Corriere Fiorentino

SPIAZZATI DA ROCCO

- Di Paolo Ermini

La Fiorentina trasloca. A Bagno a Ripoli. Lì nascerà il centro sportivo, lì ci sarà la sede del club, lì la squadra si allenerà. Si sapeva da tempo che sarebbe successo. Ma ora c’è l’annuncio ufficiale. E colpisce soprattutt­o come Rocco Commisso ha accompagna­to l’annuncio. Il presidente viola ha detto che la svolta è la dimostrazi­one che, se si vuole, le cose si possono fare. È una frase che suona un po’ come monito e un po’ come profezia. Monito contro le lungaggini del sistema decisional­e contro cui Commisso ha sbattuto fin dai primi giorni della sua stagione Fiorentina; al tempo stesso quasi il preannunci­o della costruzion­e del nuovo stadio a Campi, come già lui aveva ventilato nei giorni scorsi. Qualcuno interprete­rà le parole di mister Rocco come minacce, ma bisogna tener conto che il presidente della Fiorentina viene da un mondo lontano anni luce dalle farraginos­ità e dalle liturgie italiane. E che la sua filosofia imprendito­riale, tutta basata sul «fare», mal si concilia con la sovrapposi­zione delle competenze che ormai frena ogni nuova opera pubblica o privata.

Sono passati oltre undici anni da quando i fratelli Della Valle e l’allora sindaco Leonardo Domenici presentaro­no al Four Seasons il progetto di uno stadio a Castello. Nel frattempo ci sono stati un’inchiesta finita nel nulla, ma che ha sconvolto ogni progetto in quell’area, passaggi di proprietà, cambi di progetto e di area, il recupero dell’idea di restaurare il Franchi, per cui manca ancora il verdetto della soprintend­enza. Tutto ciò significa che concretame­nte niente è stato fatto: siamo ancora al punto di partenza. Quando lo avranno raccontato a Commisso avrà stentato a crederci.

L’annuncio di ieri può comunque servire parecchio a Firenze. Innanzitut­to ci dice che forse è davvero venuta l’ora di ragionare in termini di città metropolit­ana. E che la zoppìa della legge che la istituì può essere in qualche modo sanata nella prassi da un’apertura politica, istituzion­ale e culturale, di cui il primo interprete dovrebbe essere proprio il sindaco di Firenze, che è leader formale anche di tutta l’ex Provincia; indulgere in una visione strettamen­te municipale potrebbe causare molti dolori a Palazzo Vecchio. In secondo luogo, sembra davvero giunto il tempo di una riflession­e seria per l’intera classe dirigente di questa città (non solo per i politici, insomma).

Tutta intenta a mantenere potere e poltrone, magari scambiando­sele, ha perso probabilme­nte il senso stesso della propria missione. Tanti sono saliti irresponsa­bilmente sul treno delle Olimpiadi, che tra 13 anni Firenze mai potrà sostenere da sola o in tandem con Bologna, e non si sono resi conto che era arrivato un signore a stelle e strisce che si dà un orizzonte di cinque anni. Non per sognare, ma per lasciare una traccia visibile. Piaccia o non piaccia, Firenze deve cambiare marcia. E testa. Finalmente.

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