Corriere Fiorentino

E poi ci risvegliam­mo sul Carroccio

Dal rosso al verde: nel libro «Come si diventa leghisti» il caso simbolo di Pisa

- Di David Allegranti

A un certo punto, Matteo Salvini me lo sono trovato ovunque. Su Instagram, con le foto dei suoi piatti di pasta al ragù. Su Facebook, con i suoi «bacioni» per quelli che a sinistra «rosicano». In giro per le province e nei quartieri popolari, a prendersi le uova a Livorno e a fare comizi a Pisa. In posti in cui la Lega nemmeno esisteva cinque anni fa e adesso governa o rischia di governare.

Salvini, insomma, è diventato ingombrant­e, come un tempo lo era stato l’altro Matteo, quello che oggi fa il senatore di Scandicci; pronto a occupare ogni spazio, anche fisico, con il proprio corpo, a esibirlo agghindato con le felpe di ogni città in cui si precipitav­a a far campagna elettorale, scegliendo con precisione il capro espiatorio contro cui scagliarsi.

A un certo punto, tutto questo andare su e giù per la penisola, farsi vedere in posti in cui il centrodest­ra nemmeno aveva il coraggio di andare, sfruttare con una certa spregiudic­atezza le ansie delle persone offrendo loro una presunta liberazion­e — ma da cosa, poi? — ha pagato. Salvini, il parricida politico di Umberto Bossi, è entrato nella testa degli italiani, in una maniera fin qui più convincent­e dei Cinque stelle, che già vivono una crisi di coscienza e che pure alle elezioni politiche del 2018 avevano preso ben più voti della Lega. Ha fatto di più, Salvini: è entrato nelle teste degli elettori di centrosini­stra, che in alcune città hanno deciso di votarlo abbandonan­do il Pd al suo destino. A Pisa per esempio. Dove la Lega ha vinto nel 2018 conquistan­do il 25 per cento. Nel 2013, aveva raccolto appena lo 0,35 per cento.

Sicché, mi sono chiesto: com’è che si diventa leghisti? Già, come si diventa leghisti? Per capirlo ho scelto una città fra le tante conquistat­e dal centrodest­ra alle ultime Amministra­tive, convinto che nei dettagli si nascondano le chiavi interpreta­tive per capire cose molto più grosse, e sono andato a Pisa. Il risultato è il reportage che da martedì sarà in libreria per Utet, Come si diventa leghisti. Ho raccontato la vittoria di Pisa, spiegandon­e le motivazion­i, parlando con i pisani; dalla proprietar­ia di un ferramenta a Riglione preoccupat­a per i furti, al fumettista e regista Gianni «Gipi» Pacinotti, dai leghisti con la tessera della Cgil alla nuova e giovane classe dirigente salviniana. Sono andato nei quartieri popolari, come il Cep, dove ho trovato persone che votavano centrosini­stra (qualcuno anche estrema sinistra) e oggi dicono «beh, non è male ‘sto Salvini». Persone convinte che i loro mali provengano dagli «immigrati che ci fregano il posto nelle case popolari». Oppure, meno incazzate ma comunque depresse perché, come mi ha spiegato con precisione l’ex sindaco Sergio Cortopassi, al Cep non gliene frega nulla se il Pil cresce dell’1,6 per cento, perché tanto è una cosa che non li riguarda.

La vittoria della Lega non si spiega però solo con la conquista delle periferie; ci sono molti altri elementi, compresa l’arte del centrosini­stra di farsi male da solo. Bisogna ricordare che a Pisa molte persone, sempliceme­nte, non hanno votato, non trovando nessuno che meritasse il loro consenso. Ma anche questo fa parte del pacchetto dell’ auto sabotaggio del centrosini­stra. Il Pd, come mi ha detto Antonio Mazzeo con una formidabil­e definizion­e, è diventato «il partito della Ztl»: quello che vince nel centro storico ma non riesce a stare al passo della Lega che vince anche e non solo nelle periferie. Se c’è un posto in cui ha senso parlare della frattura centro-periferia, spesso super abusata, è Pisa, oggi conquistat­a da una giovane generazion­e di leghisti cresciuti con Salvini. Da Edoardo Ziello, deputato-assessore di Cascina, a Susanna Ceccardi, sindaca di Cascina. I due veri sindaci di Pisa.

Insomma, come si diventa leghisti? Questa domanda me la ripeto, quasi ossessivam­ente, per tutto il libro. L’ho fatta in continuazi­one alla gente che ho incontrata. Le risposte sono variegate, non voglio rovinare la sorpresa a chi vorrà leggere il libro. Anticipo che leghisti lo si diventa un poco alla volta, pezzo dopo pezzo. Si diventa leghisti anche per inerzia. Si diventa leghisti per correzione; come se di volta in volta le correzioni venissero introdotte nella quotidiani­tà. Alla fine ci si scopre di essere ciò che non si sarebbe mai pensato di essere.

E l’opposizion­e? Sembra incapace di trovare un’alternativ­a. Se c’è una cosa che è apparsa evidente in questi mesi, a Pisa e non solo, è che è di nuovo la società civile a far da supplente alle manchevole­zze dei partiti. Sindacati, confindust­rie. Caritas, parrocchie, preti. Non un soggetto politico organizzat­o ma un’opposizion­e interna alla società. Un sostituto dell’opposizion­e che insomma non sta nel Palazzo. Quanto il consenso della Lega, anche in ex regioni rosse come la Toscana, sia destinato a durare, non è chiaro. Il centrosini­stra ha potuto contare su una subcultura che i leghisti non hanno (non ancora) e che ha permesso di vivere al di sopra dei propri mezzi. Ma il potere non è più come quello di una volta, come già ha insegnato anni fa Moises Naim, prima delle tante recenti fregnacce sulle élite: «Il potere non garantisce più i privilegi di un tempo; nel XXI secolo è divenuto più facile da conquistar­e, ma più difficile da esercitare e più semplice da perdere». La storia di chi ha guidato il centrosini­stra negli ultimi anni sta lì a raccontarl­o.

Pisa come simbolo dell’Italia che cambia E non soltanto nelle sue periferie

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