IL PD, IL M5S E UNA DOMANDA: MA CHE COSA VOLETE ESSERE?
I Cinque Stelle qui in Toscana, a parte il clamoroso caso di Livorno nel 2014 — giusto una parentesi di cinque anni — e la vittoria a Carrara nel 2017, non sono mai stati determinanti per gli equilibri della politica regionale, dove la sfida fra centrodestra e centrosinistra è storicamente prevalente. Adesso però il Partito democratico potrebbe regalare ai grillini un inaspettato palcoscenico in vista delle elezioni regionali del prossimo anno. Dalla direzione toscana del Pd di venerdì scorso è giunta un’apertura ai Cinque stelle, Valerio Fabiani — membro della direzione nazionale, già candidato al congresso per conto di Nicola Zingaretti — ha parlato di «valori comuni» tra Pd e Cinque stelle.
Le ultime settimane di governo nazionale giallo-rosé stanno dando vita a parecchi abbagli. Il primo è la presunta romanizzazione dei barbari, come se peraltro il centrosinistra avesse una missione pedagogicoortopedica da completare, chiesta da non si sa chi. Il secondo abbaglio è che «fermare Salvini» sia un programma elettorale sufficientemente convincente anche fuori dal Parlamento. Eppure, un conto è l’alleanza di Palazzo, sulla quale è legittimo avere delle perplessità — anche perché, per ora, l’unica cosa che si capisce è che a diversi esponenti della nuova maggioranza piacciono parecchio le tasse pittoresche, come quella sulle merendine o sui voli, citofonare il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, che è il nuovo Danilo Toninelli — un altro conto è dare vita alla ormai famosa «casa comune» fra Pd e Cinque Stelle sognata da Dario Franceschini. Ogni settimana che passa, il centrosinistra fa un passo in avanti in quella direzione. Organizza alleanze — «strategiche» vengono definite — sui territori in vista delle elezioni regionali. Come in Umbria, dove si vota il 27 ottobre, dopo il passaggio per la seconda volta dalla piattaforma Rousseau, strumento che ormai è entrato di fatto anche nel lessico istituzionale del centrosinistra. Accettato, incorporato. Se non c’è Rousseau, le decisioni non si possono prendere. Per Davide Casaleggio è un trionfo, andrà pure alle Nazioni Unite parlare di «rivoluzione del web, del digitale e delle tecnologie dell’informazione» per conto dell’associazione Rousseau di cui è presidente. Adesso di «dialogo», «confronto», se ne parla anche in Emilia Romagna, dove il presidente della Regione Stefano Bonaccini ha così paura di perdere contro la Lega che da giorni è tutto un aprire al confronto, al dialogo — inevitabilmente programmatico — con i Cinque Stelle. «Parliamo del programma» è il nuovo ritornello che evita di parlare dei problemi del centrosinistra: la fine del modello politico delle (ex) regioni rosse. In Umbria, in Toscana, in Emilia. Anziché analizzare il problema, Pd e dintorni preferiscono la politica delle alleanze. Molto comoda perché evita di affrontare la crisi politica del centrosinistra in queste terre, stratificata negli anni. La vicenda di Pisa è tutt’ora significativa, i dirigenti del centrosinistra dovrebbero studiarla se ancora non l’hanno fatto. Ricominciare a girare per le periferie e i centri storici della Toscana (non solo lì, beninteso) potrebbe aiutare a comprendere le ragioni delle difficoltà degli ultimi anni.
All’interno di queste regioni, poi, ci sono delle specificità. Il caso umbro è diverso dal caso toscano, come ha ricordato Eugenio Giani nei giorni scorsi. Le difficoltà del Pd in Umbria, secondo il presidente del Consiglio regionale toscano, lo obbligano ad allearsi con i Cinque Stelle. «Diversa è la situazione della Toscana, dove è anche diverso il sistema elettorale. Giochiamo con regole diverse. Qui c’è il ballottaggio. In Umbria, dove non c’è il doppio turno, l’accordo lo fai subito o rischi di perdere. In Toscana, c’è il ballottaggio al 40 per cento. Quindi in Toscana, l’intesa coi Cinque Stelle ci può essere ma può essere più articolata. Ognuno concorre con la propria coalizione, al primo turno. Se nessuno vince è evidente che nel secondo turno si possono creare quelle condizioni programmati che e politiche perché vi possa essere un’intesa tra Pd e M5S». Dal punto di vista tecnico — diciamo così — Giani ha ragione. Ma la questione qui è politica. Che cosa vuole essere il centrosinistra nei prossimi anni, in Toscana e altrove?
❞ L’omaggio democratico
I Cinque Stelle in Toscana non mai stati determinanti, adesso però il Partito democratico potrebbe regalare ai grillini un inaspettato palcoscenico
Ps. Ieri Dario Nardella ai Bagni Pancaldi a Livorno ha riunito i sindaci di centrosinistra. Tema: elezioni regionali e dintorni. Ha detto che le liste civiche potrebbero avere «un ruolo centrale nell’arginare la destra» dato che «sommando i voti delle liste civiche a quelle del Pd si supera il numero di voti raccolti dal Pd alle elezioni europee». Resta da capire, però, che cosa sia questo «civismo». Non c’è il rischio che sia una parola vuota com’è diventata «riformismo»?