Un laboratorio aperto, con il bis di Wilson e un mondo di artisti
Isabelle Huppert nei panni di Maria Stuarda domani alla Pergola diretta da Bob Wilson in Mary said what she said (ore 20,45, repliche sabato alla stessa ora e domenica alle 15,45) è solo il primo di una serie di appuntamenti coprodotti da Teatro della Pergola e Théâtre de la Ville di Parigi all’interno del progetto Carta 18-XXI. Dopo questa unica data nazionale della regina del teatro e cinema francese, mentre i futuri attori della Compagnia de giovani della Pergola andrà formandosi molti altri saranno gli appuntamenti con spettacoli di calibro. Sempre per la regia di Bob Wilson, a ottobre prossimo vedremo alla Pergola Jungle Book, uno spettacolo che sta andando in scena a Parigi in questi giorni ovviamente ispirato al capolavoro di Rudyard Kipling, adatto a tutte le età una favola sull’umanità e un’ode alle differenze. A latere di questo appuntamento Firenze ospiterà un dibattito a metà strada tra arte e scienza che indagherà il rapporto tra uomo e animali sulla falsariga di quello che accadrà prima al Théâtre de la Ville. Tra i personaggi coinvolti l’astrofisico Jean Audouze, il biologo e filosofo Georges Chapouthier, lo stesso direttore del teatro parigino Emmanuel Demarcy-Mota, l’etnologo e antropologo Jean-Pierre Digard, Jean-Pierre Gasc, ricercatore emerito al Museo nazionale di Storia naturale e Carine Karachi, neuro-chirurga à all’Ospedale de la Pitié – Salpétrière e Francis Wolff, filosofo.
Dopo la doppietta con approfondimento multidisciplinare firmata Wilson vedremo altro: lo stesso Emmanuel Demarcy-Mota, e il suo L’Ètat de siège, saranno sulla scena fiorentina a breve. Lo spettacolo, tratto dal lavoro del ‘48 di Camus, in italiano tradotto come lo Stato d’assedio, traduce sul palcoscenico quella riflessione sulla dittatura che lo scrittore aveva tradotto in testo teatrale pensando tanto a Hitler quanto a Franco.
Non basta, alla Pergola vedremo anche il nuovo spettacolo del coreografo greco Dimitris Papaioannou: un lavoro che non ha ancora titolo, perché come ha scritto l’artista nelle sue note di regia: «I miei lavori si evolvono durante le prove, non sono composti in anticipo. Preparo il materiale solo per dare il via al processo e, il più delle volte, lo butto via». Basti sapere però che, per parteciparvi, ai provini svolti nella scorsa primavera si sono presentati in 500, che le prove con lui inizieranno a gennaio 2020 e che quello che vedremo sarà il punto di arrivo di una trilogia iniziata con Still Life e proseguita con The Great Tamer .
Ancora in data da definire arriverà qui a Firenze Elenit (nella foto) una pièce con dieci performers diretta e ideata da Euripides Laskaridis, una sorta di «commedia tragica» — si legge nella sua presentazione — che racconterà un universo in espansione e che vedrà in scena tre creature viventi e una macchina alle cui spalle un coro di tanti personaggi farà da sfondo, presente incombente, ma come fosse un mondo a se stante. Per lo spettacolo l’artista è già stato a Firenze, tra il 12 e il 15 marzo scorsi quando ha tenuto un laboratorio che era la continuazione ideale del precedente fatto a M0ntpellier, in Francia. In programma anche una pièce di e Juan Carlos Martel Bayod, drammaturgo e regista direttore del teatro lliure di Barcellona che, a febbraio scorso, insieme con Elisabetta di Mambro, Serge von Arx, architetto, direttore artistico e insegnante di scenografia alla Norwegian Theatre Academy e altri artisti e intellettuali ha partecipato al laboratorio intitolato Theatrical Catalyst and the Urban Sensory, nato per riflettere su come il teatro può «fare comunità».
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Dimitris Papaioannou Preparo il materiale solo per dare il via al processo e il più delle volte finisco per buttarlo via
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Euripides Laskaridis La mia commedia tragica vedrà in scena tre creature viventi e dietro un coro di personaggi