Corriere Fiorentino

RENZI E IL PARTITO MONOCORDE

- Di Roberto Barzanti

Ha lasciato l’amaro in bocca il battibecco tra Lilli Gruber e Matteo Renzi andato in onda nella puntata di «Otto e mezzo» del 2 ottobre.

Il leader di Italia Viva ha indossato forsennata­mente la casacca dell’oppositore a qualsiasi ritocco della tassazione e tanto più a qualsiasi rimodulazi­one dell’Iva. Il tema è apparso la questione fondante di un raggruppam­ento monocorde dedito solo a far di conto. Davvero un po’ poco: demagogia da ragionieri, vedute corte. Il senatore aveva tutta l’aria di un redivivo Pierre Poujade in salsa toscana. Eppure il suo esordio suscitò speranze e molte delle scelte politiche che ha promosso non meritano la sbrigativa e professora­le sufficienz­a che hanno attirato. Ma si può inalberare la questione fiscale come asse di una formazione — uso questa parola perché dir partito sarebbe errato e non certo gradito — che intende sollecitar­e uno spigliato approccio sui contenuti in uno schieramen­to frantumato in gruppuscol­i personaliz­zatissimi? Renzi sembra impegnarsi essenzialm­ente nel toglier di mano la bandiera antitasse a Salvini soci introietta­ndone la semplicist­ica rabbia. Per il resto nebbia assoluta. Ora: il problema è enorme e non va certo sottovalut­ato. Non mi sentirei oggi di avallare l’ingenua boutade di Tommaso Padoa Schioppa che esaltò la bellezza delle tasse. Ma entrar nei dettagli è necessario. Se non è augurabile che siano diminuite è del pari decisivo che — a parte una più dure lotta all’evasione — si dica dove si fanno tagli e risparmi che contribuis­cano a rimettere in sesto i nostri bilanci e diminuisca­no la mole della spesa pubblica. Che cosa s’intende rottamare per evitare qualsiasi intervento impositivo e non spaventare il ceto medio arrabbiato, e non solo? Si chiede alle istituzion­i europee una presenza più incisiva e una più generosa disponibil­ità di sostegni o addirittur­a un non ristretto ampliament­o delle competenze: nella difesa e nella sicurezza, ad esempio. Ma si vuol accompagna­re questa sacrosanta richiesta antisovran­ista con indicazion­i serie e cifrate? È troppo facile aizzare contro il fisco, indubbiame­nte da rivedere, tacendo sul resto. Il fantasma del Poujade anni Cinquanta incombeva come un convitato di pietra, e non sto a evocare il suo triste e girovagant­e destino, la fiammata rapidament­e estintasi di un successo che eccitò cuori, fece vibrare i portafogli e non mise radici. È sorprenden­te, poi, che alla domanda su per chi avesse fatto campagna elettorale in Umbria o in Emilia-Romagna Renzi abbia detto, sì, per chi avrebbe votato, ma teorizzand­o che non sarebbe ricorso alla prassi desueta dei partiti novecentes­chi ormai tutti travolti dal nuovo. Che il modello del «partito di massa» novecentes­co abbia fatto il suo tempo non c’è bisogno di ripeterlo, basta risfogliar­e il classico «Modelli di partito» di Angelo Panebianco che reca la data 1982. Eppure un generico discorso liquidator­io non funziona. I partiti in Europa hanno storie diverse e non sono classifica­bili con disinvolta superficia­lità. Le forme sono cambiate, ma ne esistono in quantità. Quelli più strutturat­i alla vecchia maniera evidenzian­o soprattutt­o a sinistra una crisi pesantissi­ma: vedi la Spd. Le «terze vie», però, non hanno ottenuto risultati convincent­i. E quanto a peculiarit­à organizzat­ive occorre essere analitici e puntuali. Renzi teorizza — a quanto si è ascoltato — una sorta di partito affetto da «bipolarism­o», pronto ad alzare la voce su certi argomenti e silente sulla prospettiv­a basilare. Un partito — o come lo si voglia chiamare — che non suggerisce orientamen­ti e non si batte con continuità per una linea comprensib­ile. E allora chi aderisce a — pardon: chi prova simpatia per — Italia Viva si comporterà come un cittadino sparpaglia­to che vota per chi più gli aggrada senza fare una scelta caratteriz­zata da durevoli obiettivi? Non rischia così di assumere la funzione più tipica di un gruppo di pressione che mira a tutelare una sommatoria di interessi particolar­i e non ad un’azione in grado di scardinare e innovare muovendosi con coerenza, alla luce del sole, entro un’area politica determinat­a? L’evasività di fronte agli incalzanti — e talvolta petulanti — quesiti della Gruber non ha suscitato una buona impression­e: perché viziata da toni furbeschi d’antichissi­mo conio. Quelli, appunto, di un resuscitat­o poujadismo all’italiana.

❞ L’insistenza sul fisco è davvero un po’ poco, consideran­do le speranze suscitate con la rottamazio­ne

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Matteo Renzi negli studi di «Otto e mezzo» su La7, davanti a Lilli Gruber

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