Corriere Fiorentino

«Io e Davide, morto come dj Fabo»

Dopo la sentenza della Consulta sul fine vita, parla il dottore dell’ex barista di Massa

- D’Angelo

Ha conservato fino a oggi la cartella di Davide Trentini. Perché, racconta il suo medico Massimo Angelotti, «un paziente così lo si conosce una sola volta nella vita». Davide nel 2017 scelse il suicidio assistito in Svizzera, come dj Fabo sul cui caso si è espressa l’altro giorno la Consulta con una sentenza storica. «Cercavo di fargli avere fiducia nella terapia — dice il medico — ma mentivo, in realtà avrei voluto dirgli: vai via di qui».

Ha conservato fino a MASSA oggi la cartella di Davide Trentini, che dentro racchiude anni di sofferenze, di cure, di speranze e di incontri. Perché, racconta il suo medico Massimo Angelotti, «un paziente così lo si conosce una sola volta nella vita. Un ragazzo d’oro, che mi ha aiutato più di quanto io abbia aiutato lui». A poche ore dalla sentenza della Corte Costituzio­nale sul caso Cappato-dj Fabo, secondo cui «non è punibile chi agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomame­nte e liberament­e formatosi, di un paziente», il dottor Angelotti ricorda quel periodo della sua carriera in cui Davide Trentini, ex barista di Massa, malato di sclerosi multipla dal 1993, era diventato un suo paziente. Trentini poi morì nel 2017 in Svizzera con il suicidio assistito. «Ero il medico di famiglia, li ricevevo in ambulatori­o, finché Davide ha potuto muoversi, poi andavo io a casa loro per visitarlo. La madre invece si recava spesso da me per le prescrizio­ni dei farmaci. Antidolori­fici, cannabis terapeutic­a, per lo più. Almeno gli ultime mesi. Da Davide ho imparato molto nel tempo — racconta Angelotti — lezioni di vita, e anche di morte se vogliamo. Una morte dignitosa, come l’ha sempre sognata. Ha tentato di vivere finché non ha capito che quella non era più vita, finché non ha capito che non riusciva più a controllar­e nulla di sé».

Il rapporto tra Davide e il dottor Angelotti si consolida anche grazie al carattere di Trentini, un uomo brillante fino all’ultimo, ironico, autoironic­o, connesso, mai spento: «Riusciva a fare battute sulla sua condizione fisica anche quando stava più male. Rideva degli effetti collateral­i dei farmaci, della cannabis in bustina, che non bastava più. Mi diceva che voleva morire e io lo capivo. Ero d’accordo con lui, ma non glielo ho mai detto. Ho fatto sempre il bravo dottore con lui. Gli ho dato speranza nella terapia che stava seguendo, gli dicevo che aveva ancora il cervello intatto, che la malattia non lo aveva cambiato e che poteva continuare a vivere. Mentivo, perché avrei voluto dirgli “vai via da qui, esci dalle tue sofferenze”. E non mentii per rispettare il giuramento di Ippocrate, ma perché sapevo che in quel momento dargli ancora speranza era il mio unico compito». La non-vita di Davide Trentini era costellata di sofferenza atroci, dice il medico, 24 ore al giorno. «Soffriva, lo vedevo. I farmaci non facevano quasi più nulla. Gli ultimi mesi non aveva praticamen­te più bisogno di me neanche come mero prescritto­re di ricette. Mi rivelò di essere molto in collera con la famiglia, perché non volevano aiutarlo a trovare i soldi per la Svizzera. Quando riuscì a mettersi in contatto con l’associazio­ne di Cappato e Mina Welby, mi disse che morire era il regalo più bello che in quel momento la vita poteva fargli. Il giorno in cui morì ne avevano parlato tutti i telegiorna­li, la foto di Davide era su tutti i siti, ma la madre mi telefonò per darmi la notizia; mi fece molta tenerezza: le dissi “Maria lo sa tutto il mondo di Davide” ma lei non se ne era resa conto. Per lei era morto un figlio, dal clamore esterno non fu neanche sfiorata».

E oggi arriva la sentenza della Corte Costituzio­nale sul caso dj Fabo e il dottor Angelotti pensa che sia un grande passo di civiltà: «Nessuno potrà mai impedire che un altro uomo si suicidi, gettandosi da un ponte, impiccando­si o sparandosi. Se un uomo vuole morire davvero, il modo lo troverà sempre. Forse una nuova legge sulla regolarizz­azione del suicidio assistito permetterà di intercetta­re tante di queste persone e magari permetterà di convincerl­e a cambiare idea. Oppure moriranno come desiderano, ma in maniera più dignitosa, meno dolorosa e più umana»

Tormento Cercavo di fargli avere fiducia nella terapia, ma mentivo: gli avrei voluto dire vai via da qui

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Davide Trentini che nel 2017 scelse il suicidio assistito in Svizzera
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 ??  ?? Sopra Davide Trentini poco prima di morire in Svizzera Nella foto piccola il dottor Massimo Angelotti
Sopra Davide Trentini poco prima di morire in Svizzera Nella foto piccola il dottor Massimo Angelotti

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