Farmacia di San Felice: conto alla rovescia, sì del giudice allo sfratto
Un anno per consegnare le chiavi agli immobiliaristi
Dodici mesi e poi la farmacia di piazza San Felice potrebbe sparire per sempre. Il tribunale di Firenze ieri mattina ne ha infatti convalidato lo sfratto, dando al dottor Piero Pacenti un anno per raccogliere le sue cose, tirare giù la saracinesca e consegnare nelle mani della Palazzo San Felice srl le chiavi del fondo che da almeno due secoli ospita la farmacia. Un’attività storica — è l’erede della Spezieria Granducale dei Medici — su cui prima il ministero dei Beni e delle attività culturali e poi il Comune di Firenze hanno apposto dei vincoli su destinazione d’uso e arredi, per cercare di salvarla.
Un colpo duro per i residenti, che fin dall’inizio hanno attirato l’attenzione sul caso con petizioni, lettere e denunce pubbliche; un colpo per Firenze e l’Oltrarno, che vedono andare via un altro pezzo di storia, in una città sempre più a misura di turista e sempre meno attenta alle esigenze di chi, nonostante le mille difficoltà, continua a vivere in centro. Un colpo anche all’amministrazione comunale, che aveva studiato e approvato una norma per salvare la farmacia inserita nell’elenco degli esercizi storici.
«La Farmacia Pitti non verrà sfrattata, né oggi né in futuro», ebbe a dire poco più di un anno fa Giovani Cecchini, uno dei soci della Palazzo San Felice srl durante un animatissimo consiglio di quartiere aperto alla cittadinanza convocato proprio per discutere dell’argomento. Ma i fatti e la sentenza del tribunale di ieri hanno dimostrato che i piani della società fiorentina — che ha acquistato il palazzo al cui piano terreno c’è la farmacia per trasformarlo in residenze di lusso — alla fine erano altri. Evidentemente non quelli di continuare a offrire un servizio ai tanti anziani di via Romana, piazza Pitti, via Maggio e via Mazzetta attraverso lo storico esercizio che per tanti residenti era diventato con il passare degli anni una sorta di presidio sociale, un punto di riferimento. «È l’interesse privato che prevale su quello pubblico», dicono dal comitato in difesa della farmacia, annunciando nuove proteste. «La mazzata è forte ma noi non molliamo. Andremo avanti perché lo sfratto alla Farmacia Pitti è una ferita per il rione e un’onta per chi l’ha perseguita, animato solo dall’interesse», dicono.
Ora però bisogna capire cosa ne sarà dei vincoli sulla destinazione d’uso e sugli arredi. Una cosa è certa: per i prossimi 3 anni quel fondo non potrà essere occupato da altri se non da una farmacia, che dovrà custodire le colone, i capitelli, i vasi, i busti e gli scaffali ottocenteschi su cui c’è il bollino della soprintendenza. Toccarli potrebbe essere un reato penale.
Dello sfratto convalidato ieri se n’è parlato anche in giunta, a Palazzo Vecchio, con il sindaco Dario Nardella e l’assessore Federico Gianassi che seguono in prima persona la vicenda. E dal Comune spiegano: «Noi andiamo avanti — afferma — l’assessore allo Sviluppo economico Gianassi — L’immobile ha un doppio vincolo. Abbiamo previsto con il nostro regolamento norme che tutelano la tradizione e l’identità della città. Per noi valgono quelli». Passati i tre anni però la proprietà potrà chiedere il decadimento del vincolo, che dovrà comunque essere approvato in Consiglio comunale. A sorpresa il farmacista Pacenti parla di una mezza vittoria, perché «il giudice, che poteva ordinare uno sfratto esecutivo, ha capito la situazione difficile e ci ha dato tutto il tempo per cercare un nuovo fondo. Ma non sarà facile: l’area in cui mi è permesso trasferirmi è estremamente ridotta e comprende piazza Pitti, via Romana, via Maggio, Borgo Tegolaio, via Mazzetta, Boboli e Bobolino con via del Baluardo».
L’assessore Gianassi «L’immobile ha un doppio vincolo, faremo valere le norme a tutela dell’identità»