Il Ragazzo a lezione dal Vecchio (come in uno spaghetti western)
CONFRONTI FEDERICO E FRANCK
«Qualcosa che non va Ragazzo?»; «Ah niente Vecchio non mi tornavano i conti. Ne mancava uno». Finisce così l’ideale scambio di consegne fra il Monco e il colonnello Mortimer. Il ragazzo ha imparato a non dare niente per scontato, il vecchio ha regolato i suoi di conti e può uscire di scena dopo aver trovato il suo malinconico carillon.
Magari Commisso la ricorda questa scena. È il finale di Per Qualche Dollaro in più. Magari a New York così distante dalla sua Italia si sarà seduto in poltrona davanti un spaghetti-western di Sergio Leone ammirandone l’estro e il «cuore» (direbbe lui) italiano. Di sicuro da quella poltrona si è entusiasmato domenica sera guardando le giocate di Ribery e Chiesa. Due indiani con arco e frecce, in realtà, più che due pistoleri. Il Vecchio e il Ragazzo che hanno spaccato in due la difesa del Milan. Loro però, a differenza del film, sono per fortuna all’inizio della storia.
Molto di come sarà (spesso accade così) dipenderà dall’allievo più che dal maestro. In fondo quella che la Fiorentina ha regalato a Federico Chiesa, trattenendolo questa estate nonostante i suoi dubbi, è una grandissima occasione. «Il calcio è la mia vita, io mi diverto», per Ribery si può essere fuoriclasse solo così. Basta vederlo giocare «Franchino», il Vecchio, per capire che quando si è così tutto diventa naturale, anche la giocata più difficile. Condividere con lui vittorie come quelle di domenica deve essere elettrizzante oltre che uno stimolo a fare di più e meglio. A posare lo sguardo sul presente che non è poi così male, invece che su un possibile futuro lontano da Firenze. A un dribbling da fare qui ed ora. Magari a un passaggio in più. Quelli che sono mancati anche in passato, tanto da rendere difficile la convivenza con gli altri attaccanti (ricordate i plateali attriti con Simeone?).
Tocca allora tornare alla storia del Monco, che all’inizio pensava di poter fare tutto da solo. Sgominare una banda di incalliti banditi per non dividere la gloria (e il premio) con nessuno. Figuriamoci col Vecchio colonnello. È un po’ questo il ruolo che Federico Chiesa ha dovuto interpretare suo malgrado la scorsa stagione quando si è ritrovato sulle spalle il peso di una casa che stava crollando. Per questo serviva un segnale da parte della nuova società. È arrivato con l’idea Ribery, il Vecchio che ha solo voglia di mettersi in gioco per l’ultima volta. Perché è il suo lavoro e perché si diverte. Uno in grado di fare alzare in piedi San Siro mentre lo massacra, che attira su di sé riflettori e fotografi ma che ha imparato a non dargli importanza, a restare concentrato sul compito che si è dato: restituire al calcio e ai suoi appassionati parte di quello che ha ricevuto. Per farlo ha scelto la piazza giusta, affamata da sempre di giocate e fantasia più che, realisticamente, di improbabili vittorie.
La stessa che è pronta a sostenere Federico Chiesa e ad aspettarne la definitiva consacrazione. Magari con un passaggio, un sorriso e un incitamento per i compagni in più. Proprio come fa il Vecchio che con il suo volto da pistolero è venuto a cercare il suo carillon proprio a Firenze. Insegnando a un Ragazzo come si fa a trovarlo.