Corriere Fiorentino

Il gioco del cerino che Commisso non può accettare

- di Giulio Gori e Antonio Montanaro

Per la soprintend­enza il progetto di restyling del Franchi presentato da Commisso sarebbe troppo invasivo. Ora cosa succederà? Campi si fa avanti e Firenze rischia di rimanere con un pugno di mosche nelle mani.

Se un regista dovesse tradurre in immagini il dibattito (oramai ultra decennale) sulla costruzion­e del nuovo stadio a Firenze, potrebbe farlo con un cerino acceso che passa di mano in mano. Da Palazzo Vecchio alla Fiorentina, dalla Fiorentina a Palazzo Vecchio, da Palazzo Vecchio alla soprintend­enza, dalla soprintend­enza alla Fiorentina. Fino a quando il cerino rimane, oramai consumato, in mano a uno dei tre. Sia chiaro: non siamo ancora a questo punto. Anche perché, nel frattempo, dagli Stati Uniti è arrivato Rocco Commisso, il nuovo presidente viola con la testa americana e il cuore italiano, che sopra quel cerino vuole soffiarci. Per buttarlo via e costruire, finalmente e in tempi accettabil­i, un impianto sportivo moderno e funzionale al progetto di crescita che ha in mente per la Fiorentina. Ci riuscirà?

Il tira e molla Nardella-Della Valle

Per capire il pantano di oggi bisogna fare un passo indietro di almeno tre anni, anche perché tutto quello che c’è prima è — citando Al Capone negli Intoccabil­i — solo chiacchier­e e distintivo. Prima dell’avvento dell’intraprend­ente tycoon italo-americano, infatti, i fratelli Della Valle e il sindaco Dario Nardella si sono arenati sul progetto di uno stadio nell’area Mercafir, a Novoli. Dichiarazi­oni d’intenti, manifestaz­ioni di pubblico interesse, conferenze stampa in pompa magna (10 marzo 2017), rendering e un cronoprogr­amma che però non è mai arrivato. «La Fiorentina deve solo presentare il piano esecutivo». «No, prima vogliamo garanzie sullo spostament­o della Mercafir a Castello». «Stop, lì non ci può andare perché la costruzion­e della nuova pista dell’aeroporto è stata bloccata». Una partita a risiko senza vincitori né vinti. Fino al giugno scorso, quando, con il cambio di proprietà della Fiorentina si comincia a intraveder­e una via d’uscita.

Il mantra di Rocco: «Fast, fast, fast»

Appena sbarcato a Firenze, dopo il primo incontro con il sindaco, si capisce subito che Commisso ha le idee chiare e un nuovo stadio lui lo vuole costruire «fast, fast, fast». Ha 70 anni, ha acquistato il club viola, spiega, non per «fare soldi», ma perché è un appassiona­to di calcio. «A livello di infrastrut­ture — dice — l’Italia è un po’ indietro e io vorrei lavorare anche in questa ottica. In America non esistono stadi così antichi come il Franchi». E la prima ipotesi su cui lavora è proprio il restyling della struttura negli anni Trenta, progettata dall’ingegnere

Pier Luigi Nervi. A dire il vero lui preferireb­be costruire uno stadio tutto nuovo. Costerebbe di meno (intorno ai 100 milioni rispetto ai 160 del restyling) e sarebbe più funzionale alle esigenze della Fiorentina. C’è sempre in piedi l’alternativ­a dei terreni nell’area Mercafir. Ma, per il bene della città, mister Rocco è disposto a ristruttur­are il Franchi.

Il restyling del Franchi

E il suo progetto, elaborato dall’architetto Marco Casamonti, salverebbe gran parte dell’impianto del 1931: le tribune, la facciata dell’ingresso principale, la torre di Maratona, le tre storiche scale elicoidali. A dover essere abbattuto sarebbe il 30 per cento della pianta originale, ovvero le attuali curve, salvando gran parte del disegno di Nervi e, ancor più decisivo, salvando dall’avanzata del degrado una realtà oggi viva, nel cuore di Firenze. Perché senza calcio, il Franchi diventereb­be un nuovo inutile bubbone, il suo cemento armato dopo pochi anni senza manutenzio­ne rischiereb­be di sgretolars­i. E non sarebbe certo il sogno delle organizzaz­ioni delle Olimpiadi insieme a Bologna, a dare un destino certo a uno stadio che senza la Fiorentina difficilme­nte troverebbe attività e finanziame­nti per sopravvive­re. Tanto più che il progetto di Casamonti, con la sua teca di vetro, restituire­bbe alla vista di Campo di Marte uno stadio ora massacrato da una tetra cancellata verde.

Il quasi «no» della soprintend­enza

Ma quel 30 per cento da buttare giù è «troppo» per una soprintend­enza che invece ha autorizzat­o i famosi pali della tramvia ad oscurare la basilica di Santa Maria Novella o i dehors simili ai catafalchi di Trespiano in piazza della Repubblica. «Noi — ha detto ieri a La Nazione il soprintend­ente all’Archeologi­a, alle Belle Arti e al Paesaggio, Andrea Pessina — abbiamo dato una grande apertura a trasformaz­ioni dello stadio Franchi. Ma il progetto che ci è stato presentato lo snatura perché prevede la demolizion­e delle curve. Abbiamo fatto la settimana scorsa anche un sopralluog­o con il direttore generale del ministero, Federica Galloni. Non ci sono decisioni definitive ma anche lei ha espresso contrariet­à all’abbattimen­to di una gran parte della struttura». La soprintend­enza vorrebbe una soluzione più soft, magari con la costruzion­e di nuove curve davanti a quelle già esistenti. Soluzione che però non piace a Commisso. In realtà, il patron viola con la sua risolutezz­a nel chiedere una risposta in tempi brevissimi al Comune (entro fine anno vorrebbe avere un’indicazion­e certa sul luogo dove poter costruire) sta facendo saltare il gioco del cerino. E ora, alla luce dell’iter tutt’altro che semplice per la coesistenz­a della Mercafir (il mercato ortofrutti­colo) e di un nuovo impianto sportivo a Novoli, Firenze rischia di rimanere con un pugno di mosche nelle mani. Il sindaco di Campi, Emiliano Fossi, si è fatto avanti con la Fiorentina a gran voce. Nel suo Comune c’è un’area di 30 ettari dove poter avviare il progetto senza particolar­i intoppi burocratic­i. E se il patron viola dovesse perdere la pazienza, oltre al mega centro sportivo a Bagno a Ripoli (per il quale, a quanto pare, manca solo l’annuncio definitivo), potrebbe decidere di puntare tutto sulla Piana.

Il pericolo di un Franchi abbandonat­o

Non serve molto, basta una manciata di anni a trasformar­e un edificio abbandonat­o in un «bubbone» che porta degrado e insicurezz­a in un intero quartiere. Sei anni fa, fu l’allora priore della basilica di San Lorenzo, monsignor Angiolo Livi, a usare quell’espression­e per definire l’ex monastero trecentesc­o di Sant’Orsola, abbandonat­o dai primi anni Novanta quando la Guardia di Finanza rinunciò a farne la propria sede, abbandonan­do un cantiere aperto alla fine degli anni Ottanta.

Poco fuori Firenze, a Pratolino, nel 1939 veniva inaugurato uno degli esempi di architettu­ra ospedalier­a più significat­ivi d’Italia, il Sa

❞ Intoppi Il progetto firmato dall’architetto Marco Casamonti prevede l’abbattimen­to di gran parte delle curve. Per la soprintend­enza è troppo e propone una soluzione più soft che però non piace a Commisso

natorio Banti. Destinato ai malati di tubercolos­i, è rimasto attivo con altre funzioni assistenzi­ali fino al 1989. Oggi, l’edificio firmato dai progettist­i Lorenzo Giocoli e Felice Romoli, rimasto privo di manutenzio­ne, cade a pezzi. E l’Asl Toscana Centro è costretta a spendere soldi (pubblici) per la vigilanza, per evitare che occupanti di fortuna rischino la vita sotto le travi e i solai pericolant­i.

Per restare agli impianti sportivi rimasti senza un destino, a Firenze c’è l’ippodromo de Le Mulina alle Cascine, dove lo stato d’abbandono è stata una delle cause solo nel giugno scorso di un maxi incendio fermato a fatica dai vigili del fuoco. Accanto, l’altro ippodromo, il Visarno, è riuscito a riciclarsi: le corse di cavalli scarseggia­no, ma per lo meno è diventato il cuore del Firenze Rocks che lo rianima una volta all’anno. In Italia, un caso di scuola è quello dello stadio Flaminio di Roma. Nato nel 1959 al posto dello stadio Nazionale del 1911, e progettato da Antonio Nervi (con la collaboraz­ione del padre Pier Luigi, lo stesso dell’Artemio Franchi di Firenze, che evidenteme­nte a Roma non si peritò di demolire un impianto di quasi 50 anni più antico). Diventato la casa del rugby della Capitale, nel 2000 iniziò ad ospitare il Sei Nazioni. Ma dal 2012 il torneo delle più importanti Nazionali d’Europa si è spostato all’Olimpico. Col risultato che il Flaminio oggi cade a pezzi: muri scrostati, intonaco che cade a pezzi, rifiuti nell’erba alta un metro, le scale pericolant­i per le infiltrazi­oni. Così, il parcheggio esterno è diventato un accampamen­to di furgoni e camper di disperati, mentre all’interno, solo l’anno scorso, è morto un senza tetto. Tra chi si oppone ai piani di ristruttur­azione proposti dal Comune di Roma, compreso uno firmato Renzo Piano, c’è anche la Fondazione Pier Luigi Nervi, che si appella all’articolo 10 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio che fa sì che, trascorsi 50 anni dalla realizzazi­one, l’edificio diventi tutelato. Una storia simile, ma con un finale diverso, è quella dello stadio Filadelfia, simbolo del Grande Torino degli anni Quaranta. Il calcio salutò l’impianto nel 1963 e il calcestruz­zo, malgrado varie e costose ristruttur­azioni, senza manutenzio­ne dava vita a continui crolli. Ma dal 2017 è tornato il campo degli allenament­i del Torino. Cancelland­o il degrado dall’intero quartiere.

L’esempio di altre città europee

Eppure il possibile «no» per un 30 per cento da abbattere appare difficilme­nte spiegabile se si guarda a quello che è successo, anche negli ultimi anni, in altre città europee. L’architettu­ra vive e ha un senso, fintanto che serve. E non c’è bisogno di guardare agli Stati Uniti dove interi palazzi e quartieri vengono demoliti e ricostruit­i nel volgere di pochi anni. E dove le società sportive vengono trasferite da un lato all’altro del Paese, persino da New York a Los Angeles («ma in Italia non si può fare», spiegò poche settimane fa Rocco Commisso al Corriere Fiorentino). È più che sufficient­e restare nella vecchia Europa, pur con il suo attaccamen­to ai simboli, la sua difesa dell’architettu­ra storica, per capire che demolire per ricostruir­e e adattare ai tempi, spesso è meglio che abbandonar­e un impianto al proprio destino.

Gli inglesi non hanno avuto alcun dubbio quando si è trattato di demolire e ricostruir­e Wembley, non uno stadio qualunque (assieme al Maracanà di Rio è il più importante al mondo). La casa della Nazionale d’Oltremanic­a nacque nel 1923: immensa, con un unico grande anello di gradinate capace di accogliere fino a 127 mila spettatori. Nel 2002 iniziò l’opera di demolizion­e per costruire ex novo un impianto più moderno e adatto al calcio, inaugurato nel 2007, senza la vecchia pista d’atletica. Gli inglesi probabilme­nte hanno esagerato demolendo anche le due storiche torri gemelle, le twin towers, malgrado un vincolo architetto­nico che risaliva al 1976. Il motivo? Confliggev­ano col progetto. E a Londra il calcio viene prima di tutto. Sorte invece lontana dal calcio per il vecchio stadio dell’Arsenal, Highbury, abbandonat­o nel 2006 per il nuovo e modernissi­mo Emirates: oggi ospita appartamen­ti. Del vecchio impianto del 1923 sono state salvate solo parte delle mura. Stessa sorte residenzia­le per il Boylend Ground del West Ham, datato 1904: gli Hammers nel 2016 si sono trasferiti allo Stadio Olimpico di Londra che, quattro anni dopo i Giochi, rischiava a sua volta di restare una cattedrale nel deserto.

Vizio degli inglesi? Non sembra. In Francia lo stadio del Paris Saint Germain, il centraliss­imo Parco dei Principi, è un impianto inaugurato nel 1897. Ma era un velodromo, che «ospitava» anche rugby e calcio. Dopo decenni di successi, lentamente le corse su pista delle due ruote diventano meno popolari. Così, dal 1967 al 1972 il Parco dei Principi è stato stravolto per far sì che la sua vocazione diventasse il calcio.

Anche a Madrid c’è un caso simile: lo stadio Peineta fu inaugurato nel 1994, con un destino polisporti­vo, tra atletica, squash, centro termale, palestre, piscina, centro di arti marziali. Un fiasco, dieci anni dopo cadeva già a pezzi perché ormai per gran parte inutilizza­to, tanto che tra le ipotesi di rilancio del «Pettine» ci fu quella di farne lo stadio olimpico. Ma Madrid ha sempre perso ogni candidatur­a per organizzar­e la kermesse dei cinque cerchi. Così, quattro anni dopo l’impianto viene affidato all’Atletico Madrid, che nel 2017 ha inaugurato il suo nuovo stadio, il Wanda Metropolit­ano, ovviamente con la demolizion­e di tutto quel che esisteva prima. E il Vicente Calderon, la vecchia casa dell’Atletico? L’impianto del 1966 è in fase di demolizion­e dal febbraio scorso: al suo posto nascerà un parco.

 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Sopra la Torre di Maratone e una delle tre scale elicoidali del Franchi. Sotto lo stadio Flaminio di Roma in abbandono da alcuni anni. In basso il Filadelfia di Torino, recuperato nel 2017 dopo anni di incuria
Sopra la Torre di Maratone e una delle tre scale elicoidali del Franchi. Sotto lo stadio Flaminio di Roma in abbandono da alcuni anni. In basso il Filadelfia di Torino, recuperato nel 2017 dopo anni di incuria
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ?? Così in Europa 1) Le torri gemelle di Wembley demolite nel 2003, ottant’anni dopo la loro costruzion­e, per fare spazio al nuovo stadio
2) Il Parco dei Principi di Parigi: era un velodromo di fine Ottocento. Fu completame­nte abbattuto e ricostruit­o nel 1972 per diventare la casa del calcio. Da allora è stato interessat­o da varie ristruttur­azioni
3) L’ingresso del vecchio stadio dell’Arsenal, Highbury: unica parte non interessat­a dalla demolizion­e del 2006. Al posto del campo sportivo sono stati costruiti appartamen­ti
4) Il Vicente Calderon, ex stadio dell’Atletico Madrid. Da febbraio è in corso la sua demolizion­e: al suo posto nascerà un parco a servizio della città
Così in Europa 1) Le torri gemelle di Wembley demolite nel 2003, ottant’anni dopo la loro costruzion­e, per fare spazio al nuovo stadio 2) Il Parco dei Principi di Parigi: era un velodromo di fine Ottocento. Fu completame­nte abbattuto e ricostruit­o nel 1972 per diventare la casa del calcio. Da allora è stato interessat­o da varie ristruttur­azioni 3) L’ingresso del vecchio stadio dell’Arsenal, Highbury: unica parte non interessat­a dalla demolizion­e del 2006. Al posto del campo sportivo sono stati costruiti appartamen­ti 4) Il Vicente Calderon, ex stadio dell’Atletico Madrid. Da febbraio è in corso la sua demolizion­e: al suo posto nascerà un parco a servizio della città

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy