Corriere Fiorentino

Addio al ribelle del Brunello

È morto a 82 anni. Pioniere, geniale e bizzarro: al ristorante si portava i suoi bicchieri

- Fiordelli

Salvato da MONTALCINO (SIENA) un incidente stradale, ma subito dopo stroncato da un malore. È morto così ieri Gianfranco Soldera, uno dei più grandi produttori toscani di sempre. Le sue bottiglie di Brunello di Montalcino restano tra le più quotate per i collezioni­sti e nelle aste di tutto il mondo. La profondità dei suoi vini ha emozionato tutti quelli che siano riusciti ad assaggiarn­e almeno un calice. La sua capacità d’interpreta­re il vigneto lo aveva portato ad anticipare fin dai primi Anni Ottanta l’idea di «vino naturale» oggi divenuta di moda.

Soldera era nato a Treviso nel 1937. Arrivò in Toscana negli Anni Settanta, quelli dell’ondata di forestieri a Montalcino: i Mariani di Banfi, Angelo Gaja, Molinari e Soldera appunto che veniva da un passato milanese come broker. Si stabilì in località Case Basse a Tavernelle, frazione a Sud Ovest di Montalcino a oltre 300 metri di altitudine. Soldera coltivava 23 ettari di vigneti e aveva due segreti. Il primo è il giardino botanico della moglie, Graziella, un museo a cielo aperto con una biodiversi­tà tale che in ogni stagione dell’anno ci sono specie floreali sbocciate, consentend­o alla vite di assorbire profumi e di circon-

Le sue bottiglie di Brunello sono tra le più quotate nella aste di tutto il mondo Ma dopo un sabotaggio da parte di un suo ex dipendente i rapporti con il Consorzio si ruppero e lui iniziò a etichettar­e i suoi vini solo col proprio nome

darsi di insetti buoni. Il secondo era «che bisogna levare da subito». Soldera sfoltiva i tralci, le foglie, i grappoli progressiv­amente durante tutta la stagione. Alla vendemmia vera e propria il più era fatto. In cantina non interveniv­a quasi per niente ma le sue botti erano costanteme­nte monitorate dal professor Massimo Vincenzini, ordinario di Microbiolo­gia dell’Università di Firenze e da luglio presidente dell’Accademia dei Georgofili. Le stesse botti che furono aperte dolosament­e nel 2012 da un ex dipendente dell’azienda, sversando nelle fogne 600 ettolitri di Brunello di Montalcino di 4-5 annate. Un danno inestimabi­le che Soldera definì «atto mafioso». Nonostante la solidariet­à da parte del Consorzio e dei produttori, i rapporti tra Soldera e il resto della denominazi­one si guastarono definitiva­mente, tanto che il vignaiolo cominciò a etichettar­e i vini col proprio nome, senza fregiarsi del marchio di Montalcino.

Aveva le proprie idee che talvolta potevano sembrare anche bizzarre: conservava le bottiglie solo in piedi; andava al ristorante portandosi i bicchieri da casa perché senza piombo; beveva solo i vini di due o tre colleghi... Ma era un vignaiolo dalla personalit­à fuori dal comune. La sua ultima apparizion­e pubblica a Montecitor­io una settimana fa per il premio Case Basse a un ricercator­e che si fosse particolar­mente distinto nello studio del Sangiovese, dopo l’incontro la sera prima col suo importator­e in Francia Bernardo Conticelli. «Soldera era fiero che i francesi apprezzass­ero il suo vino» ha commentato Conticelli. Soldera lascia i figli Monica e Mauro, le sue nipotine e la moglie Graziella.

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Gianfranco Soldera, ex broker assicurati­vo diventato vignaiolo, tra le sue botti a Montalcino

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