LA TOSCANA ARRETRA ALLEANZA PISA-FIRENZE
Caro direttore, mi preoccupa ma non mi sorprende l’analisi di Antonio Calabrò sul Corriere Fiorentino del 2 aprile. C’è una «Questione toscana», dovuta al manifestarsi di un chiaro divario della nostra Regione in fatto di capacità di sviluppo.
❞
E dunque di innovazione e creazione di occupazione qualificata, rispetto alle aree dinamiche del Nord-Ovest e del Nord-Est. È la conferma che il modello Nec (Nord-estcentro), fatto tutto di Pmi e settori tradizionali, con cui la Toscana nel secondo dopoguerra ha realizzato la sua industrializzazione e il suo miracolo economico, ha visto irrimediabilmente contrarsi il suo ruolo sotto il profilo delle quantità (di prodotto lordo, occupazione, investimenti), ma anche in termini di spinta dinamica. Si è così ridotto l’irrinunciabile ruolo dell’industria nell’attivazione dei processi di avanzamento tecnologicoorganizzativo e di internazionalizzazione, da cui in larga parte oggi dipende la crescita e il cambiamento dei sistemi sociali ed economici nazionali e regionali. La Toscana oggi si trova priva di un modello di sviluppo alternativo per combattere nella competizione globale con possibilità di successo. Si tratta di una carenza innanzitutto culturale, a cui le istituzioni pubbliche hanno aggiunto del proprio a determinare il deficit di capacità di adattamento al nuovo contesto economico esterno, al nuovo dinamico impatto tecnologico ed alle nuove esigenze di mobilità territoriale infra ed extra regionali. A questo divario ha contribuito non poco l’assoluta incapacità della Toscana di far evolvere l’assetto di insieme delle infrastrutture stradali e ferroviarie per dare un ruolo all’area centrale come punto di riferimento per l’impianto e la gestione di una cabina di regia del cambiamento. Di fatto la Toscana, a differenza del Nord-Est e dell’Emilia, non è una realtà sociale ed economica con una propria identità unitaria ma rimane un «insieme eterogeneo di Toscane», ciascuna con proprie caratteristiche, virtù e debolezze; e tutte vissute con uno spirito molto localistico e autoreferenziale. D’altro canto, sperare, come è emerso ad esempio da un recente dibattito alla Scuola Normale Superiore, che Pisa possa svolgere quella sorta di funzione di raccordo, da sempre auspicata, per un riscatto dell’area tirrenica che va da Massa a Grosseto è una illusione, non avendo alle spalle una lungimirante visione di come orientare questo tipo di mission e soprattutto un piano con obiettivi e risorse da investire, e modalità di coinvolgimento di attori pubblici e privati che contano.
Di fatto in Toscana l’industria e l’università rimangono due