UN BIVIO, ANZI UN TRIVIO
Tra false partenze, mezze retromarce e correzioni di tiro, tutto condito da una buona dose di veleno, la crisi politica si complica. Soprattutto sembra rendere difficile la vita ai partiti: nessuno dei protagonisti in campo ha finora scelto una linea univoca ma tutti sono attraversati al loro interno da posizioni contrastanti. Sembra quasi di essere in Toscana a dover decidere le sorti dell’aeroporto di Firenze, sulle quali nel Pd e nella Lega convivono visioni diametralmente opposte. Dalla soluzione della crisi di governo emergeranno tuttavia le fisionomie, compresa quella dei più enigmatici M5s, con cui forze politiche e coalizioni vi affronteranno le regionali del 2020. Unico segno finora visibile che accomuna i due principali contendenti sembra l’orientamento a costruire le proprie fortune partendo da territori e sindaci: la Lega schiera i suoi primi cittadini nella kermesse di Massa, il Pd vuole tutti i propri ed i «civici» di centrosinistra ad un meeting nella riconquistata Livorno, come ha annunciato Dario Nardella in una intervista ieri al Corriere della Sera. Ma il sindaco di Firenze va anche oltre e, nel rafforzare l’ipotesi di un governo istituzionale lanciata da Renzi, afferma chiaro e tondo, forse per la prima volta, che i Cinquestelle non sono il diavolo: al massimo un rospo da baciare per sbloccare una situazione del Paese che potrebbe diventare drammatica. E lo fa, ironia della sorte, nello stesso giorno in cui un importante esponente del suo partito, Carlo Calenda, dice esattamente l’opposto, minacciando di uscire da un Pd eventualmente dialogante con M5s per formare un suo movimento di ispirazione liberaldemocratica. Per adesso, appunto, una minaccia. Ma se ciò accadesse davvero c’è da immaginare che in Toscana questa ipotesi potrebbe contare su un consenso non indifferente: un partito del fare, chiuso ai populisti, in grado di attrarre fette importanti di settori produttivi, magari di origine moderata, che avevano subito la fascinazione di Matteo Renzi. Il quale mai come adesso rischia davvero grosso: se il suo progetto di governo istituzionale dovesse naufragare sugli scogli di nuove elezioni si troverebbe spiazzato nel suo Pd, dove il segretario Nicola Zingaretti ha scelto una linea quantomeno attendista, e fuori dal partito troverebbe, anche e soprattutto nella sua Toscana, il posto già occupato dal suo ex ministro per lo sviluppo economico.