SE L’INSICUREZZA È DENTRO UN TAXI
Caro direttore, «L’odio lo trasformiamo in futuro e sicurezza» leggo entrando sul sito di uno dei servizi taxi più attivi di Firenze. Continuando a leggere capisco che non si tratta di un messaggio politico (speravo in una presa di posizione anti populista).
Si tratta di una vittoria dei tassisti in un processo per querela. Ho cercato questa pagina web sperando di trovare un contatto utile ma nel leggere queste parole qualcosa non riesce davvero ad andarmi giù. Forse perché quello che volevo fare era effettivamente segnalare una corsa che non definirei un esempio di progresso e che soprattutto è stata lontana dal trasmettermi sicurezza. L’episodio è in realtà successo alla fine di giugno, ho avuto bisogno di un po’ di tempo per capire in che modo condividere quanto mi era successo e questo mi ha sicuramente permesso di rendere la mia analisi più obiettiva. Scrivo quindi queste parole perché vorrei far capire come anche un viaggio in taxi per una ragazza, per una donna, possa tradursi in una situazione di disagio e molestia. Chiamare un taxi uscite da una discoteca alle 1,30 era sembrato a me e alle mie amiche davvero la soluzione più sicura. «A piedi, a quest’ora, solo ragazze meglio di no», mi rattrista ammettere questo ragionamento, siamo autonome e indipendenti nel nostro quotidiano, ma sprovvedute no, di conseguenza eravamo d’accordo sull’evitare la passeggiata notturna attraverso la periferia fiorentina. Siamo quindi state contente di sederci finalmente in macchina. Sennonché il nostro simpatico autista ha esordito dicendo: «Ammazza quanta f... stasera». Noi… abbiamo sorriso a denti stretti, consapevoli che di divertente non ci fosse proprio nulla. Ma che fare? Oggi si polemizza su tutto e tutto diventa sessismo, questo mi sento dire. Una battuta di cattivo gusto, con le dovute perplessità, si concede a chiunque, no? Quindi sì, abbiamo sorriso, il ragazzotto evidentemente aveva voglia di chiacchierare e decidendo di sorvolare, abbiamo a quel punto provato a portare avanti una banale conversazione.
I dieci minuti successivi sono stati a dir poco allucinanti e pur rischiando di cadere nella mera cronaca vorrei condividere altri piccoli sprazzi di conversazione. Cercando di cambiare argomento gli chiedo se era a conoscenza di un posto aperto dove mangiare qualcosa, ricevendo in cambio un ironico invito a cenare a casa sua con successiva puntualizzazione: «Io non ci credo nel corteggiamento, le ragazze prima me le scopo, poi le porto a cena». La mia amica seduta davanti è stata accusata di distrarre dalla guida: «Ragazze io sto lavorando, cioè lei ha pure accavallato le gambe con la minigonna!». E così continuando… Rapidamente il divertimento stava lasciando spazio al disgusto. Alle nostre ( troppo) timide proteste, lui l’ha buttata sul ridere, ci siamo inoltre sentite definire scurrili e non abbastanza fini, quasi stupide perché non capivamo quale fortuna avessimo avuto a beneficiare della compagnia di un «trentenne belloccio» come lui stesso si è modestamente autodefinito. Siamo scese guardandoci allibite, chiedendoci se il nostro atteggiamento fosse stato troppo passivo.
Ci siamo dette di lasciar correre, che purtroppo di situazioni così e ben peggiori ne è pieno il mondo. Abbiamo quindi forse con troppa facilità lì per lì liquidato la faccenda. Ma ripensandoci a mente fredda è tornata dentro di me una gran rabbia e una sensazione di schifo. La situazione in cui ci siamo trovate è stata sì spiacevole, ma di fatto innocua e alcuni potrebbero leggere nel mio racconto dell’esagerazione. Eppure è l’ennesimo esempio di come anche la «sicurissima Firenze» non sia esente da episodi misogini e sessisti. Nessun uomo dovrebbe sentirsi libero di importunare una donna, tantomeno mentre svolge il suo lavoro e fornisce un servizio pubblico. Dovremmo opporci a quell’approccio che fa dire «è fastidioso, sì, ma è così», a questa sorta di rassegnazione. È necessario dare voce anche alle molestie più sottili, per far comprendere che i gesti più gravi non sono casi isolati. Eventi come questo devono essere riconosciuti e denunciati per quello che sono: manifestazioni sessiste. Se il servizio taxi ha a cuore il futuro e la sicurezza, dovrà necessariamente riflettere sull’atteggiamento dei suoi dipendenti (lungi dal me generalizzare e offendere, i cretini son cretini in quanto tali, non perché tassisti). L’insicurezza non sta solo nelle strade di notte, nella malavita, nel degrado. L’insicurezza non può nascondersi nella cabina di un taxi.
Avevamo chiamato un taxi per sentirsi più sicure. Per tutto il tempo ci sono state rivolte battute a avances di pessimo gusto
Rabbia e schifo: sono queste le sensazioni che mi sono rimaste dentro Nessun uomo dovrebbe sentirsi libero di importunare una donna