«Io non sono nessuno» Un pranzo alla mensa in Santissima Annunziata
Chi ha perso il lavoro, chi è appena arrivato
«Io non sono nessuno, perché vuoi parlare con me? Non ho niente di interessante da dire. E non aspettarti di meglio dagli altri, questo è tutto quello che puoi trovare qua: gente che arriva, mangia e se ne va».
Bisogna arrivare con la tessera mezz’ora prima delle 12, quando si comincia a servire ai tavoli. Giovedì 26 settembre ci sono pasta al ragù, roastbeef, patate fritte, insalata, due fette di formaggio, frutta. Niente caffè, sembra di capire dalla discussione di due signori anziani che contano le monete fuori dalla mensa: «Dove dici tu lo fanno male, andiamo al bar là in fondo. Muoviamoci».
Usciti dal civico 2 di piazza Santissima Annunziata vanno tutti di fretta. La pausa pranzo alla Caritas dura meno di un’ora, come altre nei dintorni. Pochissimi hanno voglia di fermarsi a fare due chiacchiere: aveva ragione il signore che diceva di «non essere nessuno». Però mentiva su se stesso, si chiama Eduard e ha 64 anni: «Vengo qui e mangio quello che c’è perché non ho soldi, è molto semplice, che ti aspettavi?», ride e si scioglie un po’ («Va bene se parlo in inglese?»). Quindi racconta: «Non so ancora bene la lingua perché sono qua da 11 mesi, ma vengo dalla Transilvania e imparerò presto, l’italiano è molto simile al rumeno». Eduard si è trasferito quando ha chiuso l’azienda per cui lavorava in Germania: «Cercavo posto per fare il mio mestiere, il ceramista, all’inizio a Montelupo Fiorentino, ma non ho trovato niente. Adoro Firenze ma qui non è andata meglio, la burocrazia è il grande freno d’Europa». Per lui è ancora più complesso, perché non riesce a ottenere la residenza: «Continuano a dirmi di aspettare, ma ormai alla mia età chi mi prende più? Vogliono solo giovani, e che abbiano esperienza. Una bella contraddizione».
Di giovani infatti se ne trovano parecchi anche alla mensa, stranieri e italiani, divisi equamente, spiegano i volontari. «Li ringrazio per il cibo che ci danno. Ma perché il Comune non si occupa piuttosto di trovare un lavoro a questi ragazzi? Uno qualsiasi, altrimenti continueranno ad arrangiarsi a modo loro: questo scrivilo», insiste Eduard. Il tema del lavoro è un punto su cui si soffermano in molti, anche un padre tunisino di poco sopra i 40, che una settimana fa ha concluso la sua sostituzione estiva in un’azienda di facchinaggio: «Sono in Italia dal ’96, mio figlio ha 12 anni, e mi son sempre arrangiato da solo. Al centro per l’impiego al massimo riesco a fare la domanda per la disoccupazione». Alcuni arrivano alla mensa proprio da lì. L’ufficio chiude alle 12,30 e quindi fanno ritardo. Se suonano, però, gli viene portato almeno un sacchetto con qualche avanzo: pane e frutta, soprattutto. «Sono in Italia da 3 anni ma è la prima volta che vengo qui, non sapevo le regole», dice Soufian, marocchino di 33 anni («la stessa età di Dzeko, forza Roma»), che arriva quando ancora non è l’una. «Domattina vado a fare la tessera», continua. Poi glissa sulla questione lavoro mentre la sua amica, meno loquace, si allontana. Lui invece ci offre addirittura una mela dal sacchetto che gli è stato affidato. Per sé ha poco, rifiutiamo cortesemente, ma lui insiste. «Dai che te la tieni per dopo». Poi si ferma a chiacchierare.
E tutti gli altri dove se ne vanno? Eduard non ha dubbi: «A pescare sull’Arno. Non ci farò la cena per stasera, ma almeno sto lontano dal caos. Qui ci sono troppi turisti e non riesco a pensare». Ogni tanto trova qualche lavoretto di fortuna («e dire che parlo cinque lingue!»), ma non riesce a mettere via abbastanza soldi per fare ciò che vorrebbe: «In Italia mi ci ha portato la passione per l’impero romano. Ovviamente ne trovo un po’ anche qui, ma Roma non l’ho mai vista».
❞ Vengo qui e mangio quel che c’è perché non ho soldi È molto semplice, che storia ti aspettavi?