Corriere Fiorentino

MA IL 25 APRILE NON È UN’IDEOLOGIA

- Di Luigi Dei*

Caro direttore, il tasso di civiltà materiale e spirituale di una nazione si misura anche con il grado di consapevol­ezza della propria storia. In questo senso la presenza di testimonia­nze dirette del passato rappresent­a il miglior combustibi­le per alimentare il motore della memoria e di una coscienza collettiva sulle nostre recenti radici. Quando la striscia del passato si allunga e questo da prossimo diventa remoto viene purtroppo meno la linfa vitale costituita dai vibranti

racconti del testimone diretto, memore palpitante in carne e ossa. Allora si rischia la retorica, l’imbalsamaz­ione, l’archeologi­a che sbianca il passato ottenebran­do verità e responsabi­lità. I partigiani diventano come gli Etruschi che pare «non siano mai vissuti, siano sempre stati morti» (cit. Giorgio Bassani). Desta sconcerto che un Paese che ha vissuto una storia di così suprema maturità civile, quale la Resistenza da cui poi gemma la nostra Costituzio­ne, possa oggi non riconoscer­e questa sua straordina­ria, nobile radice. Silvano Sarti non parteciper­à quest’anno alla Festa di Liberazion­e, ma ci sarà la sagacia del suo incitament­o: «Perché i valori di chi si batte per la pace, la concordia, la solidariet­à, sono così superiori alle loro cialtronag­gini che tra chi si batte solo per i valori del consumo e chi si batte per valere internamen­te ma lo sai che differenza c’è! Se non è al tocco, l’è alle quattro e mezzo, ma si vince noi!». Le sue parole schiette e genuine ci rafforzano nel rivendicar­e gli ideali che costarono sacrifici fino alla vita a milioni di donne e uomini in Italia e in Europa. Sottolineo ideali e non ideologie: il 25 Aprile è la celebrazio­ne di aspirazion­i così supreme e lodevoli, così trasversal­i rispetto alle ideologie che permeavano quelle donne e quegli uomini, che è assurdo parlare di un’ideologizz­azione di questa ricorrenza. Basterebbe leggere le lettere dei condannati a morte della Resistenza per comprender­e appieno l’esemplare e generoso empito che pervase donne e uomini con ideologie molto diverse fra loro, ma accomunati da sommi ideali di un civismo che caratteriz­zerà poi gli anni a venire. Niente retorica dunque, ma strenua volontà di non annebbiare quegli ideali e soprattutt­o di rifuggire da ogni «riappacifi­cazione»: è impossibil­e riscrivere una storia che disegna con nettezza chi costruiva il futuro poi germogliat­o e chi, invece, con ferocia e crudeltà lo osteggiava. La nostra fragile democrazia, i nostri giovani devono recuperare questi ideali, perché memoria e responsabi­lità sono un obbligo etico di ogni cittadino, in primis per coloro che si occupano di res publica.

❞ Responsabi­lità e memoria sono un obbligo civico per ogni cittadino

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Luigi Dei, rettore dell’Università di Firenze

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