Moda, il colosso francese prende il controllo delle manifatture Corti e Mabi
Ai francesi il 40% delle manifatture Renato Corti e Mabi. «Necessario per restare leader»
Benvenuto Chanel. Non si ferma la crescita e l’internazionalizzazione del polo della pelle nell’area fiorentina e adesso è la volta del colosso della moda e del lusso francese. Che seguendo la tendenza generale delle grandi griffe ha deciso di acquisire direttamente il controllo della filiera e dei fornitori ed ha acquistato il 40% di Renato Corti, una delle più grosse manifatture italiane di accessori in pelle con stabilimenti a Badia Settimo a Scandicci e Milano. Ed il 40% di Mabi International, un altro produttore di borse di alta gamma con poli produttivi sempre a Scandicci ed a San Daniele, in Friuli.
Le due operazioni sono state realizzate a gennaio ed «ufficializzate» attraverso «Wwd», rivista inglese specializzata nella moda. Bruno Pavlovsky, presidente della divisione moda di Chanel e presidente di Chanel Sas, ha spiegato alla rivista la decisione «con l’ingresso di produttori specializzati che necessitano di nuovi investimenti» aggiungendo: «Se vogliamo rimanere il leader del lusso per i prossimi 20 anni, dobbiamo fare investimenti e correre rischi in aree che consideriamo fondamentali per il futuro. Non stiamo necessariamente cercando di acquisire più aziende, ma piuttosto cerchiamo di garantire che questi fornitori rimangano importanti contribuenti allo sviluppo dei nostri prodotti». Renato Corti, gruppo milanese, è a Scandicci da tempo, nel 2014 ha raddoppiato il proprio stabilimento ed è fornitore di borse anche per Chanel, così come Mabi International che produce anche per Chloè e Givenchy e che realizza circa il 90% del fatturato all’estero. L’operazione di Chanel segue, ed è coerente, con l’acquisizione a luglio della maggioranza del capitale di Samanta, conceria di Ponte a Egola, la prima volta del marchio nel settore conciario italiano. E a Scandicci si guarda anche con attesa alla conclusione dell'acquisizione del Palazzaccio da parte di Yves Saint Laurent, marchio del colosso del lusso francese Kering, proprietario anche di Gucci — la due diligence con l’agenzia del Demanio proprietaria dell’immobile è in corso — dove la griffe realizzerà un grande polo logistico.
Intanto la decisione di Chanel conferma l’attrattività dell’area della Città metropolitana di Firenze e della Toscana per i grandi marchi della moda, in particolare nel settore della pelletteria e delle calzature. Un boom iniziato ormai dieci anni fa con l’export del distretto della pelle fiorentino raddoppiato dal 2009 ad oggi e che ha portato ad un aumento degli occupati e ad investimenti importanti, dal Art Lab di Gucci, al polo logistico di Ferragamo all’Osmannoro; dalla crescita di Celine (marchio di Lvhm, il «rivale» di Kering) a Radda in Chianti, al nuovo stabilimento Fendi a Bagno a Ripoli. E ancora, dallo stabilimento che tra un anno Louis Vuitton aprirà a Reggello, dove ha già un polo per il campionario nella ex pelletteria Reta, a Richemont che a Scandicci sta potenziando lo stabilimento. Un puzzle di operazioni che ha contribuito all’exploit dell’export provinciale fiorentino nei primi sei mesi del 2019, cresciuto del 29,3%.