IL FUTURO NEL 2019 HAUER STELLA DI LUCCA
L’attore oggi riceverà il premio alla carriera, e domani parteciperà alla serata che ricorderà il cult «Blade Runner» uscito nel 1982 e ambientato nei nostri giorni «Avevamo immaginato molto, ma non internet che ha rivoluzionato il mondo»
«Cinquanta anni di carriera sono un qualcosa di straordinario e sono felice di essere a Lucca per festeggiare questo traguardo. Mi avevano proposto di celebrarlo negli Usa e in Olanda, ma ho scelto la Toscana con piacere». Sono le parole di Rutger Hauer, star di Lucca Film Festival ed Europa Cinema, arrivato ieri nella città delle Mura che lo vedrà protagonista di questi ultimi giorni della manifestazione. Ieri l’attore olandese, 75 anni, ha pranzato in centro storico alla Antica Drogheria gustando specialità lucchesi, per poi concedersi qualche ora di svago prima di tenere una masterclass sul tema del futuro. Stasera al cinema Astra riceverà il premio alla carriera, seguito dalla proiezione di Blade Runner, film di fantascienza di Ridley Scott del 1982, ambientato nella Los Angeles del 2019. Domani sarà infine l’ospite d’onore della performance per le vie del centro dedicata a Blade Runner e intitolata «Tears in rain» come il celebre monologo finale del replicante Roy Batty da lui interpretato. Si rivivranno dunque le atmosfere futuristiche, tra figuranti in costumi cyberpunk e musica dal vivo. «In quel film — ha detto Hauer — avevamo immaginato molto, ma non internet. Il web ha rivoluzionato il mondo e non conosciamo ancora la portata di questi cambiamenti». L’artista ha poi parlato del suo amore per l’Italia: «La mia prima volta è stata durante le riprese di Ladyhawke e da lì è nato un legame che non si è più spezzato. Sono felice quando vengo qua a ritirare un premio, perché belli e creativi come in Italia non se ne trovano». L’attore ha raccontato poi aneddoti sui suoi rapporti con alcuni registi italiani, a partire da Giuseppe Ferrara che lo scelse nel 2002 per I banchieri di Dio – il caso Calvi,
film che fece molto discutere: «Mi chiesero di recitare in italiano, ma non fu possibile perché non potevo imparare una lingua in 3 giorni. Di Ferrara ricordo i pranzi con lui, che erano un momento centrale della giornata fra una ripresa e un’altra. Di quel film
ricordo che venne censurato inizialmente: fu una cosa ridicola, ma poi aiutò a parlarne. Con Dario Argento invece ho lavorato a una versione di
Dracula: io non parlavo italiano e lui l’inglese, ma la lingua non è poi così importante. Usando i miei cinque sensi ho sempre capito cosa volesse da me un regista, restituendogli qualcosa che magari non si aspettava. A volte basta uno sguardo. C’è poi Ermanno Olmi — ha concluso — È arrivato in un momento molto importante della mia vita (i due hanno lavorato insieme ne Il
villaggio di cartone del 2011): avevo sempre ottenuto solo parti da eroe o da uomo perfido, ma sapevo di poter fare anche altro».