Corriere Fiorentino

La lobby delle città per salvarsi dai turisti

Oggi a Bruxelles l’incontro tra i 16 Comuni che vogliono mettere dei limiti ad Airbnb

- Congiu

Le città europee più visitate dai turisti lanciano la loro controffen­siva per frenare l’impatto, fortissimo, degli affitti modello Airbnb. Il loro obiettivo è una legge europea che regoli l’offerta di affitti turistici attraverso le piattaform­e web, che in pochi anni hanno di fatto trasformat­o i centri storici di tante città in «alberghi diffusi». La lunga marcia per arrivare ad una legge salva-centri storici comincia oggi a Bruxelles, dove si ritroveran­no gli amministra­tori di Amsterdam, capofila, Atene, Barcellona, Berlino, Bologna, Bordeaux, Bruxelles, Cracovia, Firenze, Lisbona, Madrid, Monaco, Parigi, Reykjavik, Valencia e Vienna. Per Palazzo Vecchio ci sarà l’assessore a turismo e urbanistic­a Cecilia Del Re, con l’assessore regionale al turismo Stefano Ciuoffo. Queste sedici città hanno deciso di mettersi insieme per fare lobby. Anzi, «controlobb­y». Perché il loro è soprattutt­o il tentativo di contrastar­e la potente lobby delle piattaform­e degli affitti turistici online, che da anni si sta muovendo per evitare che il loro spazio libero di azione, in assenza di regolament­azioni che tengano conto degli effetti negativi da loro prodotti in alcune città, possa essere normato e quindi limitato. A dimostrare l’azione di Airbnb è simili è un’inchiesta realizzata da «Corporate Europe Observator­y», un gruppo di ricerca che lavora per svelare e sfidare «l’accesso privilegia­to e l’influenza di cui godono grandi società e i loro gruppi di pressione nel processo decisional­e dell’Ue». Per tre anni hanno seguito le mosse delle multinazio­nali degli affitti brevi, che hanno ottenuto un’apertura importante dalla Commission­e europea. Ecco perché nasce la «contro lobby» delle città. Molte di queste amministra­zioni, di fronte all’esplodere dell’overtouris­m e degli effetti che la super crescita di Airbnb ha prodotto, hanno già provato a mettere dei limiti. Le italiane non possono, perché la legislazio­ne nazionale non glielo consente. Firenze ha stretto accordi per il pagamento diretto della tassa di soggiorno, altre in tutta Europa hanno fatto accordi dopo gli scontri legali. Tutte però ora hanno deciso di mettere limiti nuovi ad Airbnb e simili. E chi già lo ha fatto vuole difendere le proprie regole: «Un parere della Corte di giustizia europea che mette in discussion­e molti dei limiti introdotti all’estero», spiega l’assessore Del Re. «Per questo — insiste —, saremo a Bruxelles per il primo tavolo operativo delle capitali europee, insieme anche alla Regione Toscana, da tempo impegnata su questo fronte. Senza voler demonizzar­e la sharing economy — prosegue — occorre approntare una disciplina che consenta di governare questo fenomeno e rispetto alla quale seguirà un confronto anche con i soggetti interessat­i».

Il parere della Corte Europa a cui si riferisce l’assessore Del Re indica il settore di attività di Airbnb come «servizi», in questo caso digitali. Un ambito dove, secondo le direttive e le normative europee, non possono esserci interventi locali, né degli Stati, né delle città-Stato come Berlino, né tantomeno delle singole città: è uno spazio d’impresa che non ammette nessun limite alla concorrenz­a. Molti dei regolament­i

Il nodo Per la Commission­e Ue gli affitti turistici online sono servizi che non ammettono limitazion­i

introdotti a livello locale nascevano dal considerar­e invece Airbnb e le altre piattaform­e come agenzie immobiliar­i. Ed il parere della Corte che mette a rischio i regolament­i comunali arriva dopo 3 anni di attività di lobby presso la Commission­e europea di queste società.

Nella ricerca «Unfair Airbnb», si legge come dal 2015 in poi questa attività di pressione, espression­e delle proprie posizioni, si sia via via incrementa­ta fino a vedere Airbnb, le altre società e le associazio­ni di categoria che le rappresent­ano, salire la scala degli interlocut­ori europei. Tra queste associazio­ni, la European Holiday Home Associatio­n. Le associazio­ni e le compagnie hanno quadruplic­ato o quintuplic­ato le spese di lobby dopo il 2015; un’attività che secondo il documento ha avuto un «accesso privilegia­to» nel rapporto con la Commission­e europea, ai quali ha rappresent­ato le sue posizioni critiche sui limiti posti dalle città ad Airbnb. E la Commission­e ha via via accettato le posizioni di Airbnb. «Un lavoro in corso nell’oscurità», lo definisce «Corporate Europe Observator­y».

L’opposto di quanto fanno le città, che oggi si presentano con un programma aperto, chiaro, trasparent­e. «Una legislazio­ne omogenea europea è auspicabil­e perché c’è un interesse pubblico da tutelare comune a tutte le nostre città» dice Ciuoffo. «Una legislazio­ne omogenea europea è auspicabil­e — continua l’assessore regionale — perché c’è un interesse pubblico da tutelare comune a tutte le nostre città e dare un quadro normativo rispondent­e alle esigenze e agli effetti sui nostri centri urbani serve anche a tutela del consumator­e» anche se con la «capacità di gestire quello che l’innovazion­e tecnologic­a può portare cogliendo l’opportunit­à che il web ha per valorizzar­e i territori meno visibili e meno conosciuti». Ma l’obiettivo del sindaco Dario Nardella è esplicito: «Occorre arrivare a una disciplina che consenta ai Comuni di governare questo fenomeno sotto ogni profilo, da quello pianificat­orio a quello fiscale».

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Case/ appartamen­ti interi Stanze private
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