RENZI E IL PARTITO MONOCORDE
Ha lasciato l’amaro in bocca il battibecco tra Lilli Gruber e Matteo Renzi andato in onda nella puntata di «Otto e mezzo» del 2 ottobre.
Il leader di Italia Viva ha indossato forsennatamente la casacca dell’oppositore a qualsiasi ritocco della tassazione e tanto più a qualsiasi rimodulazione dell’Iva. Il tema è apparso la questione fondante di un raggruppamento monocorde dedito solo a far di conto. Davvero un po’ poco: demagogia da ragionieri, vedute corte. Il senatore aveva tutta l’aria di un redivivo Pierre Poujade in salsa toscana. Eppure il suo esordio suscitò speranze e molte delle scelte politiche che ha promosso non meritano la sbrigativa e professorale sufficienza che hanno attirato. Ma si può inalberare la questione fiscale come asse di una formazione — uso questa parola perché dir partito sarebbe errato e non certo gradito — che intende sollecitare uno spigliato approccio sui contenuti in uno schieramento frantumato in gruppuscoli personalizzatissimi? Renzi sembra impegnarsi essenzialmente nel toglier di mano la bandiera antitasse a Salvini soci introiettandone la semplicistica rabbia. Per il resto nebbia assoluta. Ora: il problema è enorme e non va certo sottovalutato. Non mi sentirei oggi di avallare l’ingenua boutade di Tommaso Padoa Schioppa che esaltò la bellezza delle tasse. Ma entrar nei dettagli è necessario. Se non è augurabile che siano diminuite è del pari decisivo che — a parte una più dure lotta all’evasione — si dica dove si fanno tagli e risparmi che contribuiscano a rimettere in sesto i nostri bilanci e diminuiscano la mole della spesa pubblica. Che cosa s’intende rottamare per evitare qualsiasi intervento impositivo e non spaventare il ceto medio arrabbiato, e non solo? Si chiede alle istituzioni europee una presenza più incisiva e una più generosa disponibilità di sostegni o addirittura un non ristretto ampliamento delle competenze: nella difesa e nella sicurezza, ad esempio. Ma si vuol accompagnare questa sacrosanta richiesta antisovranista con indicazioni serie e cifrate? È troppo facile aizzare contro il fisco, indubbiamente da rivedere, tacendo sul resto. Il fantasma del Poujade anni Cinquanta incombeva come un convitato di pietra, e non sto a evocare il suo triste e girovagante destino, la fiammata rapidamente estintasi di un successo che eccitò cuori, fece vibrare i portafogli e non mise radici. È sorprendente, poi, che alla domanda su per chi avesse fatto campagna elettorale in Umbria o in Emilia-Romagna Renzi abbia detto, sì, per chi avrebbe votato, ma teorizzando che non sarebbe ricorso alla prassi desueta dei partiti novecenteschi ormai tutti travolti dal nuovo. Che il modello del «partito di massa» novecentesco abbia fatto il suo tempo non c’è bisogno di ripeterlo, basta risfogliare il classico «Modelli di partito» di Angelo Panebianco che reca la data 1982. Eppure un generico discorso liquidatorio non funziona. I partiti in Europa hanno storie diverse e non sono classificabili con disinvolta superficialità. Le forme sono cambiate, ma ne esistono in quantità. Quelli più strutturati alla vecchia maniera evidenziano soprattutto a sinistra una crisi pesantissima: vedi la Spd. Le «terze vie», però, non hanno ottenuto risultati convincenti. E quanto a peculiarità organizzative occorre essere analitici e puntuali. Renzi teorizza — a quanto si è ascoltato — una sorta di partito affetto da «bipolarismo», pronto ad alzare la voce su certi argomenti e silente sulla prospettiva basilare. Un partito — o come lo si voglia chiamare — che non suggerisce orientamenti e non si batte con continuità per una linea comprensibile. E allora chi aderisce a — pardon: chi prova simpatia per — Italia Viva si comporterà come un cittadino sparpagliato che vota per chi più gli aggrada senza fare una scelta caratterizzata da durevoli obiettivi? Non rischia così di assumere la funzione più tipica di un gruppo di pressione che mira a tutelare una sommatoria di interessi particolari e non ad un’azione in grado di scardinare e innovare muovendosi con coerenza, alla luce del sole, entro un’area politica determinata? L’evasività di fronte agli incalzanti — e talvolta petulanti — quesiti della Gruber non ha suscitato una buona impressione: perché viziata da toni furbeschi d’antichissimo conio. Quelli, appunto, di un resuscitato poujadismo all’italiana.
❞ L’insistenza sul fisco è davvero un po’ poco, considerando le speranze suscitate con la rottamazione