CONTE 1, CONTE 2 E FORSE 3 IL MISTERO BUFFO DEL PREMIER
«Ogni volta che li incontro (i cittadini, ndr) sono affettuosi, sono carini» dice al Corriere Beppe Conte, pronto a regalarci anche qualche croccantino al pesce per farci stare in forma e con il pelo lucido. Il presidente del Consiglio, che ha fatto carriera a Firenze, da settimane viene descritto dai giornali come lo statista che l’Italia merita e di cui ha bisogno adesso. I sondaggi, oltretutto, indicano che il suo gradimento è molto alto, come quello di Ilvo Diamanti su Repubblica che lo dà al 53 per cento. Tutt’altra storia, parrebbe, rispetto al senatore di Scandicci che è al 22 per cento, ultimo in classifica per gradimento, mentre a Italia Viva viene attribuito un 4 per cento nelle intenzioni di voto.
Conte è un autentico mistero, un mistero buffo. Sconosciuto professore di diritto privato all’Università di Firenze, è già diventato presidente del Consiglio due volte in meno di due anni. Prima con la Lega e il Movimento Cinque Stelle, su indicazione dei Cinque Stelle, poi con il Pd e i Cinque Stelle, su insistenza del Movimento Cinque Stelle. E, per come siamo messi da queste parti, non è escluso un giorno persino un terzo governo Conte, con il sostegno dei partiti che nel frattempo saranno nati, tra una scissione e l’altra (la prossima, si suppone, fra i Cinque Stelle).
Tanto questa è l’epoca del «Si può» di Giorgio Gaber e ognuno può dire quel che gli pare senza che ne resti traccia nella mente dell’elettorato: Si può siamo liberi come l’aria / Si può / Si può siamo noi che facciam la storia / Si può / Si può io mi vesto come mi pare / Si può sono libero di creare / Si può son padrone del mio destino.
Un’epoca che è anche un’epica, dove tutto è possibile e tutto vale; vale Dibba consulente di case editrici e intellettuale disonesto del presunto politicamente scorretto, vale Di Maio ministro degli Esteri (che dopo aver chiamato «Ping» il presidente cinese Xi Jinping, l’altro giorno ha ribattezzato «Ross» il segretario di Stato americano Mike Pompeo), vale persino Beppe Conte apologo vivente del passante e per questo presidente del Consiglio. Era un passante, noto soprattutto ad Alfonso Bonafede, un altro che mai si sarebbe sognato di diventare ministro della Giustizia, e adesso è lì a preoccuparsi di quanto scodinzolano i cittadini al suo passaggio.
Già «avvocato del popolo» (per autodefinizione, un incarico che il popolo non gli ha attribuito), già padre della patria («Come in ogni famiglia c’è un pater familias che deve avere la responsabilità dei conti, io mi sento molto pater familias dello Stato»), adesso Conte si presenta nientemeno come il padroncino degli italiani. Le aspettative, insomma, variano a seconda del contesto e del tempo che passa. Il Conte 2, per dire, dichiara spesso di non conoscere il Conte 1, quello che governava con Salvini e approvava senza muovere un sopracciglio i decreti sicurezza voluti dall’ex ministro dell’Interno. «Gli atteggiamenti inutilmente litigiosi, sterilmente oppositivi e puramente provocatori fanno contenta l’opinione pubblica italiana, ma spesso non portano nessun risultato concreto», ha detto Conte al Fatto Quotidiano a proposito della presunta «svolta» sugli sbarchi a Malta.
Insomma, Conte si vanta di aver fatto più a Malta in un giorno di Salvini in un anno. Eppure, vale la pena ricordare — in un Paese che ha la memoria storica di tre ore — che cosa disse il presidente del Consiglio il 7 febbraio 2019, quando infuriava il caso Diciotti. Conte condivise le decisioni prese da Salvini che nell’agosto del 2018 bloccò per sette giorni lo sbarco della nave Diciotti con a bordo 177 migranti. «Sento il dovere di precisare che le determinazioni assunte in quell’occasione dal ministro dell’Interno sono riconducibile a una linea politica sull’immigrazione che ho condiviso nella mia qualità di presidente nel Consiglio con i ministri competenti, in coerenza con il programma di governo», scrisse in un documento allegato alla memoria difensiva presentata da Salvini alla Giunta per l’Immunità del Senato. «Le azioni poste in essere dal ministro dell’Interno si pongono in attuazione di un indirizzo politico-internazionale, che il governo da me presieduto, ha sempre coerentemente condiviso fin dal suo insediamento. Di questo indirizzo, così come della politica generale del governo, non posso non ritenermi responsabile, ai sensi dell’articolo 95 della Costituzione».
Laddove si dimostra che ha ragione Giuseppe Prezzolini nel «Codice della vita italiana», quando spiega che i «cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi». Il furbo, aggiunge Prezzolini, «è sempre in un posto che si è meritato non per le sue capacità, ma per la sua abilità a fingere d’averle».
❞ I sondaggi indicano che il suo gradimento è molto alto, malgrado sia diventato presidente del Consiglio due volte in due anni cambiando un colore alla maggioranza (dal verde della Lega al rosso del Pd)