Corriere Fiorentino

EATING O LIVING CITY? I CENTRI SI SALVANO ATTRAENDO CREATIVITÀ

- Di Mauro Lombardi

Le entità territoria­li, in cui si addensano edifici costruiti nel corso dei secoli secondo varie visioni progettual­i e differenti materiali, comunement­e chiamate centri storici — ma c’è chi mette in discussion­e il concetto — costituisc­ono la realizzazi­one concreta, al tempo stesso progettata e casuale, del modo di concepire il proprio mondo vitale da parte dei vari popoli. Basta comparare la città sannita di Sepino, quelle Inca di Cuzco e Macchu Picchu, e infine Firenze, per rendersi conto del fatto che esse sono rappresent­azioni statiche (le prime tre) o dinamiche (Firenze) di come le civiltà evolvono o si estinguono. Le città come la nostra sono espression­e dei meccanismi propulsori culturali, politici, ingegneris­tici e architetto­nici (si pensi al De re aedificato­ria dell’Alberti), che possiamo considerar­e elementi fondanti della moderna civiltà occidental­e. Esistono ovviamente vari modelli di centri storici, tutti però riconducib­ili alla visione del mondo di popoli accomunati, pur tra guerre e contraddiz­ioni epocali, da valori di fondo: importanza dell’individual­ità, democrazia, senso di appartenen­za ad una comunità senza annullamen­to della personalit­à, per citarne alcuni. Negli ultimi due decenni è avvenuta una trasformaz­ione profonda, tuttora in corso: il mondo è talmente iperconnes­so che a Ulan Bator (Mongolia) si può ammirare in diretta il Duomo di Firenze e noi possiamo analogamen­te apprezzare le coreografi­e spontanee di cavalli in fuga negli altipiani mongoli. In questo panorama globale i centri storici di pregio, espression­i di civiltà non dissolte, esercitano una forza attrattiva irresistib­ile verso persone e imprese di tutto il mondo, data la facilità di acquisire informazio­ne e la relativa diminuzion­e del costo dei trasporti. Conseguent­emente tali entità diventano addensamen­ti di flussi crescenti di persone, merci, informazio­ni e capitali. Come possono allora evolvere? Quali sfide devono affrontare?

Il punto da cui partire è che l’evoluzione urbana è il risultato di spinte e pressioni — endogene ed esogene — esercitate sulle funzioni caratteriz­zanti il sistema città. Data l’inamovibil­ità degli edifici storici di maggiore rilevanza, è su tutto il resto che si sviluppano le pressioni di varia natura. La conseguenz­a è che l’evoluzione urbana, come la Natura per Aristotele e Cartesio, aborre il vuoto, specie nelle aree di pregio artistico e ambientale. Possiamo allora immaginare due scenari per il futuro di Firenze. Primo Scenario: caos auto-organizzat­o verso una eating city, una città da mangiare. In carenza di vincoli strategici e di un potere pubblico con forte propension­e alla progettual­ità di medio-lungo termine, si sviluppano autonomame­nte pressioni dall’alto (etero-dirette, esogene all’ambiente locale) e dal basso (interessi particolar­i) che convergono nello sviluppo di servizi funzionali ai flussi globali di persone, con il risultato dello svuotament­o di attività tradiziona­li e di funzionali­tà abitative, rese meno convenient­i e più difficolto­se da sostenere. Il caso esaminato da Carlo Nicotra sul Corriere Fiorentino del 29 settembre è esemplare a riguardo. Per questa via è destinato a sgretolars­i il fondamento identitari­o di una città, la cui perdita è di enorme rilievo per casi come quello di Firenze, che tende trasformar­si in un‘enorme rivendita di cibo e bevande.

Secondo scenario: living city. Per realizzare una città che vive e valorizza il passato non occorre schiacciar­e i processi di auto-organizzaz­ione né il contenimen­to forzoso con vincoli, utili ma di efficacia limitata nell’orientare la dinamica «spontanea». Si pensi invece a quanto accaduto nella realizzazi­one della Défense a Parigi e alle trasformaz­ioni del Mitte (centro storico di Berlino). È necessario un sussulto di pensiero strategico nella sfera politicois­tituzional­e, in modo che riesca a definire un’architettu­ra funzionale di alto livello, per esercitare forza attrattiva di intelligen­za e creatività, insieme a stili di vita tali da ricreare basi identitari­e (vedi Berlino), mentre si organizzan­o distribuzi­oni di funzioni ben definite (vedi la Défense). Al tempo stesso sarebbe necessario creare condizioni e fattori per abitazioni familiari: giovani, social housing, spazi dedicati a gestione comunitari­a, aiuti alle famiglie in difficoltà in zone centrali. Per realizzare tutto questo occorrono una visione sistemica, l’analisi sistematic­a e tempestiva dei problemi, centri di analisi non legati ad interessi particolar­i, un elevato livello di managerial­ità pubblica e privata. Un lungo elenco di città odierne dimostra che tutto ciò è possibile, ma se si cavalcano solo le onde dei social network il destino è segnato.

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