Vita, malanni e scandali dell’ultimo Granduca Che trasformò Palazzo Pitti nel regno della perdizione
Storia della dinastia
Quando morì furono cacciati da Palazzo Pitti addirittura 379 «ruspanti», uomini e donne di bassa estrazione sociale, italiani ma anche albanesi, turchi e tunisini, che si alternavano attorno al suo letto in orge omo ed eterosessuali e in spettacolini vari in cambio dei «ruspi», piccole monete d’oro. Eppure Gian Gastone era un uomo coltissimo, che aveva avuto i migliori maestri in lingue (tedesco compreso), scienze, matematica, musica, devoto anche se non bigotto e religiosissimo come il babbo, Cosimo III, era un nobiluomo che suscitò l’ammirazione di Luigi XIV, il Re Sole che gli regalò una spada tempestata di pietre preziose. Era però, fin da giovane, anche malinconico tanto da suscitare le preoccupazioni del babbo Granduca, dello zio cardinale e dei vari precettori, e scoprì presto il rifugio non solo degli studi ma anche del vino e dello stordimento. Così quando da figlio cadetto si ritrovò Granduca e soprattutto ultimo regnante della casata dei Medici, destinata all’estinzione perché non c’erano più figli maschi cui passare la Toscana, Gian Gastone dopo un inizio di governo illuminato, in cui si prese cura del popolo, si lasciò andare ai peggiori istinti e ad una sovrana indifferenza per tutto il resto, spinto da una cupio dissolvi che fece scandalo e che era simbolo stesso della decadenza della famiglia che per tre secoli aveva fatto grande Firenze e la Toscana.
È questa la parabola del terzogenito del Granduca Cosimo III e di Margherita Luisa, figlia di Gastone duca d’Orléans e di Margherita di Lorena, nato il 25 maggio 1671 a Firenze e morto sempre a Firenze il 9 luglio 1737, di Gian Gastone, diventato Granduca il 31 ottobre 1723. Cosimo e Margherita avevano generato prima di lui Ferdinando, cui sarebbe dovuto passare il titolo, e Anna Maria Luisa e Gian Gastone, dopo il ritorno dalla mamma in Francia, passò l’infanzia quasi solo, lontano dal cuore e dalle preferenze di Cosimo che amava Ferdinando e soprattutto Anna Maria Luisa, anche a causa del suo carattere schivo, tutto il contrario di Ferdinando, pieno di sé e del suo futuro ruolo e gaudente fin da giovane, con una passione smodata per musica e teatro ma anche per le donne. Cosimo III cercò di non tenerlo ai margini della vita di corte e delle missioni diplomatiche e di Stato, anzi lo chiamò a soprintendere l’Arte della Seta che si stava rilanciando e lo