Corriere Fiorentino

I vescovi: è la vittoria dell’egoismo Il File: svolta storica

- Mauro Bonciani

La sentenza della Corte Costituzio­nale sul fine vita è stata ieri al centro delle riflession­i dei cattolici, e non solo. La voce della Chiesa è arrivata attraverso la Cei — «Si creano i presuppost­i per una cultura della morte in cui la società perde il lume della ragione», ha detto il segretario generale della Conferenza dei vescovi italiani, monsignor Stefano Russo che ha chiesto l’obiezione di coscienza da parte dei medici — e nelle parole del cardinale e arcivescov­o di Firenze, Giuseppe Betori, e del vescovo di Fiesole, Mario Meini. «La preoccupaz­ione maggiore è relativa alla spinta culturale implicita che può derivarne per i soggetti sofferenti, nel ritenere che chiedere di porre fine alla propria esistenza sia una scelta di dignità — ha detto Meini — Si può e si deve respingere la tentazione, indotta anche da mutamenti legislativ­i, di usare la medicina per assecondar­e una possibile volontà di morte, fornendo assistenza al suicidio o causandone direttamen­te la morte con l’eutanasia». Mentre il cardinale Betori, durante l’intervento di presentazi­one dei dati della Caritas sulla povertà a Firenze, ha affermato, riferendos­i alla Consulta: «È importante la cultura dell’amore che illumina la carità, una cultura che ci aiuti a superare la tendenza egoistica che oggi è diventata la tendenza culturale dominante, che esalta l’autonomia dell’individuo, unico “verbo” diffuso in mille modi come si è viso anche ieri». Sul tema si è interrogat­o padre Ennio Brovedani, gesuita, presidente della fiorentina Fondazione Stensen, che punta sul dialogo ed i confronto con chi appoggia l’eutanasia . «Nel dibattito sul possibile riconoscim­ento di un diritto all’eutanasia si trovano a confronto due posizioni contrappos­te. La prima posizione, generalmen­te sostenuta dalle grandi tradizioni religiose e spirituali, si fonda sul principio del rispetto della dignità del paziente, filosofica­mente e teologicam­ente intesa come “valore intrinseco di ogni essere umano”. La seconda posizione ritiene che il “morire con dignità” implichi un diritto che deve essere riconosciu­to a chi ne fa richiesta o ha lasciato disposizio­ni in merito. Il problema politico, però, non risiede tanto nel prendere posizione rispetto a queste due concezioni — sottolinea Brovedani — occorre sforzarsi di trovare dei compromess­i accettabil­i, che tengano conto di tutte le possibili implicazio­ni e consentano una gestione del “morire” rispettosa della dignità del paziente e dei valori propri della comunità di appartenen­za. Un compito questo che rappresent­a una delicata sfida politica per i prossimi anni». Per Donatella Carmi, fondatrice e presidente di File, Fondazione Italiana Leniterapi­a, «si tratta di sentenza storica, con i giudici supplenti dei politici». «Adesso — aggiunge Carmi — salta quel discrimine umano ed economico che c’era tra coloro che potevano attuare il suicidio assistito all’estero e quelli che nelle loro case, nei nostri ospedali sono incatenati a condizioni da loro ritenuti intollerab­ili».

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Giuseppe Betori
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Donatella Carmi

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