MA IL 25 APRILE NON È UN’IDEOLOGIA
Caro direttore, il tasso di civiltà materiale e spirituale di una nazione si misura anche con il grado di consapevolezza della propria storia. In questo senso la presenza di testimonianze dirette del passato rappresenta il miglior combustibile per alimentare il motore della memoria e di una coscienza collettiva sulle nostre recenti radici. Quando la striscia del passato si allunga e questo da prossimo diventa remoto viene purtroppo meno la linfa vitale costituita dai vibranti
racconti del testimone diretto, memore palpitante in carne e ossa. Allora si rischia la retorica, l’imbalsamazione, l’archeologia che sbianca il passato ottenebrando verità e responsabilità. I partigiani diventano come gli Etruschi che pare «non siano mai vissuti, siano sempre stati morti» (cit. Giorgio Bassani). Desta sconcerto che un Paese che ha vissuto una storia di così suprema maturità civile, quale la Resistenza da cui poi gemma la nostra Costituzione, possa oggi non riconoscere questa sua straordinaria, nobile radice. Silvano Sarti non parteciperà quest’anno alla Festa di Liberazione, ma ci sarà la sagacia del suo incitamento: «Perché i valori di chi si batte per la pace, la concordia, la solidarietà, sono così superiori alle loro cialtronaggini che tra chi si batte solo per i valori del consumo e chi si batte per valere internamente ma lo sai che differenza c’è! Se non è al tocco, l’è alle quattro e mezzo, ma si vince noi!». Le sue parole schiette e genuine ci rafforzano nel rivendicare gli ideali che costarono sacrifici fino alla vita a milioni di donne e uomini in Italia e in Europa. Sottolineo ideali e non ideologie: il 25 Aprile è la celebrazione di aspirazioni così supreme e lodevoli, così trasversali rispetto alle ideologie che permeavano quelle donne e quegli uomini, che è assurdo parlare di un’ideologizzazione di questa ricorrenza. Basterebbe leggere le lettere dei condannati a morte della Resistenza per comprendere appieno l’esemplare e generoso empito che pervase donne e uomini con ideologie molto diverse fra loro, ma accomunati da sommi ideali di un civismo che caratterizzerà poi gli anni a venire. Niente retorica dunque, ma strenua volontà di non annebbiare quegli ideali e soprattutto di rifuggire da ogni «riappacificazione»: è impossibile riscrivere una storia che disegna con nettezza chi costruiva il futuro poi germogliato e chi, invece, con ferocia e crudeltà lo osteggiava. La nostra fragile democrazia, i nostri giovani devono recuperare questi ideali, perché memoria e responsabilità sono un obbligo etico di ogni cittadino, in primis per coloro che si occupano di res publica.
❞ Responsabilità e memoria sono un obbligo civico per ogni cittadino