterà a casa, Sestini parteciper­à al prossimo World Press Photo.

Il caso

Fui contattato da un ragazzo che si era riconosciu­to Da lì è nata l’idea di andare a vedere dove erano finiti gli altri

 ??  ?? La foto «Mare Nostrum» allestita sul soffitto del Mandella, in prospettiv­a capovolta rispetto alla quale siamo abituati a vederla
La foto «Mare Nostrum» allestita sul soffitto del Mandella, in prospettiv­a capovolta rispetto alla quale siamo abituati a vederla
 ??  ?? Tutti con lo sguardo all’insù per vedere le foto
Tutti con lo sguardo all’insù per vedere le foto
 ??  ?? Il cimitero delle «carrette» del mare
Il cimitero delle «carrette» del mare
 ??  ?? Lo scatto del padre con la sua bambina ritrovata
Lo scatto del padre con la sua bambina ritrovata

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