Paolo Landi ne «La Repubblica di Barbiana» racconta gli anni trascorsi col priore E svela quando Paolo VI inviò un assegno per la scuola e una lettera di stima Con la sua visita inattesa e storica sulla tomba del priore di Barbiana, giugno 2017, papa Fra
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don Milani e il mondo del lavoro, dello scrittore Eraldo Affinati (Il sogno di un’altra scuola) e di Massimo Biagioni (Dal Mugello omaggio a don Milani). Mancava però un racconto dal di dentro della scuola di Barbiana, dopo l’uscita nel 2012 del libro di Adele Corradi (Non so se don Lorenzo) e due anni dopo di Michele Gesualdi (L’esilio di Barbiana).
Ha provato a colmare il vuoto Paolo Landi, 71 anni, ex dirigente Cisl e fondatore dell’associazione di consumatori Adiconsum, allievo di don Milani dal 1963 al 1967. Figlio di contadini di Vicchio Landi approdò a Barbiana dopo alcune traversie scolastiche nelle scuole pubbliche, ma il primo impatto non deve averlo molto rallegrato. Con il babbo il priore fu infatti perentorio: «Sì, il ragazzo lo prendo ma a queste condizioni: dodici ore di scuola al giorno, incluso domenica, Natale e Pasqua, niente ballo, niente cinema, niente televisione».
Benvenuti nella Repubblica di Barbiana, titolo del libro di Landi sulla sua esperienza alla scuola di don Milani, edito dalla Lef. Repubblica, quella di Barbiana, dove i voti sono aboliti ma la severità no e così volano calci e a volte anche la cinghia, anche se «passato il temporale tornava subito il sereno». Dove tra scolaro e maestro, ricorda Landi, non c’è rapporto alla pari: «Il ragazzo è zero e il maestro il dittatore». Dove però si leggeva il giornale in classe quando nelle altre scuole era proibito. E si studiavano le lingue privilegiando il parlato rispetto alla grammatica. Così d’estate il priore voleva che i suoi allievi andassero a impararle all’estero. Era anche un modo di aiutare a crescere ragazzi timidi, vissuti fino allora nel mondo chiuso dei montanari, tra le stalle delle mucche e il recinto dei maiali. Lui, il priore-maestro-babbo, da Barbiana li guidava con mappe, indirizzi utili, contatti di amici, soldi. E pretendeva che scrivessero le loro esperienze.
Assieme ad altri ragazzi Landi andò in Inghilterra nel 1965, aveva 17 anni e le lettere indirizzate al priore e a chi era rimasto a Barbiana sono forse la parte più interessante e nuova del suo libro. Paolo racconta tutto quello che prova e vede: dal dolore degli inglesi per la morte di Churchill ai concerti londinesi, dalla paga (i ragazzi per mantenersi dovevano lavorare) al costo della vita. Compreso il rapporto con le ragazze, l’amore, il sesso. «Qui in Inghilterra, fino ad ora non ho trovato alcuna ragazza che consideri sbagliato baciare o avere rapporti intimi. Sembra che per loro abbiano perduto tutto, o quasi tutto, il significato di espressione d’amore, per essere sostituito da quello del piacere», scrive Landi.
Con il priore i ragazzi potevano confidarsi anche di aspetti intimi come l’amore e il sesso. Un giorno don Milani invitò un ginecologo a tenere una lezione sessuale ai ragazzi con tanto di disegni degli organi sessuali e del processo di fecondazione. L’Eda, la donna che viveva in canonica con il priore, rimase scandalizzata. «Ma don Lorenzo le sembra il caso di far vedere queste cose ai ragazzi? Stasera quando tornano a casa cosa racconteranno alle famiglie?». Il priore ironico rispose: «Gli insegneranno come nasce un bambino, se non lo sanno già». Poi rivolto ai suoi allievi aggiunse: «Ragazzi, Eda è nata sotto un cavolo!».
Però don Milani tanto era aperto sul piano educativo quanto tradizionalista su quello morale. Racconta Landi: «Sulla morale don Lorenzo è stato un prete tradizionale, ha insegnato rigidamente quello che era l’insegnamento della Chiesa. Portava sempre la tonaca e la tonsura ben vista. Non concepiva il divorzio, né l’ipotesi di preti sposati. Su molti aspetti è stato profetico, ma sulla morale, sui rapporti fra i giovani, abbiamo fatto fatica anche noi ragazzi di allora a seguirlo».
Altri ricordi di Landi poco noti o sconosciuti nella biografia milaniana? L’assegno del papa, ad esempio. Era un normale pomeriggio di scuola quando a Barbiana arrivò la notizia che a sera sarebbe arrivato don Raffaelo Bensi, il direttore spirituale del priore. Ansia, agitazione. I rapporti tra il priore e il cardinale Florit erano pessimi. Don Milani fu minacciato di sospensione a divinis, così quel pomeriggio a Barbiana si temeva il peggio, che don Bensi stesse salendo a portare brutte notizie. «Don Lorenzo era seduto nella solita sedia di vimini, il pugno sotto il mento, il volto teso, lo sguardo terreo. Quel pomeriggio a Barbiana sembrava ci fosse un morto in casa», scrive Landi. Don Bensi arrivò e in presenza dei ragazzi consegnò al priore una busta bianca. Dentro c’era un assegno di Paolo VI per la scuola e una lettera di stima per il priore. Pericolo scampato, commozione, urlo di liberazione dei ragazzi.
Al di là dei singoli episodi quello che emerge dal libro di Landi è la speciale e irripetibile «repubblica» di Barbiana. Don Milani trasformò i suoi ragazzi in piccoli monaci del sapere e in alcune lettere si rammarica di aver preteso troppo da loro. Ma sul testamento ha lasciato scritto: «Cari ragazzi, ho voluto più bene a voi che a Dio, ma ho speranza che lui non stia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto al suo conto».
❞ Con lui ragazzi parlavano di tutto anche del sesso. Un giorno il priore invitò un ginecologo a tenere una lezione...