Corriere Fiorentino

NON C’È CONFLITTO TRA SCUOLA E PIAZZA

- Di Mario Lancisi

Scendono in piazza, i nostri ragazzi. Per cambiare le politiche sul clima, per assicurare un futuro alle loro vite così fragili e al nostro pianeta a rischio estinzione. C’è chi li accusa e li irride di essere troppo apocalitti­ci.

Ma il ghiacciaio del monte Bianco che potrebbe sgretolars­i per il caldo come un ghiacciolo nell’afa estiva è la riprova del loro sguardo lungo.

Lo chiamano sciopero per il clima, i nostri ragazzi. Sciopero, non manifestaz­ione, ad indicare un conflitto e un j’accuse contro le generazion­i dei padri e dei nonni che forse non hanno saputo costruire uno sviluppo economico nel rispetto dell’ambiente. Mica facile però perché, come osservava ieri Gaspare Polizzi nel suo editoriale, siamo spesso portati a declamare le pubbliche virtù ecologiche, salvo poi perderci nei vizi privati del nostro stile di vita.

Ecco perché oggi sarebbe bello vedere in piazza con i nostri ragazzi anche i loro insegnanti perché non c’è lezione più grande della coerenza e dell’impegno individual­e a cambiare il mondo in cui viviamo. A cominciare, appunto, dai piccoli, ordinari gesti quotidiani.

E invece si è voluto contrappor­re la scuola alla piazza secondo una dicotomia che alla prima attribuisc­e il ruolo sacro della custodia del sapere e alla seconda quello dei conflitti sociali. A scuola si impara, in piazza si protesta. Strana contrappos­izione in una terra, Firenze e la Toscana, che ha vissuto esperienze pedagogich­e di avanguardi­a — da Ernesto Codignola a don Lorenzo Milani — in cui la scuola è stata concepita come luogo aperto alla «piazza», alla società e ai suoi conflitti. I viaggi degli studenti all’estero, la lettura in classe del giornale e i rapporti tra scuola e lavoro cosa sono se non i percorsi in cui il sapere esplora territori nuovi, che vanno oltre i programmi ministeria­li?

E il clima è una frontiera che un po’ tutti i saperi comprende e interpella. Dalla geografia alla storia. Dalle lingue all’ecologia. Dalla chimica alla biologia. Quale migliore occasione allora di trasformar­e lo sciopero per il clima in una proficua contaminaz­ione tra scuola e piazza.

Tuttavia non si può non cogliere anche i rischi in agguato. Quello di trasformar­e innanzitut­to lo sciopero in un giorno di vacanza dalla scuola. È il rischio che molti insegnanti, e non a torto, temono. L’altro pericolo viene dalla strumental­izzazione politica del movimento di questi ragazzi che si riconoscon­o in Greta. Non tarpiamo loro le ali dell’innocenza, di osare anche l’impossibil­e, ma con i loro passi. Amiamoli nei loro sogni e anche negli errori. Che siano però i loro, non quelli degli avvoltoi politici di turno.

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