Obbligazioni Etruria, assolti i dirigenti della banca
Arezzo, condannati solo 4 direttori di filiale: «Nessuna regia per far vendere prodotti rischiosi ai clienti»
Nessuna cabina di regia per spingere i dipendenti a piazzare le obbligazioni subordinate di Banca Etruria a clienti ignari dei rischi.
È questa la conclusione alla quale è arrivata il giudice Angela Avila che, al termine del processo di primo grado, ieri ha assolto quattro dirigenti dell’istituto di credito aretino che la Procura accusava di aver spinto i dipendenti a vendere i titoli alla clientela senza informarla dei rischi, mettendo in piedi un sistema di premi e punizioni. Secondo il giudice che ha assolto Luca Scassellati, Federico Baiocchi Di Silvestri, Samuele Fedeli e Luigi Fanacchiotti — che dovevano rispondere del reato di istigazione alla truffa — «il fatto non sussiste»: quindi, non c’è mai stato nessun sistema organizzato per spingere i dipendenti a vendere le obbligazioni subordinate che vennero emesse in due tranche nel luglio e nell’autunno del 2013 e furono poi azzerate dal decreto Salva banche nel 2015, con la conseguente perdita di tutto il denaro investito dai risparmiatori.
Il tribunale di Arezzo ha emesso ieri la sua sentenza per diciotto persone: gli unici condannati sono quattro direttori di filiale, ai quali è stata inflitta una pena — sospesa — di dieci mesi ciascuno. Delusione da parte del sindacato dei bancari First Cisl che attraverso le proprie strutture ha offerto assistenza legale a circa sessanta dipendenti di Banca Etruria che erano stati coinvolti nell’inchiesta: «Ben 58 dei nostri assistiti sono stati archiviati o assolti nei vari filoni dell’inchiesta, compreso il pronunciamento di ieri — dice l’avvocato Maurilio D’Angelo, legale della Cisl confederale, di First Cisl nazionale e membro effettivo dell’Arbitro bancario finanziario della Banca d’Italia — Ma non possiamo certamente dirci soddisfatti perché il principio che passa dalla sentenza di ieri è che si condannano i dipendenti mentre si deresponsabilizzano completamente i vertici della banca: ma erano i vertici e non i dipendenti ad essere a conoscenza dello stato di crisi dell’istituto che ha reso improvvisamente rischiosi i titoli venduti ai clienti. Faremo sicuramente ricorso in appello per i lavoratori che sono stati condannati, perché il principio emerso dalla sentenza di ieri è inaccettabile».
In questi giorni ad Arezzo è entrato nel vivo anche il dibattimento che riguarda l’ipotizzata bancarotta fraudolenta di Banca Etruria: un processo monstre con circa duemila parti civili ammesse che si svolge davanti al collegio presieduto dal giudice Gianni Fruganti.
L’avvocato della Cisl
«Si condannano i dipendenti mentre si deresponsabilizzano i vertici, che di certo sapevano della situazione di crisi dell’istituto»