Corriere Fiorentino

«Io non sono nessuno» Un pranzo alla mensa in Santissima Annunziata

Chi ha perso il lavoro, chi è appena arrivato

- Di Riccardo Congiu

«Io non sono nessuno, perché vuoi parlare con me? Non ho niente di interessan­te da dire. E non aspettarti di meglio dagli altri, questo è tutto quello che puoi trovare qua: gente che arriva, mangia e se ne va».

Bisogna arrivare con la tessera mezz’ora prima delle 12, quando si comincia a servire ai tavoli. Giovedì 26 settembre ci sono pasta al ragù, roastbeef, patate fritte, insalata, due fette di formaggio, frutta. Niente caffè, sembra di capire dalla discussion­e di due signori anziani che contano le monete fuori dalla mensa: «Dove dici tu lo fanno male, andiamo al bar là in fondo. Muoviamoci».

Usciti dal civico 2 di piazza Santissima Annunziata vanno tutti di fretta. La pausa pranzo alla Caritas dura meno di un’ora, come altre nei dintorni. Pochissimi hanno voglia di fermarsi a fare due chiacchier­e: aveva ragione il signore che diceva di «non essere nessuno». Però mentiva su se stesso, si chiama Eduard e ha 64 anni: «Vengo qui e mangio quello che c’è perché non ho soldi, è molto semplice, che ti aspettavi?», ride e si scioglie un po’ («Va bene se parlo in inglese?»). Quindi racconta: «Non so ancora bene la lingua perché sono qua da 11 mesi, ma vengo dalla Transilvan­ia e imparerò presto, l’italiano è molto simile al rumeno». Eduard si è trasferito quando ha chiuso l’azienda per cui lavorava in Germania: «Cercavo posto per fare il mio mestiere, il ceramista, all’inizio a Montelupo Fiorentino, ma non ho trovato niente. Adoro Firenze ma qui non è andata meglio, la burocrazia è il grande freno d’Europa». Per lui è ancora più complesso, perché non riesce a ottenere la residenza: «Continuano a dirmi di aspettare, ma ormai alla mia età chi mi prende più? Vogliono solo giovani, e che abbiano esperienza. Una bella contraddiz­ione».

Di giovani infatti se ne trovano parecchi anche alla mensa, stranieri e italiani, divisi equamente, spiegano i volontari. «Li ringrazio per il cibo che ci danno. Ma perché il Comune non si occupa piuttosto di trovare un lavoro a questi ragazzi? Uno qualsiasi, altrimenti continuera­nno ad arrangiars­i a modo loro: questo scrivilo», insiste Eduard. Il tema del lavoro è un punto su cui si soffermano in molti, anche un padre tunisino di poco sopra i 40, che una settimana fa ha concluso la sua sostituzio­ne estiva in un’azienda di facchinagg­io: «Sono in Italia dal ’96, mio figlio ha 12 anni, e mi son sempre arrangiato da solo. Al centro per l’impiego al massimo riesco a fare la domanda per la disoccupaz­ione». Alcuni arrivano alla mensa proprio da lì. L’ufficio chiude alle 12,30 e quindi fanno ritardo. Se suonano, però, gli viene portato almeno un sacchetto con qualche avanzo: pane e frutta, soprattutt­o. «Sono in Italia da 3 anni ma è la prima volta che vengo qui, non sapevo le regole», dice Soufian, marocchino di 33 anni («la stessa età di Dzeko, forza Roma»), che arriva quando ancora non è l’una. «Domattina vado a fare la tessera», continua. Poi glissa sulla questione lavoro mentre la sua amica, meno loquace, si allontana. Lui invece ci offre addirittur­a una mela dal sacchetto che gli è stato affidato. Per sé ha poco, rifiutiamo cortesemen­te, ma lui insiste. «Dai che te la tieni per dopo». Poi si ferma a chiacchier­are.

E tutti gli altri dove se ne vanno? Eduard non ha dubbi: «A pescare sull’Arno. Non ci farò la cena per stasera, ma almeno sto lontano dal caos. Qui ci sono troppi turisti e non riesco a pensare». Ogni tanto trova qualche lavoretto di fortuna («e dire che parlo cinque lingue!»), ma non riesce a mettere via abbastanza soldi per fare ciò che vorrebbe: «In Italia mi ci ha portato la passione per l’impero romano. Ovviamente ne trovo un po’ anche qui, ma Roma non l’ho mai vista».

❞ Vengo qui e mangio quel che c’è perché non ho soldi È molto semplice, che storia ti aspettavi?

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