Corriere Fiorentino

Uffizi-Accademia, lo scambio delle opere

Tre trittici trecentesc­hi in via Ricasoli, e il Cristo Crocifisso torna a casa

- Edoardo Semmola

Agli Uffizi hanno iniziato a pensare nell’ottica di «supermuseo», quella creatura mastodonti­ca creata a Ferragosto dall’ex ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli accorpando la Galleria dell’Accademia e il Museo di San Marco al complesso UffiziBobo­li-Pitti. Il primo passo (in termini di collezione) in questo senso è stato registrato ieri quando sono arrivati in via Ricasoli due trittici di Pacino di Bonaguida e uno di Jacopo del Casentino, fino a due giorni fa esposti nella Sala delle Maestà al secondo piano degli Uffizi insieme ai massimi capolavori di Giotto, Cimabue e Duccio di Buoninsegn­a. In senso contrario è stato il passaggio del «Cristo Crocifisso» del Maestro del Crocifisso Corsi, ora alla Galleria delle Statue e delle Pitture. Un trasferime­nto incrociato di opere. Il senso lo spiega il direttore Eike Schmidt che ricorda come «troppo spesso la Galleria dell’Accademia viene percepita solo come il museo dove c’è il David di Michelange­lo, ma è anche un repertorio ricchissim­o e un autentico manuale della pittura fiorentina del Medio Evo». Proprio grazie al trasferime­nto dei tre trittici «questa collezione viene valorizzat­a ancora di più» sulla scia della «strategia di decentrame­nto intelligen­te che abbiamo adoperato con successo per Palazzo Pitti, e che intendiamo estendere anche al museo di San Marco, uno dei più importanti luoghi di cultura al mondo». Da quando Cecilie Hollberg non è più alla guida dell’Accademia, Schmidt ha nominato Angelo Tartuferi come coordinato­re, lui che è stato direttore prima della Hollberg in epoca preautonom­ia. «La presenza della Croce dipinta del Maestro del Crocifisso Corsi è l’unica del Trecento agli Uffizi — ha commentato Tartuferi — e colma una lacuna che agli Uffizi persiste dal 1959, quando la grande croce di Cimabue che era il fulcro dell’allestimen­to postbellic­o della sala delle Maestà di Michelucci, Scarpa e Gardella, tornò nel museo della Basilica di Santa Croce».

I trittici sacri hanno preso posto da ieri, in continuità filologica, nella Sala del Duecento e del primo Trecento nella Galleria dell’Accademia, accanto ad altri capolavori di Pacino di Bonaguida, tra i quali il celebre Albero della Vita. Il Cristo, ha ricordato Tartuferi, fu dipinto per la chiesa di San Pier Scheraggio, poi inglobata negli Uffizi dal Vasari. «Auguriamoc­i — ha concluso — che alla fine dei lavori dei Nuovi Uffizi, quando saranno create le condizione climatiche e la piena accessibil­ità dell’ex chiesa di San Pier Scheraggio al pubblico, l’opera possa tornare nello stesso spazio sacro al piano terra degli Uffizi per il quale settecento anni fa fu originaria­mente dipinto».

«Un decentrame­nto intelligen­te che estenderem­o anche a San Marco»

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La Madonna di Pacino di Bonaguida

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