SPIAZZATI DA ROCCO
La Fiorentina trasloca. A Bagno a Ripoli. Lì nascerà il centro sportivo, lì ci sarà la sede del club, lì la squadra si allenerà. Si sapeva da tempo che sarebbe successo. Ma ora c’è l’annuncio ufficiale. E colpisce soprattutto come Rocco Commisso ha accompagnato l’annuncio. Il presidente viola ha detto che la svolta è la dimostrazione che, se si vuole, le cose si possono fare. È una frase che suona un po’ come monito e un po’ come profezia. Monito contro le lungaggini del sistema decisionale contro cui Commisso ha sbattuto fin dai primi giorni della sua stagione Fiorentina; al tempo stesso quasi il preannuncio della costruzione del nuovo stadio a Campi, come già lui aveva ventilato nei giorni scorsi. Qualcuno interpreterà le parole di mister Rocco come minacce, ma bisogna tener conto che il presidente della Fiorentina viene da un mondo lontano anni luce dalle farraginosità e dalle liturgie italiane. E che la sua filosofia imprenditoriale, tutta basata sul «fare», mal si concilia con la sovrapposizione delle competenze che ormai frena ogni nuova opera pubblica o privata.
Sono passati oltre undici anni da quando i fratelli Della Valle e l’allora sindaco Leonardo Domenici presentarono al Four Seasons il progetto di uno stadio a Castello. Nel frattempo ci sono stati un’inchiesta finita nel nulla, ma che ha sconvolto ogni progetto in quell’area, passaggi di proprietà, cambi di progetto e di area, il recupero dell’idea di restaurare il Franchi, per cui manca ancora il verdetto della soprintendenza. Tutto ciò significa che concretamente niente è stato fatto: siamo ancora al punto di partenza. Quando lo avranno raccontato a Commisso avrà stentato a crederci.
L’annuncio di ieri può comunque servire parecchio a Firenze. Innanzitutto ci dice che forse è davvero venuta l’ora di ragionare in termini di città metropolitana. E che la zoppìa della legge che la istituì può essere in qualche modo sanata nella prassi da un’apertura politica, istituzionale e culturale, di cui il primo interprete dovrebbe essere proprio il sindaco di Firenze, che è leader formale anche di tutta l’ex Provincia; indulgere in una visione strettamente municipale potrebbe causare molti dolori a Palazzo Vecchio. In secondo luogo, sembra davvero giunto il tempo di una riflessione seria per l’intera classe dirigente di questa città (non solo per i politici, insomma).
Tutta intenta a mantenere potere e poltrone, magari scambiandosele, ha perso probabilmente il senso stesso della propria missione. Tanti sono saliti irresponsabilmente sul treno delle Olimpiadi, che tra 13 anni Firenze mai potrà sostenere da sola o in tandem con Bologna, e non si sono resi conto che era arrivato un signore a stelle e strisce che si dà un orizzonte di cinque anni. Non per sognare, ma per lasciare una traccia visibile. Piaccia o non piaccia, Firenze deve cambiare marcia. E testa. Finalmente.