IL DOVERE DEL REALISMO
Olimpiadi Firenze-Bologna? La data sarebbe il 2032, ma come arrivarci? Oggi se ne parlerà nel convegno organizzato da La Nazione a Palazzo Strozzi. Dovrebbero esserci i due sindaci, i due governatori e anche Romano Prodi. Per una indisposizione stagionale io non potrò esserci, accogliendo l’invito della nuova direttrice del giornale di via Paolieri, Agnese Pini, ma questo non è un buon motivo per sottrarsi a una discussione che noi stessi abbiamo alimentato, criticamente, su queste colonne.
Quando si parla di sogni mettersi di traverso non è mai facile. E non solo perché è impopolare. La realtà che viviamo sembra fatta apposta per affidarsi a voli di ottimismo, però bisogna evitare il rischio di rincorrere sogni che assomigliano moltissimo a illusioni. Il rimedio è la concretezza, che il realismo ci impone. Allora, per capire quanto la strada delle Olimpiadi sia percorribile, bisogna trovare il coraggio di rispondere ad alcune domande, senza farsi iniezioni di pregiudiziale fiducia:
1. Si sa che l’assegnazione dei Giochi comporta una valanga di finanziamenti, che servono innanzitutto alla costruzione di impianti sportivi adeguati, ma anche alla logistica. Nel caso di Firenze e della Toscana siamo però lontani anni luce da una rete di trasporti appena decente, e sappiamo bene che non è dipeso dalla mancanza di fondi, ma da tutti gli orpelli che accompagnano le grandi opere, dalla superfetazione delle leggi (che si combatte solo a parole) all’apertura di inchieste (spesso finite nel nulla). Chi può pensare che magicamente si riesca a entrare in una sorta di età della efficienza e della rapidità?
2. Quando si organizzano le Olimpiadi, seppur diffuse su due regioni, si devono costruire impianti adeguati a un evento planetario. E per tutti gli sport. Qui si parte da zero praticamente, ma l’impresa non sarebbe impossibile. Il problema è capire che cosa avverrebbe nei tempi lunghi, e cioè dalla chiusura dei Giochi in poi. Spenti i riflettori mondiali, quanti di questi nuovi impianti non sarebbero destinati a diventare dei buchi neri, fonte di nuovo degrado? Firenze, Bologna e ancor più le altre città delle due regioni hanno bacini sufficienti per garantire impieghi a tempo illimitato? Mai le Olimpiadi moderne sono state ospitate da città che non fossero metropoli: è successo per caso?
3. Infine c’è una questione che tocca tutta la nostra classe dirigente, cioè quella al di qua dell’Appennino, che è salita subito festante sul carro dei sogni. Nell’intervista pubblicata domenica scorsa sul Corriere Fiorentino, oltre che a spegnere un po’ i bollori decubertiniani di Dario Nardella («Prima cerchiamo di risolvere le emergenze, poi valuteremo»), il sindaco di Bologna, Virginio Merola, ha messo sul tavolo il tema dei temi: l’obiettivo delle Olimpiadi di coppia, ha detto in sintesi, ci porta automaticamente a discutere di sviluppo comune fra le due città: un solo aeroporto, una sola fiera, ad esempio.
Il ragionamento non fa una piega. Però con due ma. Il primo: da anni tutta la battaglia per la nuova pista di Peretola si è basata sulla necessità di costruire un asse con Pisa evitando di avvantaggiare l’aeroporto bolognese. Chiacchiere strumentali e basta? Il secondo ma: Bologna è avanti rispetto a Firenze, non solo perché ha un ottimo scalo aereo, ma anche perché lì il tunnel e la stazione sotterranea dell’Alta velocità ci sono da anni. Non solo di trasporti si tratta, comunque: Bologna da lungo tempo ha cercato di contrastare l’egemonia di Milano su molti fronti delle attività economiche, comprese le rassegne fieristiche. La disparità iniziale non è mai un buon viatico per accordi duraturi. In ogni caso c’è un elementare caso di coerenza nelle scelte dei nostri amministratori. Si può anche cambiare idea, però bisogna spiegare bene i motivi della svolta. Siamo cittadini, non sudditi. O no?