Tarchi: ma ora non gli conviene lasciare il Pd Il centrodestra? È un relitto
Il politologo Tarchi: l’M5S ha già perso gli elettori delusi dalla sinistra un anno fa, ora ne perderà altri
Per loro fortuna nessuno dei protagonisti della crisi del governo Conte 1 e della nascita del Conte 2 è studente di Marco Tarchi. Perché il professore fiorentino di Scienza Politica li boccerebbe tutti o quasi. «I Cinque Stelle possono scordarsi il 32,7% ottenuto alle Politiche del 2018. E gli elettori toscani delusi dalla sinistra li hanno già persi alleandosi con la Lega un anno e mezzo fa». Il Pd? «L’idea di un’alleanza con il M5S anche alle Regionali farebbe storcere il naso a molti elettori». E il centrodestra? «È un relitto del passato, come Berlusconi».
Professor Tarchi, il Conte 2 si presenta alla Camera dei deputati lanciando l’idea di una «legislatura costituente». È realistico pensare che Pd e Cinque Stelle, che fino un mese e mezzo fa si combattevano duramente, possano aprire una stagione di riforme?
«Ne dubito fortemente, a meno che uno dei due alleati voglia convertirsi ai progetti e ai programmi dell’altro, dato le distanze molto marcate che sino ad oggi li hanno caratterizzati. Mi sembra molto più probabile che si cerchi di neutralizzare quanto più possibile i temi cruciali, cercando di volta in volta compromessi sulle questioni più urgenti che si presenteranno».
Il segretario del Pd Zingaretti vorrebbe tentare la strada dell’alleanza giallorossa anche alle Regionali. Tra i Democratici toscani c’è chi prospetta una sorta di patto di desistenza con i Cinque Stelle, che dal loro canto dicono no a qualunque accordo ma lasceranno la parola ai loro elettori in caso di ballottaggio. Secondo lei è possibile un accordo a «non farsi del male»?
«Come le vicende delle ultime settimane hanno ribadito, in politica tutto è possibile, anche ciò che pare assurdo. Tuttavia, di fronte a queste ipotesi di alleanze non conterebbero le scelte dei militanti — che, per forma mentis, fino a quando non sbattono la porta digeriscono ogni rospo — ma quelle degli elettori. Molti dei quali storcerebbero il naso».
Riprende quota l’ipotesi che Matteo Renzi crei gruppi parlamentari autonomi per poi lanciare una nuova forza politica. Su quali parole d’ordine punterà, a suo avviso?
«Ma gli converrebbe una mossa del genere nel momento in cui ha dimostrato di poter piegare Zingaretti ai suoi diktat e dietrofront? E la nuova forza politica a chi guarderebbe? A moderati orfani di Berlusconi. Come potrebbero digerire anche questo i Cinque Stelle?».
La scommessa di Renzi sembra contare molto anche su una legge elettorale più proporzionale, cosa a cui ha fatto cenno anche Conte nel suo discorso. L’idea è quello di fare il nuovo Bettino Craxi, come suggerisce qualcuno?
«Credo voglia solo fare il Renzi, che di Craxi non è meno ambizioso né arrogante. Certo, sarebbe bizzarro che il Pd accettasse oggi un ritorno al proporzionale, la cui denigrazione è una delle sue bandiere fin dalle origini».
I Cinque Stelle si sono presentati sulla scena politica come una forza antisistema, ma ora rischiano di passare come la costante del sistema: prima al governo con la Lega, poi col Pd. Eppure i sondaggi sembrano darli in risalita: come se lo spiega?
«Credo sia un effetto passeggero, una reazione di votanti del 2018 che non avevano digerito l’accordo con la Lega, in sintonia con i vari dissidenti che si sono manifestati nelle aule parlamentari. In prospettiva, o il M5S riuscirà a dare una sua decisiva impronta all’azione di governo, offuscando e costringendo in un angolo il Pd, o rischia di pagare molto cara questa scelta. In ogni caso, il 32,7% ottenuto un anno e mezzo fa resterà nei suoi annali. Per il futuro, se lo può scordare».
In Toscana i grillini hanno raccolto in passato molti elettori di sinistra scontenti. Ora col Conte bis questa loro «riserva» finirà?
«Molti li avevano già persi alleandosi con la Lega. Riconquistarli sarà comunque problematico, perché nell’elettorato che ancora si autodefinisce di sinistra il Pd non gode di grande considerazione e il sostegno di Leu può apparire una semplice foglia di fico».
Il centrodestra oggi si è diviso anche plasticamente. Fratelli d’Italia e Lega in piazza contro i giallorossi, Forza Italia no in nome dell’ «opposizione dura ma composta». La divaricazione è destinata ad aumentare o diminuire, visto che si avvicinano le Regionali umbre e poi dell’Emilia Romagna?
«Al di là dei fattori contingenti, che possono spingere a un ricompattamento di facciata a scopo esclusivamente strumentale — come conquistare o mantenere il governo di una Regione o di un Comune — il fossato è destinato ad approfondirsi. Ciò che resta di Forza Italia, a partire dai quadri dirigenti, è ormai molto più in sintonia con la componente renziana del Pd che con i «sovranisti» e i «populisti» che quotidianamente mette alla berlina. Il centrodestra è, come Berlusconi, un relitto del passato».
E in Toscana è più competitivo un centrodestra sovranista o quello vecchia maniera, col candidato moderato che guida una coalizione con sensibilità diverse, dalla destradestra ai liberali?
«Mi pare che le recenti Comunali fiorentine abbiano dato una risposta chiara: il moderatismo in salsa civica non ha capacità di coinvolgimento sufficiente per il potenziale elettorato anti-Pd. Tanto più che il recente ribaltone governativo potrebbe polarizzare e radicare il confronto».
Da Grosseto a Massa, alle Amministrative il centrodestra toscano ha candidato diversi sindaci civici. Può essere una strada anche per le Regionali?
«Non ne sarei affatto sicuro. Le Regionali sono elezioni più politicizzate delle Comunali: in ambito municipale gli argomenti più spiccioli e i rapporti personali con i candidati hanno un peso molto più forte. Su scala più ampia, contano anche i simboli e i progetti di ampio respiro».
L’ex rottamatore come Craxi? Credo che voglia fare solo se stesso... Bizzarro se i Democratici accettano il ritorno al proporzionale che hanno combattuto dall’inizio