Santanchè: «Regole chiare, anti prostitute»
Le sue parole d’ordine sono da sempre «ordine» e «disciplina», «regole ferree» e «tolleranza zero». Ma Daniela Santanchè, oltre a essere una militante della destra sociale e da un’intera, lunga, vita politica, è anche un’esponente politica attenta alle questioni femminili. Che si esprime, anche con l’abbigliamento, in modo anti-conformista. Il caso di Massa investe entrambi questi aspetti.
Senatrice Santanchè, cosa pensa dell’ordinanza del Comune di Massa sull’abbigliamento da tenere in strada?
«Se qualche sindaco volesse mettersi in testa di decidere come mi devo vestire, gli risponderei che gli anni Cinquanta sono finiti da un pezzo... Ma non credo che nel 2019 ci possa essere un’amministrazione comunale capace di inventarsi una cosa del genere... C’è?»
A Massa sembrerebbe di sì...
«Di che partito è questo sindaco?»
Della Lega.
«E perché mai dovrebbe interessargli come mi vesto?»
Vuole combattere la prostituzione. E ritiene di sanzionare un tipo di «abbigliamento suscettibile di ingenerare la convinzione che» una persona «stia esercitando la prostituzione».
«Se è così fa bene. Lo approvo pienamente: è giusto fare di tutto per eliminare quei bordelli a cielo aperto che sono diventate le nostre strade, dove si vedono numeri impressionanti di sederi di fuori, seni all’aria in mezzo alla strada...»
Però il sindaco Francesco Persiani fa un passo più in là della semplice lotta alla prostituzione: se la prende con gli abiti che possono ingenerare il sospetto che...
«Fa un atto meritorio, che va a difendere proprio quelle donne, spesso immigrate, clandestine, schiave vittime delle tratte internazionali, che i buonisti di sinistra dicono di voler aiutare ma non lo fanno mai. Si occupano dei migranti solo quando devono sbarcare, ma poi lasciano le donne venute dall’Africa a soffrire la schiavitù sui marciapiede».
C’è chi ci vede troppi elementi di discrezionalità: si immagini un vigile urbano che passa per strada e deve giudicare la lunghezza di una gonna o di una scollatura...
«Scusi ma, se io andassi in giro per Massa con gli shorts e la scollatura, lei pensa che a qualche vigile urbano potrebbe venire in mente l’ipotesi che io stia battendo? Via, non travisiamo: l’ordinanza parla chiaro, non mi sembra equivocabile o interpretabile: comportamenti e abbigliamento di chi esercita la prostituzione sono evidenti. Il sindaco sta seguendo un principio giusto: quello di sconfiggere uno scempio che affligge sempre di più le nostre città e le nostre strade. Lui non sta facendo guerra all’abbigliamento discinto ma a dei comportamenti che vanno sanzionati».
Altri sindaci in questi anni hanno tentato la strada delle multe ai clienti. Con alterne fortune. «Vediamo sempre più spesso spettacoli indecorosi che prima di ogni cosa fanno del male proprio alle donne, sulle strade ormai c’è di tutto. E credo che un provvedimento come questo venga in aiuto principalmente alle donne che nella maggioranza dei casi, quando sono sulla strada, non sono più italiane, nove su dieci sono clandestine sfruttate».
Quindi è d’accordo su tutta la linea?
«Sono d’accordo a patto che a nessuno venga in mente di decidere come noi donne dobbiamo vestirci, altrimenti si torna al terribile dibattito di chi pensa che se ti metti dei jeans attillati e una maglietta trasparente e poi ti violentano vuol dire che te la sei andata a cercare».
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Il Comune fa un atto meritorio, che va a difendere proprio quelle donne, spesso immigrate, clandestine, schiave vittime delle tratte, che i buonisti di sinistra dicono di voler aiutare