E il colosso californiano prova a rompere il fronte «Patti modello Firenze»
La società apre al codice identificativo e all’accesso ai dati finanziari
Le città cominciano la loro battaglia e dal fronte Airbnb arriva subito la contromossa, che chiama in causa direttamente Firenze. La multinazionale californiana degli affitti turistici online non è rimasta a guardare e — mentre l’incontro tra i Comuni che chiedono una maggiore regolamentazione del fenomeno era ancora in corso — ha rilanciato cercando di rompere il fronte di Bruxelles, proponendo il «modello Firenze», ossia una collaborazione con le istituzioni cittadine (Firenze è stata la prima città d’Italia con cui Airbnb ha firmato un accordo per il pagamento diretto della tassa di soggiorno). In attesa «dei lunghi tempi della Commissione europea» scrive la responsabile dei rapporti istituzionali di Airbnb Iolanda Romano, sarà proposto un nuovo patto, che non prevede solo la riscossione diretta della tassa di soggiorno, ma anche una collaborazione con le attività artigianali (come a Firenze, dove vengono proposti viaggi tra le botteghe del centro) e le autorità locali. Per la prima volta il colosso Usa si dice disposto anche a rendere noti i propri dati al ministero delle Finanze. «Siamo l’unica piattaforma a lavorare a quattro mani con le autorità per far sì che la crescita del turismo in Italia sia sostenibile. Il caso di Firenze, dall’imposta di soggiorno al sostegno per l’artigianato autentico, è emblematico e dimostra che si può fare molto a livello locale, senza aspettare i tempi dell’Europa, ma ascoltando i cittadini». Tutte le proposte saranno presentate a Firenze in un incontro tra gli «host», chi affitta su Airbnb, i cittadini e le istituzioni «di Firenze di tante altre città italiane, il prossimo 16 novembre». C’è anche un messaggio alla Regione: «Siamo favorevoli al codice identificativo unico nazionale della ricettività», quello introdotto dalla legge dell’assessore Stefano Ciuoffo. Poi Romano snocciola i dati economici ottenuti da Firenze con i turisti ospitati negli oltre 13 mila appartamenti in città: 790.000 viaggiatori nel 2018, 445 milioni di euro di impatto economico, arrivi aumentati nel 2019 già dell’11% con una permanenza media di 3,3 notti.
Un’accelerata, quella di Airbnb nel cercare un accordo con le città, che al momento riguarda solo l’Italia, arrivata dopo l’incontro di Bruxelles ma anche dopo 4 anni in cui l’attività di lobby della multinazionale con le istituzioni europee è stata proficua. Lo dimostra la ricerca «Unfair Airbnb» del Corporate European Observatory: il colosso Usa è riuscito a far sì che le città rischino di non poter più emettere regolamenti e divieti per contrastare gli impatti negativi sulla sostenibilità del mercato immobiliare e la vivibilità delle città.
In tutto questo c’è però anche il Parlamento europeo, che nella relazione sull’economia collaborativa (sharing economy) pur apprezzando gli aspetti positivi per le opportunità di sviluppo, aveva chiesto attenzione all’impatto sulle piccole imprese, ai settori tradizionali, alle condizioni sociali delle città, agli aspetti fiscali. «Ad oggi, non vedo novità» spiega l’europarlamentare Nicola Danti (Pd), che di quel documento è stato relatore.
Se si è arrivati alla costruzione di questo fronte, ed alla partecipazione di Firenze,
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Incontreremo le città italiane a Firenze il prossimo 16 novembre
merito va dato anche alle attività dei residenti e dei cittadini che in tutta Europa si stanno mobilitando. La richiesta che anche Firenze aderisse alla rete delle città che chiedono regole europee è arrivata anche dall’Associazione Progetto Firenze. «È bene — scrive Grazia Galli dell’associazione — che ora che dalle parole si passi ai fatti, attraverso un’intelligente e adeguata pianificazione amministrativa a tutela della residenza, dell’economia del territorio».