IL FILO (VIOLA) CHE LEGA STADIO E COMUNITÀ
❞ Anche quando la vita ci porta lontano, in tasca e nel cuore portiamo il nostro filo. Un filo viola, che raccoglie e rammenda i nostri ricordi, che ci accompagna, che ci fa riconoscere gli uni con gli altri, senza bisogno di parlare.
La prima volta al Comunale, quella sera, quasi cinquant’anni fa: le nostre maglie e quelle bianco verdi del Celtic. «Belle», dissi. Mio padre, sorpreso e severo, replicò subito: «Noi siamo quelli viola». Come se non fosse stato chiaro. Tanti i ricordi di quel bambino a Campo di Marte. L’incontro e l’autografo di un Antognoni ventenne prima di FiorentinaCesena, la parata, su un colpo di testa di Paris da due metri, di un giovanissimo Giovanni Galli in un Fiorentina-Bologna da cardiopalma, l’abbraccio liberatorio all’autorete di Danova in quel FiorentinaTorino, dopo un forte temporale, il gigante buono Badile Galdiolo. Il Comunale era pieno come oggi non si può neppure immaginare. In Maratona si stava in piedi. In curva, specie in basso e negli spicchi più vicini alle tribune laterali, la partita dovevi sentirla nel vissuto attorno a te più che vederla. In quell’aprile del 1982 si disse che no, sessantamila posti proprio non bastavano più per la Fiorentina di Daniel Bertoni, Graziani, Vierchowod, Pecci. Il rito si tramanda: Batistuta, il talento cristallino di Chiesa padre, il buio con il Rimini, la rete di Fantini e poi di nuovo la luce: Mutu, Toni, Gilardino, il 4-2 di Pepito, la più piccola di casa che va a scuola, a Torino, con la maglia numero 25 di Chiesa figlio. La porti un bacione a Firenze. Il Franchi è stato, ed è, luogo vissuto e animato. Da troppi anni, un luogo stanco, malato: le curve e gli spalti troppo lontani dal campo, lo sfregio di quegli spazi vuoti in Maratona e in Ferrovia, il confronto con gli stadi degli altri, in Italia e in Europa. La Fiorentina, Campo di Marte, Firenze: legami, memoria collettiva, spazi vitali di una Comunità. Oggi, il presidente Commisso ha messo al centro, in primo piano, il legame profondo tra la città e la sua squadra. È un atto coraggioso, un’assunzione di responsabilità per chi è appena arrivato, e infatti sono tornati orgoglio e speranza. Allo stesso tempo, questa decisione fa suonare un richiamo forte, da campanella dell’ultimo giro di pista, per l’amministrazione della città. Si può decidere di aprire una stagione nuova, di lasciare Campo di Marte per costruire una struttura pensata secondo i migliori standard internazionali. Oppure, si può decidere di ristrutturare il Franchi, riannodando passato e futuro in unico luogo. Quel che non sarebbe in alcun modo accettabile, invece, sarebbe il protrarsi della stagione dell’assenza di decisioni, dei rinvii, delle dichiarazioni di maniera. La Fiorentina e il suo stadio sono luogo vivente di formazione d’identità e di memoria collettiva. È sul ripristino di questa funzione che ci si deve concentrare, in tutte le sedi. Con la consapevolezza di una situazione di grave, colpevole, ritardo. Serve un cambio di passo, capace di riannodare compiutamente i fili che legano memoria e futuro: per la Fiorentina, per Firenze. Fast, fast, fast!