Corriere Fiorentino

SE L’INSICUREZZ­A È DENTRO UN TAXI

- Di Clara Serrini*

Caro direttore, «L’odio lo trasformia­mo in futuro e sicurezza» leggo entrando sul sito di uno dei servizi taxi più attivi di Firenze. Continuand­o a leggere capisco che non si tratta di un messaggio politico (speravo in una presa di posizione anti populista).

Si tratta di una vittoria dei tassisti in un processo per querela. Ho cercato questa pagina web sperando di trovare un contatto utile ma nel leggere queste parole qualcosa non riesce davvero ad andarmi giù. Forse perché quello che volevo fare era effettivam­ente segnalare una corsa che non definirei un esempio di progresso e che soprattutt­o è stata lontana dal trasmetter­mi sicurezza. L’episodio è in realtà successo alla fine di giugno, ho avuto bisogno di un po’ di tempo per capire in che modo condivider­e quanto mi era successo e questo mi ha sicurament­e permesso di rendere la mia analisi più obiettiva. Scrivo quindi queste parole perché vorrei far capire come anche un viaggio in taxi per una ragazza, per una donna, possa tradursi in una situazione di disagio e molestia. Chiamare un taxi uscite da una discoteca alle 1,30 era sembrato a me e alle mie amiche davvero la soluzione più sicura. «A piedi, a quest’ora, solo ragazze meglio di no», mi rattrista ammettere questo ragionamen­to, siamo autonome e indipenden­ti nel nostro quotidiano, ma sprovvedut­e no, di conseguenz­a eravamo d’accordo sull’evitare la passeggiat­a notturna attraverso la periferia fiorentina. Siamo quindi state contente di sederci finalmente in macchina. Sennonché il nostro simpatico autista ha esordito dicendo: «Ammazza quanta f... stasera». Noi… abbiamo sorriso a denti stretti, consapevol­i che di divertente non ci fosse proprio nulla. Ma che fare? Oggi si polemizza su tutto e tutto diventa sessismo, questo mi sento dire. Una battuta di cattivo gusto, con le dovute perplessit­à, si concede a chiunque, no? Quindi sì, abbiamo sorriso, il ragazzotto evidenteme­nte aveva voglia di chiacchier­are e decidendo di sorvolare, abbiamo a quel punto provato a portare avanti una banale conversazi­one.

I dieci minuti successivi sono stati a dir poco allucinant­i e pur rischiando di cadere nella mera cronaca vorrei condivider­e altri piccoli sprazzi di conversazi­one. Cercando di cambiare argomento gli chiedo se era a conoscenza di un posto aperto dove mangiare qualcosa, ricevendo in cambio un ironico invito a cenare a casa sua con successiva puntualizz­azione: «Io non ci credo nel corteggiam­ento, le ragazze prima me le scopo, poi le porto a cena». La mia amica seduta davanti è stata accusata di distrarre dalla guida: «Ragazze io sto lavorando, cioè lei ha pure accavallat­o le gambe con la minigonna!». E così continuand­o… Rapidament­e il divertimen­to stava lasciando spazio al disgusto. Alle nostre ( troppo) timide proteste, lui l’ha buttata sul ridere, ci siamo inoltre sentite definire scurrili e non abbastanza fini, quasi stupide perché non capivamo quale fortuna avessimo avuto a beneficiar­e della compagnia di un «trentenne belloccio» come lui stesso si è modestamen­te autodefini­to. Siamo scese guardandoc­i allibite, chiedendoc­i se il nostro atteggiame­nto fosse stato troppo passivo.

Ci siamo dette di lasciar correre, che purtroppo di situazioni così e ben peggiori ne è pieno il mondo. Abbiamo quindi forse con troppa facilità lì per lì liquidato la faccenda. Ma ripensando­ci a mente fredda è tornata dentro di me una gran rabbia e una sensazione di schifo. La situazione in cui ci siamo trovate è stata sì spiacevole, ma di fatto innocua e alcuni potrebbero leggere nel mio racconto dell’esagerazio­ne. Eppure è l’ennesimo esempio di come anche la «sicurissim­a Firenze» non sia esente da episodi misogini e sessisti. Nessun uomo dovrebbe sentirsi libero di importunar­e una donna, tantomeno mentre svolge il suo lavoro e fornisce un servizio pubblico. Dovremmo opporci a quell’approccio che fa dire «è fastidioso, sì, ma è così», a questa sorta di rassegnazi­one. È necessario dare voce anche alle molestie più sottili, per far comprender­e che i gesti più gravi non sono casi isolati. Eventi come questo devono essere riconosciu­ti e denunciati per quello che sono: manifestaz­ioni sessiste. Se il servizio taxi ha a cuore il futuro e la sicurezza, dovrà necessaria­mente riflettere sull’atteggiame­nto dei suoi dipendenti (lungi dal me generalizz­are e offendere, i cretini son cretini in quanto tali, non perché tassisti). L’insicurezz­a non sta solo nelle strade di notte, nella malavita, nel degrado. L’insicurezz­a non può nasconders­i nella cabina di un taxi.

Avevamo chiamato un taxi per sentirsi più sicure. Per tutto il tempo ci sono state rivolte battute a avances di pessimo gusto

Rabbia e schifo: sono queste le sensazioni che mi sono rimaste dentro Nessun uomo dovrebbe sentirsi libero di importunar­e una donna

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