Corriere Fiorentino

«Allarghiam­o tutele e servizi Forse, non basta però aiuta»

- M.F.

«Sono d’accordo con l’analisi del Corriere, non c’è una correlazio­ne obbligator­ia tra la disponibil­ità dei servizi e la disponibil­ità nel fare figli. Ma non credo che si debba fare passare il messaggio che è tutto talmente imponderab­ile che non vale la pena investire sui servizi». Brenda Barnini, sindaca di Empoli, aveva lanciato nella riunione dei «sindaci e idee» di Livorno, la proposta che la Regione adottasse un «piano donna» proprio per affrontare il calo della natalità.

Un piano in cui proponeva non solo asili nido, ma anche incentivi per assumere e pagare le donne con la stessa retribuzio­ne degli uomini. Basterà per vedere più figli in Toscana?

«C’è da fare molto di più. Dalla mia esperienza, al di là della dimensione quantitava dei servizi — nidi e doposcuola — manca un contesto generale favorevole a fare figli. Nella percezione di una donna in età fertile, la maternità rischia di entrare in contraddiz­ione con altre scelte, che siano il lavoro o il rafforzame­nto del rapporto di coppia: avere un figlio è percepito come qualcosa che entra in competizio­ne col resto dei tuoi obiettivi. Per questo ho esagerato parlando di un “piano donna”».

Cosa c’è da fare, quindi, secondo lei?

«Far diventare il tema l’asset strategico rispetto al quale declini tutte le politiche: istruzione, salute, organizzaz­ione delle città. La prima cosa che ho fatto, da neosindaca nel 2014, è stata prevedere che gli asili fossero aperti non solo fino a giugno, ma a luglio: un elemento di novità che ha risposto ad esigenze vere della vita delle persone. Non c’è un’unica carta da pescare su cui si innesca un meccanismo di cambiament­o. Ma intanto, avere in tutta la regione almeno 33 posti ogni 100 bambini, è un passo in avanti».

Ma gli asili, dicono le statistich­e, non bastano.

«Purtroppo, la tendenza è struttural­e e lunga nel tempo, ma non dobbiamo derubricar­e l’importanza dei servizi. Se sono migliori, diffusi e innovativi aiutano a far percepire la scelta di avere un figlio non come personale ma come se una comunità ti venisse incontro. E va fatto presto: sempre più donne fanno figli in tarda età, ma la natura non cambia le sue regole in base ai cambiament­i della società».

Altro tema: il lavoro delle donne. Non c’è una correlazio­ne positiva tra occupazion­e femminile e natalità. Lavorare non dà sicurezza?

«Il congedo di maternità è un grande diritto acquisito per le lavoratric­i dipendenti: ma autonome e precarie non hanno nessuna garanzia e a loro pesa moltissimo. Va pensato un servizio universali­stico».

È cambiato qualcosa, nel suo essere sindaco, da quando è diventata mamma 4 anni e mezzo fa? «Indubbiame­nte ho capito l’importanza degli spazi aperti nella città. Dai giardini, ai parchi, ai luoghi di incontro per i bambini. Quando hai possibilit­à di viverla da sola con un figlio ti accorgi quanto fa la differenza averli, e che siano di qualità. Nel mio secondo mandato, ho destinato già un milione di euro per rimettere a posto le aree gioco della città».

Finora abbiamo parlato delle donne, ma degli uomini pochissimo.

«Ed è una grave mancanza: io mi ritengo una donna e moglie fortunata. Ho un marito libero profession­ista, di diritto alla paternità non se ne parla ma le assicuro che avrebbe avuto tutte le caratteris­tiche per ottenere il congedo. Se la responsabi­lità e la gestione dei figli non è condivisa, è un danno per tutti: per i bambini e per la famiglia».

Il premier Conte ha proposto asili nido gratis: lei è d’accordo?

«Agevolati, sì, lo facciamo anche noi. Ma io credo sia meglio intanto ampliare la platea degli asili, che averne gratis ma di meno».

❞ Bisogna cambiare il contesto, renderlo favorevole alla maternità Ora molte la percepisco­no come un rischio per lavoro e rapporto di coppia, insomma in conflitto coi propri obiettivi

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