Corriere Fiorentino

Il filo di Rosetta e l’arte del ricamo

- Di Luca Scarlini

Nella bella mostra Tutti i colori dell’Italia ebraica, curata da Dora Liscia Bemporad e Olga Melasecchi e da poco terminata agli Uffizi, tra i tessuti e le manifattur­e ricchissim­e di una tradizione lunga, complessa e ramificata, tra oggetti rituali (firmati dalle strepitose artigiane, come Stella, moglie di Isacco di Perugia o Simchàh, moglie di Menahem Levi Meshullani) e manifattur­e di vasta fama, una teca ospitava lavori infantili di minuziosa precisione, in cui le allieve ricamavano l’alfabeto, i numeri e il loro nome. Due di questi lavori sono firmati negli anni 1870 da Rosetta (ossia Rosa) Laudi, torinese, poi passata in Toscana, che in filo rosa su cotone, con un nitidissim­o punto a croce dichiarava il suo nome. Per le signore nella comunità ebraica, come nella società italiana del tempo, il ricamo era una possibilit­à economica rilevante. La signora Laudi si trasferì a Livorno, dove la rampolla Mary (infermiera negli ospedali della città), segnando in blu e in rosso il cotone, riprendeva il testimone dalla madre, che ebbe 11 figli. L’ultima di questi, Franca Corcos, fu a Firenze per buona parte della vita (qui negli anni ’50 ebbe mostre personali alla Strozzina e alla Galleria Duomo), lavorando anche in Francia e in Marocco. L’artista, che amava colori accesi, per i suoi paesaggi dalle risonanze fauves, da poco scomparsa, ha conservato queste preziose memorie familiari ricamate.

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